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Aiuti di Stato all’economia: in Germania quasi il quadruplo rispetto all’Italia

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La spesa pubblica viene, da alcuni, considerata come un freno per l’economia, tanto che si chiede una riduzione dell’intervento dello Stato che lasci campo libero al settore privato. Inoltre, l’Italia viene indicata come uno dei paesi nei quali l’intervento dello Stato, con “la spesa pubblica improduttiva”, in aiuto all’economia, sarebbe più pregnante che altrove. Siamo sicuri che sia realmente così?!

È stato recentemente pubblicato sul sito della Commissione Europea un report intitolato “State Aid Scoreboard 2016” (Quadro di valutazione degli aiuti di Stato nel 2016), che riporta gli aiuti concessi (nel 2015), alla propria economia, da parte dei singoli Stati membri dell’Unione Europea in percentuale del loro PIL. A parte il fatto che pubblicare nel 2017 un report relativo al 2016, con i dati del 2015, qualche dubbio sulla “produttività” della Commissione potrebbe alimentarlo, l’obiettivo sarebbe quello di valutare in quali Stati l’intervento pubblico sia maggiore, ed in quali settori si sia concentrato.

Questo in ragione del fatto che uno dei “mantra” ripetuti all’infinito, ed automaticamente, dai mass media, in questa crisi che potremmo ormai definire perenne, è stato quello dello Stato spendaccione che intervenendo nell’economia, soprattutto negli ormai arcinoti PIIGS, falsava la concorrenza e non lasciava che si realizzassero quelle condizioni nelle quali i “mercati” si sarebbero trovati a loro “pieno agio” conducendoci, così, grazie alla loro spinta, fuori dalla crisi. Senza considerare pure il solito leitmotiv della spesa pubblica improduttiva rispetto alla produttività del settore privato “virtuoso”.

La materia degli aiuti di Stato all’economia è regolamentata dall’art. 107 del Testo Unico sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFEU) che recita testualmente:

1. Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.
2. Sono compatibili con il mercato interno:
a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall’origine dei prodotti;
b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali;
c) gli aiuti concessi all’economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione. Cinque anni dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una decisione che abroga la presente lettera.
3. Possono considerarsi compatibili con il mercato interno:
a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all’articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale;
b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro;
c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse;
d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell’Unione in misura contraria all’interesse comune;
e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta della Commissione.

Pertanto, pare abbastanza evidente come, in questo caso, ci si riferisca agli aiuti di Stato compatibili con il mercato interno, oppure a quelli che possono considerarsi compatibili con il mercato interno, previsti, rispettivamente, nei commi 2 e 3 dell’art. 107.

Sottolineiamo, ancora, che non è obiettivo di questo articolo quello di valutare la dottrina e la giurisprudenza relativamente a singoli e vari pronunciamenti che riguardino quale genere di aiuti e perché siano stati ritenuti compatibili, o no, con il mercato interno e la normativa in vigore; e nemmeno, a livello “statistico”, giurisprudenziale o dottrinario, le varie pronunce, da parte della Corte di Giustizia, relativamente agli aiuti nei singoli Stati per valutare come siano state interpretate le norme. Infine, non ci interessa nemmeno vedere, sempre nella presente sede, quali siano i vari settori dell’economia che hanno fruito di questi aiuti.

L’obiettivo del presente articolo è molto più semplice: vedere, sic et simpliciter, quali siano i paesi europei nei quali l’intervento del settore pubblico nell’economia sia stato maggiore in relazione al suo PIL. Questo, per poter così valutare se possa ritenersi reale quella diffusa idea a termine della quale, nei paesi della periferia, gli aiuti di Stato siano stati utilizzata in una misura inopinatamente “massiccia”, tanto da risultare, invece che in un volano, in un freno per l’economia. A questo fine è sufficiente avvalerci di una semplice info-grafica compresa proprio nel report sopracitato (e riportata sotto) senza però dimenticarci un paio di dati generali.

