Attualità
J’annuse
L’altro giorno – letta la sontuosa filippica del sommo Saviano contro Salvini e contro il rinvio a giudizio di Saviano per aver offeso Salvini – ho passato una notte d’inferno. Mi giravo e rigiravo tra le lenzuola e continuava a venirmi in mente il celebre “J’accuse” di Emile Zola nell’affaire Dreyfuss. Ed ero anche ossessionato da una parola: differenza. E non riuscivo a capire il perché. Così, a naso, sentivo che qualcosa non tornava. Allora ho deciso di riflettere e di venire a capo dei reconditi motivi di una notte insonne. Ecco le mie riflessioni. Saviano ha scritto che Salvini, a differenza sua, si sottrae alla giustizia. Strano. Chiunque conosca minimamente la procedura di messa in stato d’accusa di un Ministro della Repubblica sa che Salvini è stato sottoposto a tutti i passaggi di quell’iter assai complicato: apertura di un’inchiesta, rinvio al Tribunale dei Ministri competente, richiesta di autorizzazione a procedere all’apposita Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, voto del Parlamento.
C’è stato qualcosa di meno che legale in tutto ciò? All’evidenza, no. Però Salvini è stato salvato dal voto parlamentare, dice Saviano. Peccato che quel voto sia un momento imprescindibile della procedura. E sia stato previsto proprio per evitare che un Ministro della Repubblica sia rinviato a giudizio per un atto compiuto “per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di governo”. Interesse macroscopicamente chiaro, nel caso Salvini-Diciotti. Poi Saviano, trascinato dalla foga retorica, scrive che finalmente si appurerà nelle sedi opportune la fondatezza delle sue critiche a Salvini. Ecco, qua non ci siamo proprio. Infatti, lo scrittore non va a giudizio perché ha “osato” criticare Salvini, come egli sembra credere, e neppure perché ha attribuito a Salvini un fatto infamante, ma vero. Se così fosse, il ragionamento dell’autore di Gomorra filerebbe. Ma così non è. Saviano ha dato a Salvini del “Ministro della malavita”. Ergo, o dimostra che Salvini è effettivamente un ministro della malavita oppure soccombe nel processo penale.
Non è facile. A maggior ragione se consideriamo che il leader della Lega – proprio grazie all’adozione di misure drastiche (quand’anche esagerate, quand’anche criticabili, e in effetti criticatissime) – la malavita l’ha presa di petto. Soprattutto quella degli scafisti, e di tutta una serie di collaterali fattori d’ausilio, impegnati da anni nella tratta di carne umana dall’Africa all’Italia. Dura la vita dell’intellettuale. Soprattutto se devi trovare il modo di giustificare un insulto. Sarebbe come voler dimostrare la vostra ragione nell’aver dato del coglione o del faccia di merda a un acerrimo nemico. Manco chiamando un andrologo o un proctologo, ne verreste fuori. Ma ovviamente auguriamo a Saviano di saper dimostrare la sua innocenza. Nel frattempo, ho capito il motivo della mia veglia notturna pensando a Zola e Dreyfuss, da una parte, e a Saviano e Salvini, dall’altra. E alla irriducibile differenza tra le due storie. In effetti, nella prima c’è un grandissimo intellettuale che denuncia un effettivo e criminoso arbitrio del potere politico.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
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