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I rifiuti nucleari USA potrebbero generare energia per 100 anni. Eppure nessuno li ha ancora sfruttati

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Secondo Jess C. Gehin, direttore associato del laboratorio dell’Idaho National Laboratory, uno dei principali laboratori governativi di ricerca sull’energia, gli USA potrebbero generare l’energia elettrica necessaria per 100 anni solo sfruttando gli attuali rifiuti atomici.

La tecnologia necessaria per trasformare le scorie nucleari in energia è nota come reattore nucleare veloce ed esiste da decenni. È stata sperimentata da un impianto pilota di un laboratorio di ricerca del governo degli Stati Uniti che ha funzionato dagli anni ’60 agli anni ’90 senza nessun incidente, per cui è considerata molto sicura.

Per ragioni politiche ed economiche, la tecnologia non è mai stata sviluppata su scala commerciale. Oggi, con le reti elettriche che non riescono più a essere alimentate con i soli  Di conseguenza, i reattori nucleari veloci stanno tornando a essere presi in seria considerazione.

I “Reattori veloci” si chiamano così perchè sfruttano i neutroni ad alta energia e alta velocità nella fissione nucleare e non solo quelli lenti. Quindi non necessitano di moderatori della velocità dei neutroni, come la grafine, ma hanno bisogno di più materiale fissile per innescarsi, e questo spiega perché non furono utilizzati nelle primissime fasi dell’avventura energetica atomica. Circa 20 reattori a neutroni veloci (FNR) sono già in funzione, alcuni dagli anni ’50, e uno fornisce  elettricità a livello commerciale in Russia. Sono stati accumulati oltre 400 anni di esperienza di funzionamento di questa tecnologia e se ne conoscono piuttosto bene i vantaggi e i potenziali problemi. I reattori veloci utilizzano più deliberatamente l’isotopo dell’uranio-238 oltre a quello fissile dell’U-235 utilizzato nella maggior parte dei reattori. Se sono progettati per produrre più plutonio dell’uranio e del plutonio che consumano, sono chiamati reattori veloci (FBR). I reattori a neutroni veloci possono anche bruciare attinidi a lunga vita che vengono recuperati dal combustibile usato nei reattori ordinari, fungendo quindi da riciclatori dei normai rifiuti nucleari. Diversi Paesi hanno programmi di ricerca e sviluppo per migliorare i reattori a neutroni veloci e il programma INPRO dell’AIEA, che coinvolge 22 Paesi, pone l’accento sui reattori a neutroni veloci, in relazione al ciclo chiuso del combustibile. In Francia, ad esempio, uno scenario prevede che metà dell’attuale capacità nucleare venga sostituita da reattori a neutroni veloci entro il 2050 (la prima metà sarà sostituita da unità EPR). La Russia è all’avanguardia nello sviluppo dei reattori veloci: gestisce gli unici reattori veloci su scala commerciale e sta costruendo un reattore veloce dimostrativo raffreddato al piombo da 300 MWe. Ha anche installato reattori veloci raffreddati a piombo nei suoi sette sottomarini della classe Alfa, che non hanno avuto un successo eclatante, ma hanno prodotto 70 anni di esperienza nel campo dei reattori. L’ente giapponese atomico  JAEA sta lavorando alla progettazione di un reattore dimostrativo che succederà al prototipo FBR Monju; la Francia stava sviluppando con il Giappone il reattore tecnico avanzato al sodio per la dimostrazione industriale (ASTRID) e voleva che il Giappone testasse il suo combustibile a Monju.

Anche i reattori veloci hanno problemi: ad esempio necessitano di liquidi di raffreddamento esotici e spesso di non facile gestione, come il sodio liquido. Inoltre alla fine comunque resta una piccola frazione di residui incombusti. Però hanno dei grandi vantaggi, fra cui la compattezza che rende relativamente semplice il loro utilizzo negli impianti modulari di cui molto si parla ora. Poi sono uno strumento per limitare fortemente la quantità di rifiuti radioattivi, il che, comunque, non è una cosa da poco.

 


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