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Analisi e studi

PMI italiane: i dati Cerved mostrano un presente grigio e un futuro nero

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Dopo un 2022 caratterizzato da poche chiusure e fatturati in crescita (+6,1% soprattutto per effetto delle piccole imprese) il 2023 non è buono per la PMI italiana, come nota il CERVED ripreso da ItaliaOggi.

Non nascono nuove imprese (-2,3% su base annua), con una contrazione particolarmente significativa di srl semplificate (-7,9%) e nel settore dell’edilizia (-8%). Al contrario, per la prima volta dal 2019, aumentano le imprese che cessano l’attività (+33,3%), con un aumento del 25,2% per i fallimenti e del 36% per le liquidazioni in bonis, soprattutto nel manifatturiero (+50,6% fallimenti, +55,4% liquidazioni).

C’è anche un peggioramento forte nei termini di pagamento: i ritardi definiti gravi (oltre due mesi dopo il termine pattuito), che raggiungono il 3,2%, e i mancati pagamenti (dal 9% del giugno 2022 al 10% del giugno 2023 Esistono però capacità di risanamento, che è ottima nel 24% dei casi e buona nel 52%.

Il quadro internazionale, come sappiamo, non p positivo e questo non aiuta le aziende italiane, neanche quelle medio piccole. Il mix di inflazione, esplosione dei costi energetici e delle materie prime e la crisi dei mercati internazionali hanno creato un substrato sfavorevole all’attività economica. CERVED prevede una stabilizzazione di questi fattori, ma comunque ci vorrà tempo.

Quindi il profilo di rischio rimane elevato anche per il prossimo futuro. Secondo il Cerved Group Score Forward Looking, anche prevedendo un rientro dei tassi di interesse a livelli inferiori nel 2024, cosa non certa, le pmi al sicuro potranno ridursi al 37,3% dall’attuale 41% (erano il 42,2% nel 2022); quelle rischiose, invece, saliranno all’8% dal 7,1%. Nello scenario più pessimistico, in cui gli elementi di criticità dovessero peggiorare, la quota di pmi a rischio potrà raggiungere l’8,5%, con un quinto delle aziende in area di vulnerabilità (oggi al 16,7%) e un’ulteriore riduzione (34,2%) di quelle sicure.

In merito alla quota di debiti finanziari, da un lato, in uno scenario base, passerebbe dal 7,6% al 9,9%, dall’altro lato, in uno senario peggiore sarebbe del 10,3% (17% per le costruzioni, colpite dalla fine degli incentivi, con una conseguente contrazione dei ricavi: -1,8% nel 2023, -9% nel 2024, -3,6% nel 2025). Sempre che, visto quello che è scritto sopra, il sistema bancario conceda credito.

Fatturati e pagamenti

Anche le vendite verranno a raallentare: i fatturati reali delle pmi rallenteranno il ritmo rispetto al 2021-22, quando è stato registrato un +6,1% di fatturato e +3,2% di valore aggiunto. E così passeremo a +2,2% nel 2023; +1,5% nel 2024; +1,8% nel 2025.

I minori flussi di ricavi si faranno sentire sull’affidabilità: crescono i cattivi pagatori. Peggiorano le abitudini di pagamento, con le aziende di piccola dimensione che, a causa della maggiore pressione esercitata dalle medie e dalle grandi, devono rispettare scadenze più rigide , in media i termini sono scesi da 54,2 a 53,8 giorni. Ecco, quindi, che si registra una crescita media complessiva dei ritardi che riguarda tutte le pmi (da 7,1 a 7,4 giorni). Dopo i minimi storici del 2022 tornano poi a crescere anche i gravi ritardi (pagamenti oltre due mesi dopo il termine pattuito), con i peggioramenti più accentuati nei comparti energetico (+3,5%), agricolo (+2,8%) edilizio (+2,2%). C’è da chiedersi a cosa serva la recente direttiva europea che obbligherebbe a pagamenti entro i 30 gionri.

Chi tiene duro? Sempre i soliti

Cerved ha analizzato i tassi di sopravvivenza delle nuove nate nel corso della crisi pandemica, osservando come la capacità di radicarsi sul mercato sia spesso associata a determinate caratteristiche. Le imprese a controllo familiare, dopo un anno, hanno dimostrato percentuali di radicamento molto più elevate (57,9% contro il 50,5% di media), o le aziende con un amministratore delegato esterno (60,1%), le start-up innovative (51,4%), le aziende guidate da under 35 (52,2%), ma soprattutto quelle con leadership femminile. Là dove alla guida c’è una donna, in controtendenza rispetto agli altri cluster, migliora il tasso di sopravvivenza, passando dal 57,1% del 2020 (per le nate nel 2019) al 58,2% del 2021 (per le nate nel 2020).

Importante è poi la funzione del Public Procurement, degli acquisi della Pubblica Amministrazione nella sopravvivenza delle piccole medie aziende e questo fattore dovrebbe pesare nelle decisioni del MEF.

Quindi il prossimo futuro sarà molto duro per la PMI italiana. Una situazione che non permette di sperare in un’immediata ripresa futura e che avrà delle ricadute sociali pesanti, se non affrontata in modo adeguato. Però al MEF hanno coscienza del problema?

 

 


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