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Il tetto del prezzo non si applicherà al petrolio russo che giungerà dopo una transazione di compravendita a terra

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Gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali hanno concordato che un carico di petrolio russo sarà soggetto al meccanismo del price cap solo alla prima vendita del petrolio a un acquirente fisico, secondo quanto trapelato da fonti interne e pubblicato sul WSJ.

Ciò significa che l’imminente price cap, cioè il “Tetto al prezzo”, non si applicherà alla rivendita dello stesso carico russo. Il limite di prezzo non si applicherà nemmeno a un carico di greggio russo trasformato in carburanti quando questa viene venduta. Del resto sarebbe stato molto difficile, se non impossibile, riprercorrere le filiere all’indietro. Questo rende la misura inefficace e , potenzialmente, apre un grosso spiraglio per le forniture alla raffineria Lukoil italiana di Priolo, che raffina il 22% della produzione nazionale e che serve non solo l’Italia, ma anche gli USA.

Il limite sarebbe nello “Scambio a terra”, cioè i carichi dovrebbero essere scaricati e poi ricaricati sulle petroliere. Il tetto si applicherebbe agli “Scambi in mare” , cioè alla compravendita dei carichi sulle petroliere. Questo applicherà una certa tensione ai centri di stoccaggio che vedranno incrementare la propria attività di scarico-carico per “ripulire” il petrolio russo. Inoltre tutte le operazioni di “Blending”, di mescolamento del petrolio, vengono autorizzate.

Gli Stati Uniti, gli alleati del G7 e l’Australia stanno lavorando per definire i dettagli del tetto massimo di prezzo prima della scadenza del 5 dicembre, dopo la quale entrerà in vigore l’embargo UE sulle importazioni di greggio russo via mare. Il gruppo dei Paesi più industrializzati del G7 e l’Unione Europea stanno cercando di introdurre un tetto al prezzo del petrolio russo, con l’obiettivo di ridurre le entrate petrolifere di Vladimir Putin per la sua cassa di guerra. Gli alleati vieteranno i servizi di trasporto marittimo del petrolio russo a meno che i prodotti non vengano acquistati a un prezzo pari o inferiore a un determinato limite.

Questa settimana è emersa la notizia che i membri del G7 hanno concordato di fissare un prezzo fisso per le esportazioni di petrolio russo come tetto massimo piuttosto che un prezzo scontato rispetto a un parametro di riferimento, ha riferito la Reuters, citando una fonte senza nome che ha familiarità con le discussioni. Il prezzo stesso deve ancora essere determinato, ha detto la fonte, aggiungendo che, secondo il G7, “questo aumenterà la stabilità del mercato e semplificherà la conformità per ridurre al minimo l’onere per i partecipanti al mercato”.

In precedenza si era parlato di una fascia di prezzo intorno ai 60 dollari come possibile obiettivo per il tetto massimo, in quanto rappresentava la fascia in cui il petrolio russo è stato scambiato prima dell’ultimo rally.

Pur prendendo in considerazione tutti i parametri di un tetto massimo di prezzo, il Tesoro americano ha pubblicato questa settimana una guida che dice che il greggio russo caricato su una nave nel porto di carico per il trasporto marittimo prima del 5 dicembre non sarà soggetto al tetto massimo di prezzo se il petrolio viene scaricato nel porto di destinazione prima del 19 gennaio 2023.

Perché questa notizia potrebbe essere ottima per Priolo? Perché sarà sufficiente che il petrolio venga scaricato e ricaricato in un altro paese extra UE, magari perfino vicino o di strada, come Turchia o Albania, per poter quindi giungere all’importante, anzi essenziale, raffineria sicula, magari dopo un “Blending” con petrolio di qualità simile che giunge da altre nazioni, come il Kazakistan, e che ha caratteristiche simili a quelle del prodotto russo. Un risultato quindi che non danneggia l’operatività della nostra industria.


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