In accordo con i rapporti annuali sulle spese del 2015, gli Stati membri hanno speso 98 miliardi in aiuti a livello di Unione europea. Questi rappresentano solo lo 0,64% del PIL dell’Unione (una parte abbastanza modica), con una diminuzione dello 0,04% del PIL rispetto al 2014. Ma vediamo ora nel particolare, per i singoli Stati, proprio grazie alla info-grafica appena richiamata, la percentuale di aiuti concessi dai singoli Stati dell’Unione in relazione al proprio PIL.

Spesa totale per aiuti di Stato come percentuale del PIL nel 2015, linee ferroviarie escluse.

Il paese che ha concesso più aiuti alla propria economia, in percentuale del PIL, non è solo un paese dell’Unione Europea, bensì è anche un paese dell’Eurozona: la Lettonia, che ha concesso il 2,25% del proprio PIL in aiuti di Stato alla sua economia. Al secondo posto, a “pari merito”, troviamo la Repubblica Ceca e la Danimarca (entrambe nell’Unione ma fuori dall’Eurozona) che hanno concesso aiuti pubblici nella misura dell’1,62% del proprio PIL. Al terzo posto c’è l’Ungheria (nell’Unione, ma non nell’Eurozona), con aiuti per l’1,42% del PIL. Dopodiché troviamo la Grecia (al quarto posto) con aiuti per l’1,3% del PIL e la Germania (quinta) con aiuti per l’1,21% del PIL (entrambe sia nell’Unione che nell’Eurozona).

E il resto della periferia?! Gli altri PIIGS?! Se escludiamo la Grecia, gli aiuti di Stato all’economia nella periferia (da intendersi, ovviamente, come Portogallo, Italia, Irlanda e Spagna), non sono solo in percentuale minore rispetto a quelli concessi dal “core” (Francia e Germania); ma sono anche inferiori alla percentuale concessa dall’Unione considerata nel suo complesso.

Inoltre, se proprio vogliamo guardare meglio e, per esempio, restringere la valutazione della misura degli aiuti alla sola Eurozona, notiamo come la Lettonia resti sul gradino più alto del podio; mentre al secondo posto si piazza la Grecia; e sul terzo gradino del podio troviamo la Germania.

Pertanto, concludendo, non è vero che nella periferia si siano utilizzati i soldi della “spesa pubblica improduttiva” per aiutare l’economia. Anzi, se escludiamo la Grecia, Germania e Francia hanno aiutato la loro economia più di quanto abbia fatto il resto della periferia. Per cui, quello dei paesi periferici spendaccioni che usano in modo massiccio i soldi pubblici per aiutare la propria economia, frenandola, falsando la concorrenza e facendo, così, i “furbetti”, sembrerebbe essere un altro falso mito indotto dalla crisi perenne al fine di instillare una specie di senso di colpa e procurarsi una scusa (irragionevole, visti i dati) al fine di imporre le politiche economiche dall’alto dell’Unione. Politiche che finiscono, guarda caso, sempre per penalizzare ulteriormente i paesi che già stanno maggiormente “arrancando”.

Quanto detto da ultimo sembra avallato anche dai dati relativi agli aiuti concessi ai sistemi bancari. Infatti, nel 2014, secondo i dati Eurostat, il sistema bancario che ha fruito dei maggiori aiuti è stato quello della Germania. Perciò, se vogliamo fare un raffronto tra Italia e Germania, basato sui dati, dobbiamo dire che il sistema bancario tedesco ha ricevuto, negli anni recenti, molti più aiuti pubblici di quello italiano; e la stessa cosa vale per l’economia. Questo non sembra collimare per nulla con le informazioni ed i dati sulla situazione economica attuale, ed i motivi della stessa, come riportati, per la maggiore, “dai e sui” media nostrani; sempre pronti a biasimare il paese ed i suoi abitanti, ed a esaltare la produttività economica del “core” e del nord-Europa.


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