Francia: 211 miliardi alle imprese nel 2023 su 600 di spesa pubblica. Il grave monito dell’economista Sapir
La Francia spende 211 miliardi in aiuti alle imprese, cifra record. Jacques Sapir denuncia l’euro come causa principale. È un mercato o “pseudo-socialismo” mascherato? Analisi e implicazioni per l’Italia.
Secondo un recente rapporto di una commissione d’inchiesta senatoriale francese, nel 2023 la Francia ha destinato ben 211 miliardi di euro in contributi pubblici alle imprese, una cifra che rappresenta una parte significativa del bilancio statale complessivo, pari a 844 miliardi di euro, di cui 597 miliardi destinati alla spesa pubblica.
Questa cifra salta fuori dalle dichiaazioni a BMTV, la TV d’informazione francese, di uno dei membri del Senato, della quota in capo al PCF, Fabien Gay
💬 “Un des premiers budgets de l’État”
L’État a versé 211 milliards d’euros d’aides publiques aux entreprises
en 2023, selon la commission d’enquête sénatoriale #BFM2pic.twitter.com/wXuDb8g9oG
Di questi 211 miliardi sono una parte minima è versata in cash, il grosso sono stati contributi, prestiti,
140 miliardi corrispondono a riduzioni delle imposte o dei contributi sociali: non si tratta di denaro versato, ma di prelievi su importi molto più elevati rispetto ai nostri vicini (cfr. grafico)
31 miliardi sono prestiti rimborsabili (in particolare i PGE) o garanzie pubbliche: si tratta di impegni temporanei, non di trasferimenti definitivi
Solo 40 miliardi assumono la forma di sovvenzioni dirette. E ancora: tra il 70% e l’80% di questa somma è andato a imprese pubbliche (SNCF, RATP, EDF…)
Mancati prelevamenti alle aziende
In realtà mancati versamenti SONO un vero e proprio versamento alle aziende, anche se indiretto: se il Governo italiano cancellasse le imposte alle aziende sarbbe come se concedesse un contributo del 23% sugli utili.
La cifra francese è una somma senza precedenti, superiore a qualsiasi altro capitolo di spesa pubblica, dalla difesa all’istruzione, che solleva interrogativi profondi sulla natura del mercato francese e sul ruolo dello Stato nell’economia.
Jacques Sapir, noto economista euroscettico, offre un’interpretazione provocatoria di questi dati. Secondo Sapir, tra i 120 e i 140 miliardi di euro di questi aiuti sarebbero una risposta alla necessità di difendere la competitività delle imprese francesi, penalizzate dalla sopravvalutazione dell’euro.
L’euro, con il suo valore artificialmente alto rispetto alle esigenze dell’economia francese, rende i prodotti nazionali meno competitivi sui mercati internazionali, spingendo lo Stato a intervenire con sussidi e agevolazioni per evitare il collasso di interi settori.
Attention.
Sur ces 221 milliards, 120 à 160 sont liés à l’existence de l’Euro qui pénalise notre économie.
Les aides – hors compensation de l’Euro – ne sont que de 91 à 51 milliards (ce qui est tout de même beaucoup…)
Tuttavia, come sottolinea Sapir, questa strategia sembra fallimentare: nonostante gli ingenti aiuti, la Francia continua a registrare un persistente deficit commerciale, segno che il problema di fondo non viene affrontato.Ma qual è il senso di un sistema economico in cui le imprese dipendono così pesantemente dal sostegno pubblico? Il mercato francese, che in teoria dovrebbe essere un pilastro del capitalismo europeo, appare sempre più come un’illusione.
Le aziende, invece di prosperare grazie alla loro capacità di innovare e competere, sopravvivono grazie a un flusso continuo di denaro pubblico, anzi l’Euro stesso. La vera cura sarebbe la svalutazione, non i trasferimentifiscali, ma non si può.
Questo scenario solleva una domanda cruciale: siamo di fronte a un mercato autentico o a un’economia artificialmente tenuta in vita dallo Stato? La risposta, secondo alcuni osservatori, inclina verso la seconda ipotesi, con implicazioni che portano a parlare di una forma di “pseudo-socialismo” mascherato da libero mercato.
Il potere dello Stato francese in questo contesto è innegabile. Con una spesa pubblica che supera i 597 miliardi di euro e interventi mirati che rappresentano il capitolo di spesa più rilevante, lo Stato si configura come il vero architetto dell’economia nazionale. Questo modello, tuttavia, presenta paradossi evidenti. Da un lato, lo Stato dimostra una capacità di intervento straordinaria, capace di mobilizzare risorse immense per sostenere il settore privato; dall’altro, questa dipendenza rischia di soffocare l’iniziativa imprenditoriale e di creare un circolo vizioso in cui le imprese, invece di innovare, si abituano a contare sugli aiuti pubblici. Senza considerare la profonda corruzione che potenzialmente questi aiuto portano nel tessuto economico, dato che questi soldi finiscono ovunque, nella stampa, nelle TV, nell società di internet, lo stato può condizionare e influenzare chiunque, la libertà resta solo apparenza.
L’economia francese è finta: le risorse non vengono allocate in modo efficiente, ma secondo il potere politicco, e questo non va bene. Lo stesso può valere per molti altri paesi europei, in cui vale più un santo in paradiso che essere bravi e competitivi. Il tutto, comunqu, per difendere una moneta unica che rischia di essere il carnefice dell’economia privata.
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