Attualità
Bersani e quell’imbarazzante analfabetismo costituzionale.
Lungi da me difendere Matteo Renzi, una persona che più di tutte sta contribuendo allo smantellamento della democrazia in questo Paese. Tuttavia, sull’abolizione dell’imposta sulla prima casa degli italiani, non posso che esprimere soddisfazione.
L’opposizione interna al PD, normalmente espressione di critiche in gran parte condivisibili al Governo, ha però contestato l’idea di abolizione di tale iniqua imposta.
Bersani in particolare ha tuonato: “che vogliamo fare dell’art. 53 della Costituzione, che parla di progressività” ed ancora “Chi ha di più paga meno”.
Davvero imbarazzante, vediamo perché. L’invocata progressività fiscale, a cui deve informarsi il sistema tributario nel suo complesso, implica che effettivamente le imposte debbano aumentare in maniera progressiva al crescere della capacità contributiva. L’imposta sulla casa è, per definizione, un’imposta indiretta, che ovviamente ha impatto regressivo anziché progressivo.
Lo spiego per gli analfabeti costituzionali come Bersani e compagni. Facciamo un esempio semplice del funzionamento delle imposte indirette, anzi leggiamo le parole dell’On. Scoca durante le sedute dell’Assemblea Costituente (1947!):
“Ho sempre pensato che chi ha dieci mila lire di reddito e ne paga mille allo Stato, con aliquota del 10 per cento, si troverà con 9 mila lire da impiegare per i suoi bisogni privati; mentre chi ne ha centomila, dopo aver pagato l’imposta del 10 per cento in base alla stessa aliquota, si troverà con una disponibilità di 90 mila lire. E’ ovvio che per pagare l’imposta (n.d.s. appunto un’imposta indiretta ulteriore su una proprietà) il primo contribuente supporta un sacrificio di gran lunga maggiore del secondo, e che sarebbe equo alleggerire l’aggravio del primo e rendere un po’ meno leggero quello del secondo”.
Chiaro? Se due famiglie hanno entrambe una casa di pari valore, ma redditi diversi, la famiglia più povera, con l’imposta sull’abitazione, pagherà più tasse di quella più ricca. Non voglio nemmeno immaginare poi il caso (drammaticamente reale e frequente) di una famiglia, che, dopo anni di lavoro, si sia acquistata una casa, magari con un mutuo, ed una volta perso il lavoro stesso si sia trovata comunque tassata per il bene precedentemente acquistato. Tale esempio pone spazio anche ad una riflessione più ampia, che evidenzia nel reddito l’unico indice possibile di capacità contributiva, ma questo, nonostante la logica, la Corte Costituzionale non ha mai avuto il coraggio di dirlo. Anche perché i giuristi (in particolare gli avvocati), per la verità, sono sempre stati piuttosto tiepidi sul punto.
Bersani dunque parla di progressività per un’imposta indiretta. Ci sarebbe dunque da ridere, se un tale analfabetismo costituzionale non arrivasse addirittura da chi pensava di dover diventare Presidente del Consiglio in questo Paese. Sconcertante.
Le imposte sui consumi sono regressive poiché si pagano con i redditi già al netto dell’imposta, progressiva, pagata su di essi. Sono anche inique sotto il profilo dell’uguaglianza poiché tassano in maniera difforme, senza alcuna logica, anche consumi di pari valore. Spesso anzi si tassa in misura maggiore consumi di minor valore.
Chiudiamo rammentando, soprattutto a Bersani e soci, quale fu il limite alle imposte indirette ipotizzato durante la Costituente.
L’On. Meuccio Ruini, Presidente della Commissione che elaboró il progetto di Costituzione, chiarì il tema:
“non tutti i tributi diretti possono essere applicati con criterio di progressività. D’altra parte, se ai singoli tributi indiretti non si addice il metodo della progressività, si può e si deve tener presente complessivamente tale criterio, gravando la mano sui consumi non necessari e di lusso”.
Diffondete questo articolo, in particolare inviatelo al Bersani, ne ha tremendamente bisogno…
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