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Analisi e studi

Riforma costituzionale: i falsi miti antidemocratici della governabilità e della rapidità

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I due punti fondamentali della riforma costituzionale renziana su cui si giocano la partita dal punto di vista della comunicazione i sostenitori del Si sono che con le nuove norme si avrebbero esecutivi più forti e capaci di governare stabilmente e procedimenti di approvazione delle leggi più rapide. Tutto questo in nome di una maggiore efficienza dello Stato.

Tralascio il punto riguardo al risparmio derivante dalla riduzione del numero dei senatori da 315 a 100, di forte presa popolare, per due motivi: il primo è che, numeri alla mano, il risparmio per le casse dello Stato e quindi per noi cittadini sarebbe irrisorio, come ormai sembra palese. Si parla di 79 milioni lordi, che al netto delle tasse che sarebbero state versate si riduce a circa 49, ben lontano dai 500 sparati all’inizio della campagna referendaria dal Ministro Boschi, subito smentita dalla Ragioneria di Stato. Un risparmio del 8,8% sul bilancio del Senato. Considerando che solo nel 2014 abbiamo versato all’Europa un saldo netto di 8.700 milioni di lire (differenza fra quanto versato complessivamente e quanto ricevuto), stiamo parlando di sciocchezze.

Il secondo motivo è che la forza di questo argomento per alcuni è data semplicemente dalla gioia di mandare a casa 215 politici, a cui non pagare più lo stipendio. Dietro questa gioia non ci sono calcoli economici, ma semplicemente la soddisfazione delle pulsioni primordiali di una parte dell’elettorato, nutrito a “stato ladro” e “se so magnati tutto” da alcuni partiti e movimenti politici in maniera sconsiderata.

Questo desiderio di punire i politici tout court, senza distinguere fra gente seria e corrotti o maneggioni, tanto “sono tutti una cricca” oltre ad essere un fenomeno preoccupante è un inconsapevole aiuto a chi sta cercando di togliere democrazia e sovranità al Paese per consegnarla a burocrati non eletti, di toglierci diritti conquistati a fatica negli anni passati. Ma questa pulsione essendo irrazionale non è gestibile con argomenti logici e dimostrazioni: chiunque è convinto che mandando via 215 senatori si compia un passo avanti democratico, che lasciando a casa 215 politici ci siano 215 fannulloni e succhiasoldi in meno, non è recuperabile: va lasciato al suo furore, insieme ai vari Giannino, grillini esagitati e rothbardiani assortiti.

Chiarito questo veniamo invece ai punti sopra evidenziati: la governabilità e la speditezza legislativa. Ambedue queste “qualità”, lungi dall’esser tali, sono il frutto avvelenato di un’ideologia liberista/efficientista che i nostri Costituenti considerarono deleteria e da contrastare.

La governabilità è un mito liberista nella sua essenza antidemocratico: la migliore governabilità la assicura una dittatura, dove il potere decisionale è nelle mani di un solo individuo e le sue volontà si trasformano in atti legislativi. Non è un caso che i campioni del pensiero liberista/ordo-liberista, ovvero gli economisti della scuola di Chicago, influenzati da Von Hayek, videro l’ideale campo di applicazione delle loro teorie nel Cile di Pinochet, a cui offrirono i loro servigi. In un sistema democratico la governabilità è assicurata dal consenso alle politiche del Governo da parte del Parlamento e dai partiti in esso rappresentati. La governabilità va conquistata, non imposta meccanicamente. Il concetto di Capo del Governo che impone l’agenda politica ai ministri ed al Parlamento, chiamato solo a ratificare, è un concetto che ci riporta al 1925 ed alla legge fascista che regolava il funzionamento delle Camere e permetteva al Capo del Governo (così per la prima volta espressamente definito) di imporre l’esame di provvedimenti da lui considerati essenziali per la strategia dell’Esecutivo.

Del pari la velocità dei tempi di approvazione delle leggi, che nella riforma può essere contingentato per le proposte di legge licenziate dal Governo, quando questi le dichiari essenziali per l’applicazione del programma, è un altro mito efficientista che contrasta con l’impianto democratico della nostra Repubblica, come voluto dai Costituenti. La rapidità può essere considerato un beneficio solo se si presuppone che nessun provvedimento legislativo debba essere realmente esaminato e discusso, ovvero che il contenuto di una legge sia già stato predeterminato ed approvato aliunde nei suoi contenuti.

Se un Parlamento è chiamato solo a ratificare una volontà già chiaramente espressa e determinata evidentemente non ha bisogno dei tempi di discussione e confronto che gli erano stati concessi per trovare in sé una sintesi da trasformare in legge. Se non esiste più il confronto fra idee diverse, perché il Parlamento non riflette più le posizioni presenti nella società civile che solo il sistema proporzionale permetterebbe di avere, è evidente che i tempi di discussione ed elaborazione diventano solo dei fastidiosi ed inutili simulacri di democrazia che ritardano la necessaria approvazione di quanto già deciso altrove. Da qui l’insofferenza per i procedimenti parlamentari ed il tentativo, peraltro abortito, di eliminare una Camera dal procedimento pseudo-decisionale.

Con la riforma si elimina questa ipocrisia democratica e si svela quello che è il concetto che sta alla base di tutta la revisione costituzionale: siamo diventati una colonia governata da Bruxelles che deve solo approvare e trasferire rapidamente ed efficientemente le direttive europee in leggi nazionali, il cui contenuto non può essere se non in minima parte variato. Per far ciò l’Esecutivo deve essere rafforzato e deve assumere de facto il potere (pseudo) legislativo, il Parlamento non deve rappresentare la varietà delle idee presenti nel Paese, ma semplicemente il partito che esprime il Governo e pochi altri (tanto per mantenere un simulacro di democrazia) perché deve solo ratificare formalmente e gli organi di controllo devono essere espressione della stessa maggioranza che governa e diventare i custodi dell’ortodossia europea.

Un assaggio di questo sistema lo abbiamo avuto nel 2012, quando, sull’onda della finta emergenza provocata nel Paese dal golpe finanziario e dal conseguente nascere del governo Monti, retto da una coalizione anomala fra sinistra e destra che ha azzerato ogni confronto, si è approvato in soli 16 giorni un provvedimento lesivo dei diritti costituzionali e foriero di conseguenze drammatiche come la legge Monti-Fornero!

Con la riforma ciò diverrà norma sancita al piu alto livello e, grazie all’Italicum ed ai suoi effetti, non ci sarà più una Corte Costituzionale sufficientemente autonoma da potersi opporre allo smantellamento dei diritti sociali ed economici previsti nella nostra Carta.

Un ultima considerazione: i concetti di governabilità e speditezza ed in generale l’impianto della riforma costituzionale trovano il plauso di Confindustria che si è schierata per il Sì al referendum. Questa ideologia aziendalista sottesa alla base della riforma è infatti quella che vorrebbero applicata allo Stato. Agli industriali non interessa che essa possa portare ad un deficit di democrazia, interessa l’efficienza purchessia, soprattutto se sperano che il Governo possa fare i loro miopi interessi: d’altronde voi avete mai visto degli imprenditori democratici?


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