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Analisi e studi

Il capitano va alla guerra. Ecco come può vincerla (di Paolo BECCHI, con la collaborazione di Giuseppe PALMA)

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Articolo di Paolo BECCHI, con la collaborazione di Giuseppe PALMA

Chi credeva che l’Unione europea fosse la soluzione, dopo le non-risposte di ieri deve ricredersi. L’Ue è esattamente il problema.

Salvini sullo sbarco tiene duro, almeno questa è l’impressione che si ha dopo la giornata di ieri. Non lo smuove nella sua decisione persino il giudice che dopo aver sentito le dichiarazioni di Saviano (e sì, siamo arrivati a questo punto) vorrebbe incriminarlo per sequestro di persona, non lo smuove neppure una minaccia di intervento da parte del Presidente della Repubblica, a cui peraltro ha già risposto dicendo che è anche disponibile a dare le dimissioni dal governo.

Perché lo fa? Perché non cede, molti si chiedono? Ma è evidente, vuole mostrare all’Italia intera l’ipocrisia di una Unione europea non disposta a farsi carico di distribuire i migranti tra diversi paesi. Questa è infatti la condizione posta per lo sbarco. Ma l’Unione questa volta tace, convinta in questo modo di mettere in serie difficoltà il capitano. Non il capitano della Diciotti, ma il “capitano” della nave Italia.

Salvini ha tutti i giornaloni e le televisioni, pubbliche private, contro, ormai al suo cospetto persino Mussolini sembra un politico dal volto più umano. Ma lui se la ride di tutte queste accuse perché sa che la maggioranza del popolo italiano è dalla sua parte.

Insomma, sta recitando quel ruolo che meglio gli si adatta: il “populista”. Buona parte degli italiani a questo punto auspicherebbero il respingimento. Certo, la situazione così non può durare, non si può tirare la corda più di tanto. E allora o un accordo con il governo libico e si riportano i migranti in Libia o non si può far altro che farli sbarcare. La magistratura è già in azione e il ministro dell’interno potrebbe presto ritrovarsi indagato per “sequestro di persona”. Accusa dalla quale Salvini ne verrebbe fuori con l’assoluzione perché i migranti, trovandosi su una nave della guardia costiera, sono già su territorio italiano. Ma visto cosa è accaduto a Berlusconi negli ultimi due decenni per mano dei giudici rossi, meglio non rischiare. Questa però non deve essere affatto una sconfitta. Intanto ha mostrato il vero volto dell’Europa. Ma potrebbe fare qualcosa di più e di risolutivo.

Il giorno dopo lo sbarco il “populista” dovrebbe fare il politico, e il governo dovrebbe approvare un decreto-legge che preveda il divieto per qualsiasi imbarcazione con a bordo migranti di sbarcare sulle coste italiane senza previa autorizzazione del governo stesso, un decreto che al contempo consenta alla guardia costiera di prendere a bordo migranti (a meno che non si trovino in quanto naufraghi in imminente pericolo di vita) solo dopo aver ricevuto esplicita autorizzazione da parte del governo. Prevedendo nel caso di nave non militare (Ong o mercantile) prima il sequestro e poi la confisca dell’imbarcazione, nel caso di nave militare il processo per insubordinazione secondo le leggi militari in tempo di pace e il licenziamento. Gli armatori – da un lato – non rischieranno di vedersi prima sequestrare e poi confiscare le proprie navi (con ingenti perdite di capitali), i militari – dall’altro – non metteranno a rischio il proprio posto di lavoro. In questo senso chiunque dipenda dalla marina militare, guardia costiera compresa, prima di assumere decisioni che vadano contro il governo ci penserà più volte, sapendo di rischiare il posto di lavoro. Un ottimo deterrente per chi vorrà fare il fenomeno.

Ma è sul primo caso, cioè quello riguardante la confisca delle navi non militari, che vorremmo porre l’accento: questa dovrà essere non solo una misura conseguente all’eventuale condanna in sede penale (misura peraltro già prevista in alcuni casi dalle leggi vigenti), bensì una misura adottata sin da subito (entro poche settimane dal sequestro) dalla Prefettura competente per territorio. È proprio questo il fulcro della nostra proposta. Un provvedimento certamente molto invasivo e al limite dell’arbitrio, ma che può benissimo trovare giustificazione (ratio) nell’emergenza nazionale, esattamente come accadde per le misure adottate circa trent’anni fa per sconfiggere la mafia (e ancor prima il terrorismo brigatista). È chiaro che – sul punto – il decreto-legge dovrà ammettere contro il provvedimento della Prefettura le impugnazioni di rito, ma tenere ferma per parecchi mesi (se non anni) una nave in mare non converrà a nessuno, neppure al più facoltoso degli armatori. A  quel punto passerà a tutti la voglia di fare i buonisti sulla pelle dei migranti e degli italiani. A mali estremi, estremi rimedi.

di Paolo BECCHI, con la collaborazione di Giuseppe PALMA

 

 


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