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La nuova disintermediazione bancaria. ( di Alessandro M. Rinaldi * )

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Negli anni ’80 lo sviluppo delle attività cosiddette parabancarie, particolarmente di quelle che al di fuori dei tradizionali circuiti bancari convogliavano fondi verso aziende o iniziative d’investimento, veniva messo sovente in relazione con il fenomeno della disintermediazione bancaria e con le stringenti limitazioni imposte al sistema bancario. All’ epoca l’aumento del costo dell’intermediazione bancaria rendeva conveniente il ricorso ad altre forme finanziarie, anche se più rischiose per le controparti, e dava origine a nuovi strumenti, approntati quasi sempre da intermediari esterni al mondo bancario per finanziare investimenti diretti in iniziative economico- produttive. A loro volta le limitazioni imposte all’ accrescimento del credito spingevano gli operatori bancari e non ad offrire, e gli operatori economici ad utilizzare, servizi di contenuto finanziario non soggetti a misure di contenimento. Così verso la fine degli anni ’80 e nei primissimi anni ’90, il contingentamento e la disintermediazione contribuirono, nel senso di“assecondarono” , la diffusione di attività diverse da quelle proprie bancarie, sviluppando le attività orientate al mercato, ma non ancora capaci di giustificare pienamente il processo evolutivo verso strutture di mercato più aderenti ad un sistema economico avanzato, sistema che sarebbe giunto, comunque, in ritardo rispetto ai processi evolutivi raggiunti da altre economie.

Ai nostri giorni, la crescita della competizione bancaria e finanziaria, dovuta all’entrata nel mercato di nuovi soggetti quali le società di FinTech, sta modificando la struttura del sistema attraverso una ridefinizione del ruolo degli intermediari finanziari e dei loro modelli di business e soprattutto del ruolo dell’intermediazione sia nel mondo dei pagamenti sia in quello del credito riaccendendo il tema della disintermediazione bancaria e trasformandola in disintermediazione finanziaria. La protagonista di questa disintermediazione è l’innovazione finanziaria che oramai investe tutti i servizi bancari tradizionali che oggi portano nomi ben più conosciuti in inglese come la raccolta crowdfunding, l’impiego con il peer-to-peer lending, il commerciale buy now and pay late, oppure come i servizi di pagamento molto utilizzati come i digital wallets che possiamo mettere nei telefonini, i wearable payments, oppure i ben più comodi instant payments per le transazioni in tempo reale, utili per gli scambi di denaro seduta stante. Inoltre abbiamo anche l’innovazione su strumenti del risparmio gestito come l’asset allocation basata sull’intelligenza artificiale e la consulenza “assistita” attraverso i robo-advisor e così via.

Gli ecosistemi decentralizzati che promuovono la disintermediazione, principalmente attraverso protocolli digitale ed app che funzionano su tecnologie distribuite, hanno conosciuto un rapidissimo sviluppo negli ultimi anni, stimolati all’inizio dalla pandemia ma poi evoluti grazie a piattaforme sempre più veloci e complesse che hanno semplificato l’uso degli strumenti quotidiani come i telefonini, i tablet e i pc.

Fino a pochissimi anni fa’ il mercato finanziario, che viaggiava a tassi azzerati sia sui depositi sia sul money market, premiava due forme di impiego : il mercato azionario e la liquidità. Quest’ultima veniva depositata su migliaia di banche che si sono trovate per diversi anni anche un pò imbarazzate a tenere quei soldi fermi sui loro conti correnti, perché gli costavano fino a 30/40 centesimi e di certo non potevano addebitarli ai correntisti. In cambio i banchieri speravano nell’acquisto da parte del correntista di altri servizi, per controbilanciare i costi del deposito. L’ammontare dei depositi bancari solo in Italia superava il record di 1.855 miliardi nel gennaio 2022 e ci si chiedeva dove potevano essere investiti da parte dei “depositanti”. Ma la domanda più importante e soprattutto più insidiosa, alla quale pochi hanno pensato, era come le banche li avrebbero gestiti questi depositi. La risposta l’abbiamo saputa in questi giorni da alcune banche e non spulciando i bilanci ma leggendo le breaking news della CNN : li avevano “momentaneamente parcheggiati” in titoli a reddito fisso con cedole più generose, via via crescenti, in obbligazioni a rendimenti superiori allo 0, per lucrare sul differenziale, grazie alla vischiosità del sistema bancario ad adeguarsi all’aumento dei tassi d’interesse . Costo zero sulla raccolta e ricavi su interessi su titoli in aumento. La ripresa poi degli impieghi o l’aggiornamento trimestrale degli interessi variabili sui mutui avrebbe fatto il resto. Una massa enorme di raccolta (che è debito per le banche nei confronti dei correntisti) sostanzialmente gratis ed un corrispondente attivo che cominciava a fruttare bene, lasciando una spread sempre più grande passare per i conti economici del sistema. Meno di un mese fa’ tutte le banche d’affari lanciavano un “buy” unisono sulle banche di tutto il mondo occidentale.

