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Come fermare il treno degli Stati Uniti d’Europa

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La riforma del MES dimostra quanto andiamo dicendo da un po’ di tempo. E cioè che oggi la strategia preferibile nei confronti dell’Europa, per il nostro Paese, è quella di un “attendismo” irriducibile: l’Italia, cioè, dovrebbe restare “ferma”. Nel duplice senso da cui l’aggettivo è connotato: irremovibile e ostinata. Ferma, beninteso, rispetto a qualsiasi  ulteriore proposta di rafforzamento o implementazione del progetto europeista. Questa “piccola via” può sembrare, certo, poco ambiziosa e insufficiente rispetto ad altri roboanti, e magari condivisibili, progetti; su tutti, l’uscita dalla UE, e dall’euro.

 

Ciononostante – nel suo piccolo e proprio grazie al “piccolo” sforzo che richiede –  essa è straordinariamente efficace per evitare una “fine della storia” altrimenti ineluttabile: gli Stati Uniti d’Europa. Sia ben chiaro: restare fermi, non significa rimanere inerti e privi di un progetto politico di medio o lungo periodo. E non vuol dire, quindi, rinunciare a qualsiasi articolato, meditato e credibile programma di riscatto nazionale e di riconquista delle perdute prerogative costituzionali e sovrane. Implica, però, aver colto l’unico antidoto ad efficacia immediata in grado di immunizzarci, a tempo indeterminato, contro l’intima natura del processo eversivo, anti-costituzionale, e probabilmente criminale, sotteso alla gestazione degli USE.

 

Il processo euro-unitense ha quattro caratteristiche fondamentali: 1) è un work in progress, cioè procede per gradi in modo da non rendere, fin da subito, percepibili (ai cittadini dei singoli Stati) le proprie finalità oligarchiche, a-democratiche, classiste ed egemoniche; 2) si realizza per via extra-parlamentare, come tutte le azioni sovversive di un ordine democratico vigente: nella fattispecie, attraverso il meccanismo formalmente “legale” dei trattati intergovernativi negoziati nelle segrete stanze di vertici opachi e in cupole dalle porte rigorosamente chiuse; 3) agisce con la logica del blockchain: ogni singolo step “inchiavarda” definitivamente i progressi sino ad allora compiuti in modo da renderli pressoché irreversibili: si pensi, a titolo di esempio, alla mancanza di una norma disciplinante l’uscita dall’euro candidamente “confessata” da Jacques Attali come una “amnesia” volontaria; 4) ha una velocità di crescita esponenziale, alla stessa stregua di un ammasso di cellule tumorali;  metafora  più che calzante: esso è, infatti, una perversione patologica del fisiologico assetto democratico, su basi rigorosamente nazionali, del vecchio continente post secondo conflitto mondiale.

 

Quanto anzidetto comporta che le reazioni popolari al “Grande Disegno” arrivano sempre troppo tardi e con riflessi sempre troppo lenti. Ci sono voluti circa dieci anni (a partire dall’esordio della moneta unica) perché un numero sufficiente di italiani cominciasse a comprendere la mostruosità della moneta unica e la mostruosa complessità del groviglio giuridico-amministrativo su cui essa si poggia. In sintesi, una moneta senza (apparente) governo con cui dominare dei governi (apparenti) senza moneta. Ma, nel frattempo, venivano approvati il Six pack e il Two pack destinati a partorire il fiscal compact, la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio e la legge di attuazione nr. 243 del 24 dicembre 2012. Se queste “porcherie” non fossero state “bollinate” dal Parlamento, forse staremmo discutendo di un’altra storia. Oggi è già troppo tardi rispetto ad allora, ma non è ancora troppo tardi rispetto a domani.

 

“Restare fermi”, per ora, significa ovviamente non votare il MES in Parlamento. Operazione non impossibile. Nell’attuale arco parlamentare, si contano molti più eletti consapevoli di quanti non ve ne fossero nel 2012. È vero  che l’articolo 75 della Costituzione non prevede il referendum sulle leggi di approvazione dei trattati internazionali (una norma da abrogare domani mattina, ma soprassediamo); è altrettanto vero, però, che qualsiasi trattato necessita di un passaggio parlamentare per essere ratificato ed entrare in vigore. Una maggioranza di deputati e senatori mediamente “svegli”, benchè di partiti reciprocamente (e magari solo temporaneamente) antagonisti, può arrestare sine die il Frecciarossa dell’Unificazione europea. Non solo ricusando il MES, ma rispedendo al mittente qualsiasi – ripetiamo: qualsiasi! – progetto destinato a irrobustire la Bastiglia di Bruxelles. In attesa di espugnarla, quella Bastiglia. Perché – statene certi –  verrà il giorno!

 

È una tattica di corto respiro? Mica tanto. È, semmai, un micidiale granello di sabbia nell’ingranaggio della motrice. E basterebbe una maggioranza, anche risicata, dei nostri rappresentanti in Senato e alla Camera per cominciare a metterla in pratica fin da subito; da qui in avanti; senza eccezioni. Se restiamo “fermi” – dato che il progetto di lorsignori non è ancora compiutamente perpetrato, ma ha uno spasmodico bisogno di compiersi e, dunque, di muoversi – avremo tutto il tempo non solo per arrestare la locomotiva, ma per farle fare poi macchina indietro o, addirittura, per farla deragliare verso un futuro diverso e una nuova libertà. Un po’ alla volta, svitando una cavicchia via l’altra, con la stessa certosina pazienza con cui gli artefici dell’incubo Ue le hanno imbullonate. Per il momento è inverosimile, ma la Storia della vera democrazia è lastricata di vittorie inverosimili. Crediamoci, ma prima di tutto rendiamoci conto che, in questo peculiare frangente storico, è molto più urgente, se non più importante, ciò che “non” dobbiamo fare rispetto a ciò che dobbiamo fare.

Francesco Carraro

www.francescocarraro.com


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