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Ma son del mestiere questi?

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Lo scandalo della lista di proscrizione pubblicata sul Corriere (contro i cosiddetti “putiniani d’Italia”) sta facendo venire a galla un sacco di roba divertente. Per esempio, quanti sapevano che da noi esiste un “Comitato sulla Disinformazione”? Dal 2019, noi del Belpaese – che siamo notoriamente i migliori del mondo nelle classifiche peggiori – ci siamo dotati anche di questa insostituibile agenzia. Una specie di tavolo di eletti  cui partecipa il fior fiore dei nostri cervelli: delegati del Ministero degli esteri, degli interni e della difesa, il dipartimento dell’editoria, il Mise, l’Agenzia Nazionale della Cybersecurity e l’Agicom. Mancano solo la Nasa, l’Unesco e l’Unione dei supereroi della Marwell. Ma hanno già mandato il curriculum.

E cosa deve fare questo consesso di dotti? Indagare sulla “disinformazione” in Italia. Ora, con tutto il rispetto per gli elevati neuroni di cui trattasi, una domanda sorge spontanea: ma sono del mestiere questi? Ma ce n’era bisogno davvero bisogno? Un pool tipo “notizie pulite”? Una specie di ghostbuster della verità distorta? Ma se ci nuotiamo letteralmente dentro! Bastava assumere un qualsiasi destinatario del reddito di cittadinanza e chiedergli di dedicare un’ora al giorno del suo tempo per una piccola rassegna stampa delle “notizie” e dei “commenti” veicolati dai media mainstream. Noi siamo quelli della disinformazione acca ventiquattro sparata a tutto spiano, a ogni livello, su (quasi) tutti i canali e da (quasi) tutte le testate. Pensate al biennio Covid e alla successiva guerra russo-ucraina.

Sono riusciti a far credere a milioni di italiani che il Covid arriva dai pangolini, che non servivano le autopsie, che un Premio Nobel per la medicina è anti-scientifico, che bisogna curarsi solo con la vigile attesa, che la Tachipirina è il Santo Graal, che i vaccini non sono sperimentali, che i vaccini sono indispensabili ai bambini, che chi si vaccina non contagia, che chi non si vaccina si contagia, contagia e poi muore, che non ci sono gli effetti collaterali e che, quando ci sono, sono dovuti alle mezze stagioni, ai colpi di freddo o all’eccesso di stress.

E poi son riusciti a “informarci” che l’Ucraina è la patria della democrazia, che Putin è il nuovo Hitler, che la Russia vuol trasformare le capitali europee in bivacchi per i suoi manipoli, che i nazisti ucraini sono solo diversamente partigiani, che la storia dei rapporti Mosca-Kiev inizia nel 2022 con l’invasione, che la Russia sta fallendo, anzi è già fallita, che Azov le sta suonando ai russi, che la pace fa più fresco dei condizionatori, che le sanzioni più ci fanno male e più ci fanno star bene, che l’unico russo buono è il russo morto, che i russi sono manipolatori quando chiamano la loro guerra “operazione speciale” mentre noi siamo sinceri democratici quando diciamo che le nostre guerre in Bosnia, in Afghanistan, in Iraq, in Libia, in Siria hanno “esportato la democrazia.”

Insomma, tutta la faccenda ricorda la storiella del pesciolino che cercava l’oceano nuotandoci dentro. E ovviamente – come nei migliori sketch del teatro dell’assurdo – i soggetti finiti alla gogna sul Corriere sono proprio quelli che facevano (e, speriamo, continueranno a fare) vera informazione. In quel vertiginoso, e orwelliano, gioco di specchi che è diventata la società italiana, chi spaccia menzogne “informa”, chi dice la verità “disinforma”. E i massimi organi di sicurezza della Repubblica, intanto, giorno e notte indagano: dove si nascondo i maledetti “disinformatori”? Perciò, diligentemente si “informano”. Ignorando di essere immersi fino al collo nella disinformazione, seduti su una montagna di disinformazione, intossicati essi stessi dalla disinformazione. Qualcuno li informi.

Francesco Carraro

www.francescocarraro.com


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