Politica
LA BILD SULLA GREXIT
Un articolo sulla Bild(1), di Anne Merholz e Ralf Schuler, in forma di domande e risposte, dal titolo “Come andrebbe con la Grexit”, potrebbe essere piuttosto utile a chiarire alcune cose.
La Grecia deve uscire dall’eurozona, se fallisce?
Nei trattati dell’Unione Europea non è prevista l’uscita di un Paese dallo spazio monetario comune con i suoi 19 (allora) Stati membri. L’unione monetaria europea è propriamente progettata per l’eternità.
Tuttavia le casse dello Stato greco sono completamente vuote. Senza un nuovo aiuto di miliardi, il Paese – secondo una unanime valutazione degli economisti – non potrà rimettersi in piedi. I possibili datori di denaro danno tempo a Tsipras fino al summit dell’Unione Europea di domenica, per presentare proposte di riforma capaci di ottenere l’assenso, come presupposto per nuovi aiuti. Se non si avrà nessun accordo, bisognerà trovare una soluzione d’emergenza.
In che modo potrebbe svolgersi?
In primo luogo la Grecia, anche nel caso di un fallimento dello Stato ufficialmente dichiarato, potrebbe rimanere un Paese europeo. Quanto a lungo, al riguardo non ci sono regole. Del resto il Paese sarebbe costretto ad emettere una propria moneta. Quando ad Atene finiscono gli euro, il governo potrebbe finanziare una parte delle spese dello Stato con una moneta parallela. Lo Stato greco potrebbe pagare i suoi impiegati e i suoi pensionati con pagherò. Se simili documenti saranno accettati come mezzo di pagamento nel Paese, la cosa potrebbe funzionare, almeno per il momento.
Una moneta parallela è una soluzione durevole?
L’economia del Paese non potrebbe resistere a lungo: infatti la Banca Centrale Europea (BCE) sarebbe costretta – al più tardi, nel caso di una dichiarazione ufficiale del fallimento di quello Stato – a sospendere il suo aiuto speciale (Ela) alle banche greche. Così il sistema bancario greco fallirebbe e il Paese sarebbe escluso dal traffico internazionale dei pagamenti.
I nuovi pagherò greci perderebbero immediatamente valore e Atene di tali documenti dovrebbe stamparne sempre di più. La rovina economica della Grecia si aggraverebbe.
E allora non è meglio se la Grecia introduce la dracma o una nuova moneta?
Se la Grecia reintroducesse, al posto del “duro” euro, una “soffice” dracma, l’economia locale potrebbe, con una propria moneta di valore inferiore, offrire i suoi prodotti a un prezzo più conveniente. I prodotti nazionali sarebbero più richiesti, e le importazioni diverrebbero più care. Dal momento che la nuova dracma sarebbe immediatamente svalutata, reputa il Presidente dell’Ifo Hans-Werner Sinn, si può ritenere che già dopo uno/due anni si potrebbe avere una forte ripresa economica, perché si comprerebbero meno merci importate e il turismo sarebbe ravvivato.
Come potrebbe andare in concreto la Grexit?
Per una Grexit non esistono regole. Affinché essa possa andare in scena in qualche modo ordinatamente, sarebbe necessaria un’intesa fra Atene e i partner europei. Cosa che del resto sarebbe nello stesso tempo l’ammissione che il progetto politico dell’integrazione europea ha fallito riguardo al suo membro più debole. Perfino nel caso di un’uscita dall’euro, la Grecia, molto probabilmente, rimarrebbe nell’Unione Europea. Sarebbero necessari generosi aiuti dagli altri 27 Paesi membri, per ammortizzare gli oneri sociali e rimarrebbe comunque un problema fondamentale per la Grecia: una grande parte dei debiti esteri il Paese dovrebbe – esattamente come prima – rimborsarli in euro.
Quanto velocemente si potrebbe introdurre di nuovo la dracma o un’altra moneta?
