Economia
Calin Georgescu, il populista antiu sistema, in testa nel primo turno delle presidenziali rumene
Calin Georgescu, un conservatore nazionalista contrario al conflitto in Romania, è in testa al primo turno in Romania. Un altro colpo all’establishmente europeo
La vittoria a sorpresa del populista conservatore-nazionalista Calin Georgescu al primo turno delle elezioni presidenziali rumene offre a questo outsider eterodosso la possibilità di entrare in carica il mese prossimo. I media mainstream sono in fibrillazione perché ha criticato il fatto che la Romania ospiti l’infrastruttura di difesa missilistica degli Stati Uniti ed è contrario a perpetuare la guerra per procura della NATO contro la Russia attraverso l’Ucraina. È anche un devoto cristiano ortodosso e ha elogiato alcune delle figure più controverse del suo Paese durante la Seconda Guerra Mondiale.
È interessante notare che è stato anche il preferito della diaspora degli emigrati rumeni, con l’aggiunta del fatto che hanno votato per lui più i cittadini dell’Europa occidentale che quelli dell’Europa orientale. Ciò suggerisce che il suo fascino è dovuto anche alla speranza che egli porti la responsabilità, da tempo attesa, nel suo Paese tristemente corrotto e aiuti finalmente la popolazione a migliorare il proprio tenore di vita attraverso politiche economiche, finanziarie e di sviluppo più efficaci. La politica estera è importante, ma le questioni locali e l’economia superano di gran lunga la prima per gli elettori medi.
Se Georgescu diventerà Presidente della Romania, è quindi molto più probabile che cerchi di cambiare il funzionamento interno del Paese piuttosto che trasformare radicalmente la sua politica estera, ma non si può nemmeno escludere che la sua potenziale vittoria possa influire negativamente sulla guerra per procura della NATO contro la Russia attraverso l’Ucraina. Chi ha votato per lui non vede di buon occhio il fatto che il grano ucraino abbia invaso il mercato nazionale a scapito degli agricoltori locali e non vede di buon occhio il fatto che il governo sostenga finanziariamente i rifugiati ucraini.
Inoltre, gli ultimi sviluppi strategico-militari di questo conflitto hanno fatto temere a molti lo spettro della Terza Guerra Mondiale, nel qual caso la Romania sarebbe direttamente coinvolta, dato che ospita la già citata infrastruttura di difesa missilistica statunitense. Il Paese svolge anche un importante ruolo logistico nell’armare l’Ucraina e la sua “autostrada della Moldavia”, di recente costruzione, potrebbe facilitare il dispiegamento di truppe della NATO nel caso in cui il blocco o una “coalizione dei volenterosi” decidesse di intervenire convenzionalmente.
Anche se la Romania non invierà truppe, il ruolo di transito che potrebbe svolgere nell’intervento altrui potrebbe mettere un bersaglio russo sulla sua schiena, soprattutto se ciò dovesse portare a ostilità dirette tra la NATO e la Russia. Per questo motivo, e tenendo conto delle sue critiche alla guerra per procura della NATO contro la Russia attraverso l’Ucraina, il Comandante Supremo potrebbe non approvare questi piani. Dopotutto, è un conservatore-nazionalista populista che dà priorità a quelli che ritiene sinceramente essere gli interessi nazionali, con i quali questo scenario è in contraddizione.
Se vincerà, entrerà in carica il 21 dicembre, il che potrebbe rendere impossibile per gli Stati Uniti fare affidamento sulla Romania nel suddetto ambito da quel momento in poi. Ciò sarebbe significativo, sempre che Georgescu abbia la volontà politica di attuare una tale politica, poiché significa che l’amministrazione uscente di Biden potrebbe avere solo meno di un mese per farlo, se lo desidera. Dopotutto, anche se Trump decidesse di “escalation to de-escalate” con questi mezzi, potrebbe non riuscirci.
C’è sempre la possibilità che la Polonia sia l’unica via attraverso la quale le truppe convenzionali della NATO possano entrare in Ucraina, anche se non invia le proprie, ma né il presidente conservatore-nazionalista uscente né i suoi rivali liberal-globalisti nella coalizione di governo potrebbero permetterlo. Il motivo è che entrambi vogliono fare appello agli elettori ucraini scettici in vista delle elezioni presidenziali del prossimo anno, il primo per tenere sotto controllo il secondo, mentre il secondo vuole finalmente essere libero.
Per questo motivo, ognuno ha cercato di superare l’altro nella retorica populista, con la coalizione al governo che è arrivata persino a sfidare il precedente governo conservatore-nazionalista di cui fa parte il presidente uscente, adottando una linea ancora più dura nei confronti dell’Ucraina. A tal fine, ha preteso che l’Ucraina riesumasse e seppellisse adeguatamente i resti delle vittime del genocidio di Volhynia, come aveva fatto in precedenza per 100.000 soldati della Wehrmacht, e ora offre ulteriori aiuti militari solo in cambio di un prestito e non più gratuitamente.
In effetti, uno dei vice-primi ministri è arrivato ad accusare Zelensky di voler provocare una guerra russo-polacca in Ucraina, il che segnala con forza che la coalizione liberal-centrista al potere non è realmente interessata a facilitare un intervento convenzionale della NATO in quel paese e quindi non si può fare affidamento su di essa. Se la Romania è esclusa anche da questo punto di vista, nel caso in cui Georgescu dovesse vincere, gli USa sarebbero quasi obbligati ad un accordo con la Russia per mancanza di collegamenti con l’Ucraina.
Comunque resta significativo cone anche in Romania, uno dei paesi che maggiormente si è avvantaggiato dall’entrata nella USA e che ancora riceve contributi notevoli, la gente sia delus e stanca dei governi centristi, quelli che dicono sempre di si alla Von Der Leyen e al suo gruppo di potere.
Comunque state tranquilli: Georgescu ha preso solo il 22,95% al primo turno, mentre il primo ministro socialdemocratico Marcel Ciolacu ha il 19,5% e su di lui si concentreranno i voti moderati. Comunque Georgescu rappresenta una bella sveglia anche a Bruxelles per chi crede che i Paesi dell’Est siano feudi popolari e socialisti sempre fedeli alla NATO.
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