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Difesa

Le “scarse” difese aeree degli Houthi minacciano perfino gli F-35

Le difese aeree degli Houthi sono poco raffinate, ma molto mobili e difficilmente dusturbabili dai sofisticati F35

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Le ultime notizie che sono giunte dallo Yemen, dove diversi droni sono stati abbattuti, mentre aerei moderni sono stati minacciati, costituiscono una sfida inattesa per le moderne forze aeree statunitensi.

Le rudimentali difese aeree in possesso delle forze Houthi nello Yemen possono rappresentare una seria minaccia anche per velivoli avanzati come il caccia multiruolo F-35, noto per le sue capacità stealth, quando usate con attenzione.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la semplicità e la mobilità dei sistemi Houthi, unita all’impiego di sensori non convenzionali e missili aria-aria adattati per l’uso terra-aria, li rendono avversari difficili da individuare ed eludere.

Le forze Houthi dispongono di missili aria aria a lungo raggio, come gli R-73 e gli R-27, che sono stati riconvertiti per l’impiego da terra con sensori infrarossi e rinominati localmente Thaqib-1s e Thaqib-2s.

Missile R37 originale

A questi si aggiungono i missili superficie-aria della serie Saqr, anch’essi dotati di homing a infrarossi. La caratteristica cruciale di questi sensori e seeker a infrarossi è la loro passività: non emettono segnali elettromagnetici attivi che possano essere facilmente rilevati dai sistemi di guerra elettronica avversari.

Il sistema Shaqr, o 358, presentato all’ex ministro della difesa Shoigu

Questo riduce drasticamente il tempo di preavviso per i piloti, un fattore critico negli scenari di combattimento moderni.
Sebbene l’F-35 vanti sofisticate capacità di guerra elettronica e telecamere a infrarossi per il rilevamento dei missili in avvicinamento, il ridotto tempo di reazione, soprattutto in assenza di un preavviso significativo, rimane una sfida considerevole.

Le difese aeree Houthi utilizzano sensori a infrarossi anche per l’individuazione e il tracciamento dei bersagli, spesso in congiunzione con sistemi radar-guidati, complicando ulteriormente il quadro tattico per i velivoli in missione.

F35 b dei Marines Usa

Un altro elemento che aumenta la pericolosità delle difese Houthi è la loro elevata mobilità. Questi sistemi possono essere rapidamente spostati e schierati in posizioni inaspettate, interrompendo i piani di missione prestabiliti e rendendo estremamente difficile l’ingaggio proattivo dei siti missilistici.

Durante l’Operazione Rough Rider  un F-35 statunitense è stato costretto a eseguire manovre evasive per evitare di essere colpito da un missile superficie-aria Houthi.

Le forze Houthi hanno anche rivendicato in passato di aver danneggiato o abbattuto altri velivoli da combattimento con equipaggio e droni appartenenti alle forze guidate dall’Arabia Saudita, dimostrando la loro capacità di ingaggiare con successo diversi tipi di bersagli aerei. Queste rivendicazioni, se confermate nella loro totalità o anche parzialmente, sottolineano l’efficacia della loro strategia basata sull’impiego di sistemi relativamente semplici ma difficili da contrastare per via della loro natura e del loro utilizzo tattico.

MQ 9 Reaper (U.S. Air Force photo by Airman 1st Class William Rio Rosado)

L’esercito statunitense è pienamente consapevole dei limiti intrinseci dei velivoli stealth in un ambiente in rapida evoluzione, caratterizzato dalla proliferazione di sensori a infrarossi sempre più avanzati e missili anti-aerei a lungo raggio.

La potenziale perdita di un F-35 in un simile contesto operativo avrebbe implicazioni significative, non solo in termini di costo materiale, ma anche per le complesse e rischiose operazioni di ricerca e soccorso del pilota che ne conseguirebbero.

Questa situazione sottolinea la continua evoluzione della guerra aerea e la necessità per le forze armate di adattare costantemente le proprie tattiche e tecnologie per affrontare minacce asimmetriche provenienti da avversari dotati di risorse limitate ma capaci di sfruttare a proprio vantaggio le vulnerabilità, anche minime, dei sistemi più avanzati. La vicenda yemenita serve da monito sui potenziali rischi in scenari dove la tecnologia stealth incontra difese aeree adattive e difficili da neutralizzare.


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