Peccato che nel mentre i titoli in portafoglio acquistati nel tempo, ancorché davano qualcosa, perdevano man mano di valore in quanto la Fed nel frattempo aumentava i tassi ad un ritmo incessante fino al 4,75%/5%. La macchina da soldi si rilevava d’improvviso difettosa e terminava improvvisamente il suo superbonus. Allorquando qualche correntista in più, di quanto pronosticato dai money managers, si apprestava a ritirare, anzi a “digitare” sull’app del suo telefonino, i suoi depositi a vista , magari per ottenere un rendimento in più dello zero offerto sui conti e poi, successivamente, per le paure di rimanere intrappolati nel bail-in e perdere i loro depositi. Il tam-tam viaggia alla velocità del 5G e tutti corrono a spostare i soldi sulla banca più grande e più sicura. Cosa farà allora il tesoriere della Banca? Dovrà vendere i titoli che aveva parcheggiato che nel frattempo si erano svalutati del 20% a seguito del rialzo dei tassi o portare i libri in tribunale? Il repentino rialzo dei tassi, i continui annunci di nuove emissioni statali arriva all’attenzione di tutti. Il depositante si deve difendere dall’inflazione, gli strilli su tutti i telegiornali di nuovi rialzi inducono il depositante a correre per sottoscrivere i titoli di stato che promettono ritorni che fino a ieri sembravano impossibili. Alcuni che si stavano per convincere di metterli sui mercati azionari, invertono la rotta e cominciano a passare ordini di acquisto di titoli governativi, drenando liquidità dai conti correnti. Anche quelli che avevano investito in Borsa, delusi dai forti ribassi, abbandonano il capitale di rischio e mettono tutto sul capitale di debito. Comincia nuovamente una fase di disintermediazione, di sostituzione di depositi con investimenti finanziari. Le Banche Centrali di tutto il mondo l’avevano studiato bene questo fenomeno e mi risultano anche reports su cosa fosse successo in caso di inversione della politica monetaria a tassi bassi , ma è rimasto tutto nel cassetto di qualche analista. L’evolversi così repentino della politica dei rialzi effettuato dalle Banche centrali di tutto il mondo, che si rincorrevano una con l’altra, avevano l’effetto un pò come l’onda di una marea che invece di salire piano piano nel tempo durante la notte, facendo abituare l’ecosistema marino al nuovo livello dell’acqua che sale, diventa invece un’impetuosa onda alta come un palazzo che si abbatte sulla costa con violenza inaudita.

Abbiamo assistito ai primi schianti delle banche che non avevano previsto l’onda d’urto e che avevano lucrato fin troppo sui differenziali a termine dei tassi , ma lo tsunami dei tassi potrebbe impattare ancora il sistema finanziario, il sistema economico-industriale e di nuovo il sistema bancario. Allora le banche centrali che avevano contemporaneamente drenato liquidità con il quantitative tightening ed alzato i tassi per governare l’inflazione e riportarla al target del 2%, hanno invertito la rotta ed immesso liquidità infinita, assorbita in pochi giorni dal sistema e limitato il rialzo dei tassi. Ma allora ci si domanda se le regole servono per dare una disciplina al mercato oppure per soddisfare semplicemente un potere di controllo politico?

Se le banche centrali salvano tutti, è inutile che facciano la politica monetaria restrittiva , perché se devono prima dare una regola e poi il primo che la infrange viene salvato, vale la pena cambiare metodo. Potremmo ripetere il famoso detto : non diciamo a nuora per far intendere a suocera ! Se dobbiamo cioè raffreddare l’inflazione allora agiamo sui prezzi dei beni invece che sui prezzi del denaro. Perchè sono andate così veloci le banche centrali nel rialzare i tassi? Non avevano detto che l’inflazione era momentanea? Si poteva stare con interessi reali negativi per altri 6 mesi? Che problema c’era?

Oggi le aziende che possono, visto il nuovo modello di business, scaricano sui prezzi di vendita i maggior costi finanziari e alimentano ancor di più l’inflazione. La ricchezza globale fa si che sia le aziende che i risparmiatori non si privano dei beni solamente perché costano di più, pertanto agire sul costo del denaro per scoraggiare le aziende a produrre di meno, crea solo (in caso) diminuzione di forze lavoro, in quanto investiranno in tecnologia per produrre di più e vendere a prezzi più alti alimentando l’inflazione. La politica della bassa crescita e bassi tassi sembra non la voglia più nessuno; il leit motive sembra essere “non si cresce senza sviluppo ed investimenti” e se da una parte le aziende sono disposte a pagare un costo finanziario più alto per vedere espandere la loro azienda, dall’altro sia i risparmiatori che i consumatori sono disposti l’uno a investire a tassi più alti e l’altro a spendere un pò di più per comprare i beni di prima e seconda necessità.

La tecnologia finanziaria ed il consumismo globale apre ad una nuova disintermediazione, ma oggi ad essere spiazzate sono proprio le banche centrali più che le banche commerciali. Il mismatching tra depositi e impieghi è un anomalia di alcune poche banche che hanno azzardato (e non solo moralmente) ma il vero problema che ora attanaglia il mercato è l’incapacità tecnica del vecchio sistema bancario e dei nuovi regolatori che non ha né persone e né strumenti adeguati da attuare in tempi istantanei e che possa sistemare una crisi di queste dimensioni.

 

Alessandro M. Rinaldi

 

* Presidente di GHC – Garofalo Health Care

Consigliere d’ Amministrazione di Banca Patrimoni Sella & C.

 


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