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La chiave della nuova tangentopoli (Nicola Bizzi)

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NICOLA BIZZI DOMENICA 21 GIUGNO 2020

In alcuni miei recenti articoli e in interviste che ho rilasciato a varie testate on-line, sulla base di informazioni che sto raccogliendo sia dall’Italia che dall’estero, ho espresso la mia più ferma convinzione dell’imminente arrivo in Italia di una vera e propria tempesta giudiziaria, una nuova Tangentopoli che potrebbe portare alla destituzione di buona parte della nostra attuale classe politica. Una nuova Tangentopoli che, al pari di quella che comportò nel 1992 la caduta della Prima Repubblica, potrebbe anch’essa essere pianificata e innescata da oltreoceano. Con una debita differenza, però, che andrò ad esporvi.

La Tangentopoli del 1992, che decretò il funerale del primato della politica, la svendita del nostro paese ai grandi potentati della finanza internazionale e la definitiva perdita della nostra sovranità monetaria, venne scatenata con l’attiva partecipazione del “deep state” americano di allora, attraverso l’operato di fazioni della CIA e dell’FBI, utilizzando come cavallo di Troia una certa sinistra (leggasi PCI-PDS-DS) che, già di per sé profondamente in crisi politica e ideologica in seguito alle ripercussioni della caduta del Muro di Berlino, vistasi sfumata ogni concreta possibilità di arrivare al governo del Paese, non esitò, pur di garantirsi un futuro politico, a siglare un vero e proprio “patto col diavolo”, prostituendosi ai burattinai della grande finanza internazionale, alle lobby di Bruxelles e a organizzazioni criminali quali il Gruppo Bilderberg e la Commissione Trilaterale. Inutile dire che ancora oggi, in Italia, stiamo scontando le terribili conseguenze di quel “patto”, senza il quale, del resto, non ci sarebbero neanche state le due trattative Stato-Mafia (l’ultima delle quali risale ad appena due mesi fa). La nuova Tangentopoli, ormai nei fatti già avviata e che con molta probabilità ed evidenza è stata anch’essa pianificata e orchestrata a Washington, potrebbe invece avere un effetto diametralmente inverso a quella del 1992: potrebbe cioè essere portata avanti, nel contesto dello scandalo dell’Obamagate, da quelle parti sane della CIA e dell’FBI che sostengono l’amministrazione Trump nella sua lotta al deep state, nella sua azione di “prosciugamento della palude”, per far cadere un esecutivo – quello Italiano – ormai palesemente ostile alla Casa Bianca e per far fuori, per via giudiziaria, un’intera classe politica che negli ultimi due decenni a tale deep state si è piegata e asservita.

I segnali di una grande operazione in corso sono ormai evidenti e il Governo Conte sta nervosamente e istericamente procedendo a tappare le falle di una diga che sta ormai per crollare e travolgere tutto. E Luca Palamara, un personaggio che il grande e compianto Presidente della Repubblica Francesco Cossiga seppe inquadrare bene già in tempi non sospetti, recentemente espulso dall’Associazione Nazionale Magistrati, sta per cantare: si rifiuterà di affondare da solo e scoperchierà una pentola molto pericolosa per il Sistema-Italia: una pentola in confronto alla quale il mitico Vaso di Pandora apparirà come una innocua bomboniera.

Manca però, come mi suggerisce l’amico Marco Della Luna, ancora un passaggio fondamentale per chiudere il cerchio e scatenare la Tangentopoli finale per il Sistema Italia: lo screening dei rapporti di cointeressenza tra magistrati e banche.

Palamara, da “Faccia da Tonno” a delatore di Stato

Lo scandalo Palamara, che ha investito il CMS, l’ANM e alcuni vertici della Magistratura (parliamo della Corte di Cassazione) con le varie correnti, ha rivelato all’opinione pubblica che:

a) il potere sulla gestione della giustizia è in mano a ristretti comitati di affari che operano con metodi e scopi illegittimi di concerto coi comitati di affari politici;

b) il potere di questi comitati è dato proprio dal fatto che si associano per violare la legge e stabilire rapporti clientelari e condizionamenti illegittimi; la percentuale di magistrati onesti o non attivi negli illeciti è poco rilevante sull’insieme, perché il potere è in mano a quelle associazioni;

c) le diverse correnti non servono a rappresentare diverse concezioni ideali o teoriche del diritto per il bene generale, ma a conquistare potere e a perseguire interessi pratici di parte nel mercato dei concorsi e delle nomine nella giustizia, delle sentenze, delle ordinanze, delle intercettazioni, delle iscrizioni nei registri degli indagati. Palamara ha commentato la sua espulsione dall’ANM decisa dai probi viri dell’ANM stessa dicendo che non ci sta a fare il capro espiatorio e che anche i probi viri fanno parte del sistema.

Insomma, politica e giustizia funzionano in modo simile, ed è logico che si spalleggino, legittimino e assolvano a vicenda, mentre è illogico che la politica riformi per risanarla la giustizia, e che la giustizia indaghi per risanare la politica: entrambe fingono di farlo, ma niente più. Vengono colpiti solo gli indipendenti che disturbano, tra gli uni e tra gli altri.

Ora che abbiamo in parte scoperchiato i rapporti illeciti tra politici e banchieri, e quelli tra magistrati e politici, per chiudere la triangolazione del sistema di potere italiano resta da portare alla luce i rapporti tra magistrati e banchieri.

