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L’alluvione e il problema del sarchiapone trans

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La tragedia dell’alluvione in Emilia Romagna, soprattutto Romagna, riporta il pensiero da un lato agli errori di almeno trent’anni di programmazione e di investimenti in una regione sempre elogiata dai media e dell’altro toglie anche molte illusioni che il problema possa essere risolto, almeno nella situazione attuale. Non è pessimismo, ma è realismo.

Non è un’alluvione epocale

Certo, è piovuto tanto in poco tempo. 500 ml in un tempo ristretto di pochi giorni sono tanti. Però gli argini sono crollati, non sono tracimati. L’acqua non ne ha superato il livello, ma le strutture non hanno tenuto. Altrove i ponti, vecchi di decenni, hanno fatto da diga, oppure non hanno tenuto. Quello che è successo con il fiume Idice e i rivoli paralleli ne è la dimostrazione. Non siamo di fronte ad un’alluvione come quella della “Rotta della Cucca” del 568 o quella del Polesine del 1951. Una diversa manutenzione avrebbe potuto non evitare completamente, ma limitare fortemente i danni,

Un problema di consumo del suolo concentrato

Le province romagnole hanno un record di consumo del suolo che avrebbe richiesto un forte investimento nella manutenzione dei corsi d’acqua a monte e a valle. Il dato che ha pubblicato Altra Economia è impressionante

Nell’elenco non vedete Bologna, ma, come fa notare AE:

E tanto per concludere con le ipocrisie, l’Emilia-Romagna si è costruita una legge urbanistica talmente ingannevole da autoprodursi assoluzioni come quella che si può vedere sul sito della città metropolitana di Bologna dove, come per incanto, dal 2018 fino a oggi i consumi di suolo sono magicamente diventati zero. Ma non perché hanno smesso di consumare (tutt’altro), solo perché hanno manomesso le definizioni urbanistiche al punto tale da riuscire a non conteggiare più le cementificazioni e risultare così tutti virtuosi e contenti per legge, non per virtù. 

Basta una legge per risolvere un problema urbanistico, poi accadono le alluvioni.

“Quando c’era lui” si facevano canali e argini…

Affaritaliani intervista un ex dirigente del Comune di Bologna che meriterebbe una medaglia:

Non ascoltate quel branco di scemi in tv, non è il cambiamento climatico… E’ che non fanno le manutenzioni da decenni, in tutta la regione e quasi ovunque in Italia. In Emilia Romagna le macchine idrauliche che tengono sono del 1933, lo può capire un bambino leggendo: c’è scritto sugli impianti ‘Riva 33’. E poi ci sono opere degli anni ‘60. Opere su cui nessuno fa manutenzione. Motori elettrici che funzionano ma hanno quasi cent’anni. Non abbiamo fatto nulla di nuovo? A Ferrara non è accaduto nulla perché ci sono opere imponenti delle bonifiche del fascismo e degli anni ‘60. E’ un problema culturale non politico. Se fai un argine alto 200 metri, sai che per un certo periodo non verrà superato ma prima o poi accadrà: è statistica. Che tracimi ci sta, ma se crolla è un problema strutturale, tecnico, non dovuto alle precipitazioni. Non è colpa solo dei politici, è un problema culturale”. 

Al ragazzotto che occupa Piazza Maggiore a Bologna che gliene frega dal Cavo Napoleonico, il canale che collega Reno e Pò e che impedisce le alluvioni nella Bassa? NULLA. Interessa di più la tutela del sarchiapone,  soprattutto se trans, che magari sarebbe disturbato dalla scavatrice che scava il canale di scolo o dalla motosega che pulisce il bosco.  Tutti fanno programmazione, parlano di sicurezza, ma poi chi veramente investe nella montagna, nella sua manutenzione, nei lavori invisibili, ma necessari, per mantenere le terre salubri? Nessuno, perché non sono opere visibili. Tra meno di un anno, passata l’emergenza, vedrete i ragazzotti in tenda manifestare per la tutela del sarchiapone trans, e nessuno perché non si puliscono le fossa e i canali.

“Commissario straordinario” e regione inutile

Ora Bonaccini, presidente della regione Emilia Romagna, chiede la nomina di un “Commissario straordinario”: Dove era lui negli ultimi 10 anni? In vacanza? Se fosse stato veramente conscio della propria inutilità nella sicurezza del territorio, perché non si è dimesso? Chi ha scritto le norme urbanistiche regionali e chi non le ha collegate alla manutenzione dei canali e della montagna? Perché è bello incassare i soldi dell’IMU, delle Bonifiche (che poi non bonificano nulla) e dei diritti urbanistici non per tutelare canali, chiuse , fiumi e montagne, ma per proteggere il chiurlo trans o per il “Tortellino inclusivo”?

Se Bonaccini fosse coerente avrebbe dovuto dimettersi cinque minuti dopo aver chiesto la nomina del Commissario straordinario. Invece lo vedrete battere cassa. Il sarchiapone trans, prima di estinguersi, ringrazierà, chi è a mollo molto meno. Però sarà impegnato a ricostruire le proprie aziende, non avrà tempo di andare in tenda in piazza. Ecco perché non ci sarà soluzione al problema.

PS: Giovanni Battista Venturi, un padre dell’idraulica, era emiliano, ma non ha fatto scuola in patria….


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