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Mai vendute tante azioni quanto negli scorsi sette giorni

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Nella settimana conclusa  lo scorso mercoledì, gli investitori hanno venduto azioni al tasso settimanale più alto di sempre, per un valore netto di 41,9 miliardi di dollari, secondo quanto riportato venerdì da BofA Global Research, che ha attribuito la maxi vendita  a motivi fiscali.
Anche i fondi value statunitensi e le azioni passive hanno registrato deflussi netti settimanali record, rispettivamente di 17,2 e 27,8 miliardi di dollari, secondo la banca.
Secondo BofA, alla base dei deflussi record c’è il “tax loss harvesting”, una strategia che prevede la vendita di asset in perdita per compensare le imposte sulle plusvalenze.

Gli investitori hanno inoltre ridotto le loro disponibilità liquide di 59,5 miliardi di dollari netti, il calo maggiore dal febbraio 2022, e hanno venduto la maggiore quantità di obbligazioni investment grade e high yield in nove settimane. Al contrario le obbligazioni locali dei mercati emergenti hanno registrato il primo afflusso netto da aprile, mentre le azioni dei mercati emergenti hanno registrato la terza settimana di afflussi, aggiungendo un netto di 3,2 miliardi di dollari.

Il sell-off delle azioni è avvenuto in una settimana in cui gli investitori sono stati scossi dalla modifica a sorpresa della politica monetaria della Banca del Giappone, avvenuta martedì.

Con un approccio storico di tassi d’interesse ultra-bassi, il Giappone deflazionistico ha fissato il minimo per i tassi globali negli ultimi 30 anni, ha detto BofA, aggiungendo che questo pavimento sarebbe ora più alto con la fine prevista del controllo della curva dei rendimenti della BoJ nel 2023.
Di conseguenza, gli analisti della banca hanno dichiarato di preferire le materie prime al credito, i titoli del “resto del mondo” a quelli statunitensi e le small (cap) alle large. A livello settoriale, preferiscono i titoli value a quelli growth e i titoli industriali e bancari a quelli tecnologici e di private equity.

La scorsa settimana le azioni hanno subito un duro colpo dopo l’aumento dei tassi di interesse da parte delle principali banche centrali, tra cui la Federal Reserve e la Banca Centrale Europea (BCE), e l’avvertimento che sono necessari ulteriori aumenti per contenere l’inflazione.

L’indice di riferimento statunitense S&P 500 è sceso del 3,6% negli ultimi dieci giorni e ha toccato un minimo di oltre sei settimane, mentre l’indice paneuropeo STOXX 600 (.STOXX) si è ritirato dai massimi di sei mesi della scorsa settimana.
I fondi obbligazionari hanno registrato deflussi netti per 10 miliardi di dollari, provocando un piccolo calo dell’indicatore “Bull & Bear” di BofA a 3 da 3,1 della scorsa settimana, il massimo dal 15 marzo.

Quindi chi ha i soldi inizia a ritirarli, se non altro per realizzare le perdite e non pagare delle tasse su plusvalenze precedenti. Questa giustificazione però non tiene per molti mercati obbligazionari, dove ci si dovrebbe attendere un afflusso, non un deflusso, di fondi, soprattutto USA. Appare evidente che, almeno negli Stati Uniti, si pensa che la FED ancora aumenterà i tassi e comunque che la crisi economica  e finanziaria è alle porte. 


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