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L’Angola cerca di diminuire la dipendenza dal debito cinese, ma non è facile…

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Da quando è diventato presidente dell’Angola nel 2017, Joao Lourenço ha cercato di diversificare l’economia dal petrolio e di ridurre la dipendenza del Paese dalla Cina.
A tal fine, Lourenço ha cercato di allinearsi maggiormente con gli Stati Uniti e l’Europa, piuttosto che con la Cina – come nel caso del suo predecessore, il defunto José Eduardo dos Santos, che aveva attirato capitali cinesi per la ricostruzione dell’economia dopo la fine della guerra civile durata 26 anni nel 2002.
Peccato che, secondo molti osservatori, potrebbero essere necessari decenni per ridurre la dipendenza del Paese dalla Cina, soprattutto perché Pechino è il cliente maggiore delle produzioni energetiche e minerarie angolane.

“Il processo di diversificazione dell’economia dalla dipendenza dal petrolio e dal debito cinese richiederà decenni, ma il governo è sulla strada giusta”, ha dichiarato Gerrit van Rooyen, economista della Oxford Economics Africa in Sudafrica.

Luanda ha anche ottenuto ben 42,6 miliardi di Dollari in presiti da en ti cinesi, e questo è oltre il 25% dei prestiti concessi all’Africa dal 2000 al 2020.  Non solo: l’Angola ha ancora bisogno della Cina per finanziare la costruzione dei principali progetti infrastrutturali, come la centrale idroelettrica di Caculo-Cabaca, da 2.172 megawatt, costruita in Cina, nella provincia centro-settentrionale di Cuanza Norte.
Il progetto sarà finanziato dalla Industrial and Commercial Bank of China (ICBC), mentre la raffineria di petrolio di Lobito, lungo la costa atlantica, sarà costruita dalla China National Chemical Engineering.

Il petrolio costituisce il 90% delle esportazioni del Paese, rendendolo vulnerabile in caso di calo dei prezzi, come quello del 2020, che ha mandato in crisi l’economia. I prestatori cinesi come la  China Development Bank (CDB), hanno concesso un congelamento dei pagamenti del debito per tre anni, fino al secondo trimestre di quest’anno. Del resto, altrimenti, avrebbero perso i crediti.
Parte dell’accordo firmato dall’Angola con i finanziatori cinesi comprendeva

un accordo di pagamento flessibile che prevedeva la ripresa dei pagamenti se il prezzo del petrolio fosse salito sopra i 60 dollari al barile.
Con l’impennata del prezzo del petrolio, che lo scorso anno ha superato di poco i 130 dollari al barile, l’Angola ha aumentato i pagamenti del debito, con il risultato che il debito del Paese nei confronti dei creditori cinesi è sceso di 1,5 miliardi di dollari nel primo trimestre di quest’anno, fino a toccare il minimo di sette anni di 19,5 miliardi di dollari, secondo i dati diffusi dalla banca centrale, il Banco Nacional de Angola (BNA). Il debito estero complessivo si è attestato a 51 miliardi di dollari, in linea con l’anno precedente.

Ultimamente i prezzi del greggio sono scesi a circa 70 dollari al barile e si prevede che la combinazione di prezzi del petrolio molto più bassi e di una produzione petrolifera leggermente inferiore causerà un forte calo degli afflussi di petrodollari in Angola quest’anno.
Van Rooyen ha affermato che questa combinazione renderà più difficile per il Paese il servizio del debito estero.

Verso un’interruzione del rapporto forniture debito?

La diminuzione dell’indebitamento estero nel primo trimestre è stata dominata da un calo di 1,3 miliardi di dollari del debito verso le banche, mentre il debito verso i creditori bilaterali è diminuito di 231 milioni di dollari, secondo le statistiche della BNA.
Secondo un nuovo rapporto di REDD Intelligence, fornitore di informazioni e dati su sovrani e aziende dei mercati emergenti, il calo del debito cinese è in linea con i movimenti del terzo trimestre dello scorso anno, quando il debito dell’Angola verso i creditori cinesi è sceso di 939 milioni di dollari.

Secondo il rapporto, il debito nei confronti della CDB, il principale creditore esterno dell’Angola con circa il 26% del debito estero totale a gennaio, è stato il fattore trainante della diminuzione dell’indebitamento dell’Angola nei confronti dei creditori cinesi. Questo significa che ci vorrà un lungo tempo prima che Luanda riesca a liberarsi dalle catene del debito verso Pechino. Per farlo sarebbe necessario diversificare le fonti di finanziamento e di investimento. ENI, ad esempio, ha investito potentemente in alcune iniziative in Angola, ma non è sufficiente. Luanda dovrebbe differenziare clienti e investitori maggiormente e investire in modo oculato i fondi presi in prestito dall’estero, ma non sarà semplice.

 


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