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I DERIVATI PER LA P.A.: Una opportunità solo con un attento studio

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La disciplina sull’utilizzo della finanza derivata da parte degli enti locali è stata introdotta dopo che, far la fine degli anni novanta ed i primi duemila, sono arrivati al pubblico le notizie sulle prime perdite a liveello nazionale e locale legate ai derivati finanziari.  Le leggi 296/2006 e 244/2007, più il Dl 113/2008, hanno limitato l’utilizzo di strumenti finanziari derivati da parte di Regioni ed enti locali, improntando la sottoscrizione dei contratti a criteri di trasparenza.

L’articolo 1, comma 572, della legge 147/2013, infine, ha reso permanente questo divieto per gli enti locali, abolendo altresì la precedente possibilità di emettere obbligazioni di tipo bullet o in valuta estera. L’operatività è rimasta molto limitata, legata a condizioni particolari, e questo è avvenuto , sinceramente, a ragione, visto che si gioca con denaro pubblico. Però sono rimaste delle possibilità a copertura dei rischi della pubblica amministrazione, che possono essere sfruttate con un’utilità comune, ma che necessitano di uno studio attento. Ecco il perchè di quest  conferenza telematica che si presenta questa conferenza ASSOTAG

La vicenda dei derivati finanziari sottoscritti da amministrazione pubbliche inizia con la legge finanziaria del 2001 (detta finanziaria Tremonti) che apre le porte a ristrutturazioni del debito verso Cassa Depositi e Prestiti tramite contratti complessi derivati, rimanendo vincoli di onerose penali in caso di pura estinzione. La innovativa
contrattualistica derivata ha consentito la triangolazione dei nuovi soggetti finanziari entranti mantenendo in vita l’originale contratto di finanziamento con CDP, ma introducendo costi e rischi non trasparenti.

La Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con sentenza n. 8770 del 12 maggio 2020, ha affermato che il riconoscimento della legittimazione e della distinzione tra strumenti di copertura e speculativi incardinato sul grado di rischio, comportava la facoltà dell’Ente di procedere in presenza di una corretta misurabilità e determinabilità finanziaria, non reputando sufficiente la mera indicazione del criterio mark to market (MTM). Devono, invece, essere compresi nel calcolo anche i costi occulti e la elaborazione degli scenari probabilistici in modo tale da rendere trasparente e consapevole l’alea di rischio finanziario asimmetrica rispetto alla certezza degli impegni di spesa riportati dell’ente in bilancio.
Un iter complesso, quasi ventennale, che rende storicamente evidente l’impatto dell’innovazione finanziaria rispetto le istituzioni e l’economia reale.
Ne parlano illustri relatori conoscitori profondi della materia.


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