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Il taglio della spesa pubblica porterà alla recessione in Europa, parola di Financial Times

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Secondo gli economisti riportati dal Financial Times, la riduzione della spesa pubblica è destinata a frenare la crescita economica dell’eurozona il prossimo anno, quando il blocco entrerà in un’era di restrizioni di bilancio, mettendo sotto pressione i responsabili della fissazione dei tassi per allentare la politica monetaria.  Sicuramente le nuove norme di bilancio approvate la scorsa settimana non faciliteranno le cose, anzi zavorreranno ulteriormente l’economia. 

Questa settimana i ministri delle finanze dell’UE hanno concordato nuove regole fiscali che sostituiscono i vincoli di bilancio, rigidi ma difficili da applicare, che sono stati sospesi da quando la pandemia ha colpito nel 2020.
Le misure introdurranno gradualmente dei limiti di spesa più severi, costringendo i Paesi ad alto debito a presentare dei piani di riduzione del debito e del deficit e a fissare un tetto massimo di spesa annuale, come concordato con Bruxelles.
Le nuove regole “saranno comunque restrittive e per i paesi ad alto debito come l’Italia si tratta di una cattiva notizia”, ha dichiarato Lucrezia Reichlin, docente presso la London Business School ed ex direttore generale della ricerca presso la Banca Centrale Europea.

Nel frattempo, il governo tedesco ha approvato un bilancio per il prossimo anno solo tagliando le spese, eliminando alcune agevolazioni fiscali e vendendo beni dopo che la corte costituzionale del paese ha lasciato un buco di 60 miliardi di euro nei suoi piani di spesa.
Gli economisti prevedono una brusca fine di quasi tre anni di politica fiscale di sostegno nel blocco, poiché il ritorno a una spesa pubblica più limitata comprime ulteriormente la domanda e l’attività. L’economia dell’eurozona ha subito una contrazione dello 0,1% nel terzo trimestre, dopo aver ristagnato per la maggior parte dell’anno. La situazione rischia di essere ben peggiore nel quarto trimestre e nel 2024.

Jack Allen-Reynolds, economista presso la società di consulenza Capital Economics, ha affermato che le nuove regole dell’UE saranno “più severe” in quanto richiederanno ai Paesi ad alto debito, come l’Italia, di tagliare i loro deficit di bilancio più velocemente, ma anche “più indulgenti” in quanto permetteranno ai Paesi di ridurre i livelli di debito più lentamente.  Intanto però la spesa pubblica dovrà essere tagliata e questo verrà a limitare fortemente la crescita. Non è ben chiaro se chi ha firmato l’accordo abbia avuto ben chiaro cosa questo significhi in questo momento politico.

Alcuni temono che questo cambiamento possa segnare un ritorno alla situazione precedente alla pandemia, in cui la BCE doveva assumersi la maggior parte dell’onere dello stimolo economico, costringendola a ricorrere a tassi di interesse negativi e a massicci acquisti di obbligazioni per scongiurare la deflazione. Questo potrà servire sicuramente a rilanciare qualche bolla speculativa, ma senza la leva fiscale al fianco di quella monetaria passeremo da una serie di bolle a un’altra, ma non avremo una seria crescita economia o una seria crescita industriale.

Appare stupefacente che un giornale che nasce come voce ufficiale del mondo occidentale e del capitalismo capisca quello che 27 paesi europei non hanno capito: che l’austerità imposta a forza di direttive e di bastonate distrugge la crescita, e, messaggio implicito, viene a far decadere l’Unione Europea nel quadro mondiale, perché progressivamente ne riduce economia e industria rispetto al resto del mondo. Eppure questo semplice concetto sembra impermeabile a Bruxelles e a Berlino. Del resto l’esercizio del potere avviene tramite l’esercizio arbitrario della violenza, e anche imporre norme insensate è una forma di violenza. Il potere, non il benessere, è tutto ciò che interessa a Bruxelles e Berlino. 

 

 


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