Per la “prima fornitura” di un Paese come la Grecia, con dieci milioni di abitanti, le banche di emissione dovrebbero partire da un fabbisogno di 300 milioni di biglietti. Per permettere un ordinato sistema di pagamenti, gli esperti suggeriscono i seguenti passaggi:
►100 milioni, in pezzi da 5/10/20 dracme, G-euro o comunque potrebbe chiamarsi la nuova moneta. Poi bisognerebbe introdurne con continuità altri, finché non si copre tutta la circolazione ed essa funziona.
L’altezza totale del denaro (quotazione? NdT) può essere stabilita politicamente, ma di regola dopo un certo periodo di assestamento del cambio essa si stabilirebbe con riguardo alle monete leader, il dollaro e l’euro. Volendo essere realisti, la nuova moneta greca dovrebbe essere svalutata d’una percentuale dal 30 al 50%.
► La stampa della prima fornitura di trecento milioni di biglietti di banca dovrebbe durare da tre a quattro mesi, dice Andrea Nitsche, portavoce della rinomata stamperia monacense Giesecke e Devrient. L’indispensabile premessa è che sia già disponibile il materiale necessario, e ancora più importante, deve esserci il “substrato”.
Viene così chiamata la “carta” sulla quale vanno stampati i biglietti. Diversamente dalla carta corrente, essa è di regola una mescolanza di cotone antistrappo prodotta specificamente per la stampa di banconote. Importante è inoltre quanto sia costoso produrre le caratteristiche di sicurezza (per esempio strisce di metallo, filigrana, ologrammi ecc.).
► Alla produzione delle banconote segue un procedimento in parecchi passaggi. La ripartizione e distribuzione delle banconote è compito delle banche d’emissione rispettive, che devono anche rifornire i distributori automatici, le filiali delle banche e le aziende. Normalmente, l’introduzione di una moneta del tutto nuova dura da un anno a un anno e mezzo.
Quanto costerebbe la Grexit?
Jörg Krämer, capo dell’economia politica della Commerzbank, calcola: nel caso di un’uscita della Grecia dall’euro, sarebbero in pericolo circa 350 miliardi di euro, anche se non in un colpo solo. “È vero che la Grecia deve agli altri Paesi europei, direttamente o indirettamente, molto denaro”.
Il più grande creditore è il Fondo di salvataggio euro (EFSF), con 130,9 miliardi di euro. I crediti bilaterali diretti degli altri Paesi europei assommano a 52,9 miliardi di euro. A questi si aggiungono gli aiuti del Fondo Monetario Internazionale e ciò che è dovuto alla Banca Centrale Europea. Quanto alte le perdite per i Paesi europei sarebbero effettivamente, scrive Krämer, dipende dal fatto che Atene, nel corso del tempo, sia o no, malgrado tutto, disposta a rimborsare almeno una parte dei suoi debiti. Al riguardo, dopo una “Grexit” ci potrebbero essere negoziati, e forse si arriverà allora a quella “Conferenza sui debiti” che il governo greco ha sempre e ripetutamente richiesto.
Di quanto denaro stiamo parlando, per quanto riguarda i contribuenti tedeschi?
Il rischio per la Germania va approssimativamente da 80 a 90 miliardi di euro. La cassa della Germania del resto non sarebbe aggravata di questo peso immediatamente: la maggior parte dei crediti scadono infatti a partire dal 2020.
Le banche tedesche sarebbero colpite dal fallimento dello Stato greco e dalla Grexit?
I pericoli diretti sarebbero insignificanti. Alla fine del 2014, secondo valutazioni della Bundesbank, alla Grecia gli istituti hanno prestato ancora 2,4 miliardi di euro. Dopo il taglio dei debiti della primavera del 2012, essi non hanno quasi più titoli di Stato del Paese. In quell’occasione le banche hanno dovuto rinunciare all’incirca alla metà delle loro pretese e da quel momento ritirano sistematicamente i loro investimenti in titoli di Stato greci.
(Traduzione di Gianni Pardo)
(1) http://www.bild.de/politik/ausland/griechenland-krise/so-kann-ein-grexit-aussehen-41694440.bild.html
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