Abbiamo un sistema bancario in crisi cronica perché, per azione dei politici nelle fondazioni bancarie e nei cda, ha sistematicamente concesso prestiti clientelari a soggetti che non li avrebbero rimborsati; un sistema che si regge compensando queste perdite con una diffusa pratica di usura (in varie forme) e di smercio di prodotti finanziari fraudolenti ai risparmiatori inesperti. Queste pratiche non sarebbero fattibili su scala sistemica senza una copertura da parte della giustizia. Infatti solo in piccola parte emergono i casi di usura, di frode al risparmio, e quasi mai quelli di prestiti clientelari, che sono i più importanti per gli interessi coinvolti.

Thomas Sigmund, un giornalista d’inchiesta meranese – compaesano quindi di Lilli Gruber –, dopo aver osservato un caso di usura conclamata da ben quattro perizie indipendenti, e che però veniva negata contro l’evidenza dai giudici di prima e di seconda istanza, di un certo tribunale in favore della banca interessata, si mise a indagare i rapporti tra i magistrati di quel tribunale e quella banca, trovando che tutti i magistrati che si occupavano di quella banca, non solo nel suo caso, avevano (in proprio o attraverso familiari) rapporti di interesse economico con essa: azioni, mutui di favore, incarichi remunerati di vario tipo. Sigmund formò un libro bianco, denominandolo La Magistropoli, e lo presentò in una conferenza stampa, ricevendo in ritorsione una denuncia da qualche magistrato colpito dalla sua indagine. Il procedimento si è concluso con la sua assoluzione da parte del Tribunale penale di Trieste, territorialmente competente, che ha riconosciuto che egli aveva detto e scritto la verità. I magistrati esposti dalla sua indagine sono però ancora al loro posto, sebbene siano stati deferiti al CSM: il sistema fa quadrato a difesa delle sue proprie impunità, solo il 2 per mille dei casi denunciati al CSM dai cittadini ha conseguenze sanzionatorie. E Sigmund ha pensato bene di emigrare all’estero.

Parlando con commercialisti e avvocati di varie città, si apprende che quanto accertato da Sigmund è una situazione generalizzata in Italia. Del resto è logico che le banche, dovendo operare sistematicamente ai limiti od oltre i limiti delle regole, investano per assicurarsi una giurisprudenza benevola, che respinga quasi tutte le opposizioni alle loro pretese. E sta appunto qui la chiave da girare per aprire la nuova e definitiva Tangentopoli: uno screening a tappeto dei rapporti di interessenza (azionariato, credito, compravendita, consulenze, cariche, incarichi arbitrali) tra magistrati da una parte, e dall’altra banche di cui questi magistrati si occupano, pm per pm, tribunale per tribunale, corte d’appello per corte d’appello, fino alla corte di cassazione. Se si scoperchia questo mondo, il Sistema Italia finisce davvero, perché perde un puntello indispensabile.

Anzi, ancora, non finisce: manca il pezzo più importante, ossia i falsi sistematici nei bilanci bancari, con la conseguente evasione Ires e Iva, di grandezza tale da risanare le banche e le finanze pubbliche, se lo si scoperchia, si fanno le conseguenti rettifiche di bilancio e si porta a tassazione quanto sinora evaso. E non parlerei di questa cosa, che pure conosco da diversi anni attraverso i libri di Marco Della Luna (come il famoso Euroschiavi,nonché Cimiteuro, Sbankitalia, Traditori al governo), se non fosse imminente, come lo è, la divulgazione di una scoperta eseguita in una perizia giudiziale civile ante causam (ATP) ordinata da un giudice nei confronti di una primaria banca su richiesta di un’impresa che si ritiene usurata e si sta difendendo da un pignoramento.

Da quanto trapela, è emerso nella perizia, attraverso il controllo della contabilità interna della banca coi flussi tra sede e filiale erogante, che, quando la banca in questione (ma il metodo è comune a tutte le banche) deve erogare un mutuo -poniamo di 100.000 Euro-, non fa ciò che dovrebbe fare e che si immagina che faccia, ossia dapprima trasferire dalle proprie riserve 100.000 alla disponibilità del cliente e contemporaneamente registrare un’uscita dalla propria cassa di 100.000 e il sorgere di un corrispondente credito di 100.000 verso il cliente. Invece, non preleva nulla dal proprio patrimonio, non trasferisce nulla al cliente, ma si limita, presso la filiale erogante, ad accreditare sul conto del cliente 100.000, e ad addebitargliela su un altro conto, intestato alla banca stessa; per poi procedere all’incasso delle rate di capitale e interesse. Quindi la banca non tira fuori nulla dalle proprie tasche, bensì, a livello di filiale, crea una disponibilità al cliente mediante semplice digitazione sul conto corrente, e contemporaneamente registra a credito questo importo. Cioè incamera un credito per soldi che non ha sborsato, realizzando un ricavo netto di 100.000 senza registrarlo come ricavo, quindi sottraendolo al fisco, anzi, lasciandolo extracontabile. Fondi neri! Considerando che la creazione di questi prestiti ha un volume medio annuo, in Italia, di mille miliardi, fate voi i conti di quanto sfugge al fisco.

Fino a questo caso, ogni volta che a un giudice è stato eccepito questo sistema illecito di creazione del credito e gli è stato richiesto di disporre accertamenti per farlo emergere, il giudice si è rifiutato. Ora però, finalmente, un giudice giusto ha disposto di andare a vedere la verità. Se diverrà di dominio pubblico, se la gente la capirà (quella schiacciata dalle tasse, dai debiti, dalla disoccupazione soprattutto), sarà lo sputtanamento finale anche per gli ipocriti paladini del MES, dello Spread e della lotta al contante.


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