Attualità
VOGLIA DI BANCA PUBBLICA? IL TESORO CI RIPROVA CON IL MPS! (di Antonio Maria Rinaldi)
La notizia era da aspettarsela, ma certo che dopo le vendite, ma sarebbe più corretto chiamarle svendite, compiute negli anni ’90 in nome delle privatizzazioni per avere i “conti” in ordine per poter staccare il biglietto per l’euro, il Tesoro italiano ora rientra nel capitale di una banca. Infatti dopo le vendite della Banca Nazionale del Lavoro il cui controllo era direttamente in capo al Tesoro, delle tre BIN (banche d’interesse nazionale) Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano e Banco di Roma detenute dall’allora IRI a guida Romano Prodi a cui si aggiunse presto il Banco di Santo Spirito (sempre controllata dall’IRI), lo Stato italiano era completamente “uscito” dal capitale delle banche italiane, lasciando a soggetti privati la delicata gestione dell’impresa bancaria in Italia.
I noti problemi che da anni affliggono la capitalizzazione del MPS invece hanno fatto sì che il Tesoro ora rientri dalla “finestra” nel capitale di una banca italiana con una quota che potrebbe farlo diventare addirittura l’azionista di riferimento. Ma cosa è successo? Dopo i famosi Tremonti Bond del 2009, di cui il MPS beneficiò per 1.900 milioni di euro, si rese necessaria nel 2012 un’altra operazione sostanzialmente simile per 3.920 milioni di euro, i Monti Bond, con cui la banca senese è stata messa nella condizione di “sostituire” sia capitale e interessi dei precedenti Tremonti Bond (1,92Mld) che di poter usufruire di ulteriori 2Mld computabili nel patrimonio di vigilanza, ma il tutto a condizioni molto più “stringenti” rispetto all’operazione precedente.
Nel frattempo l’aumento di capitale effettuato dalla banca lo scorso anno ha in parte consentito di rimborsare il prestito dello Stato, ma gli interessi maturati nel 2014, pari a 243Mld di euro, saranno “pagati” il prossimo primo luglio corrispondendo al Tesoro italiano nuove azioni MPS “valutate a prezzi di mercato”. Il numero delle azioni che entreranno nel portafoglio pubblico scaturirà dal valore medio di riferimento nelle 10 sedute di Borsa (speriamo che la CONSOB questa volta controlli preventivamente bene le transazioni!) utili precedenti il CdA della banca convocato per l’approvazione del bilancio. La simulazione ad oggi indicherebbe che lo Stato italiano, per mezzo del Tesoro, entrerebbe con una quota di circa l’11%, anche se al momento della conversione fissata al 1 luglio, potrebbe diminuire l’entità della partecipazione per effetto del prossimo aumento di capitale.
In ogni caso, dopo tale operazione, lo Stato italiano si ritroverà di nuovo con una rilevante partecipazione in una banca d’importanza nazionale e se permarranno i noti problemi di capitalizzazione, non è escluso che dovrà necessariamente incrementare la sua quota con altre operazioni sul capitale (ancora creditore per 1Mld) con il conseguenziale effetto di controllare ulteriormente il MPS fino a che potremo considerarla a tutti gli effetti una vera e propria “banca pubblica”. D’altronde i nostri cari e scaltri parters tedeschi non hanno mai smesso di averne, visto che nel sistema bancario della Germania possiamo contarne ben 417 (quattrocentodiciassette!) il cui capitale è riconducibile allo Stato. Si tratta delle Sparkasse detenute dai Land (regioni) e da intrecci azionari che fanno sempre capo al settore pubblico e che compiono, al di fuori dell’Unione Bancaria e pertanto dalla supervisione e vigilanza della BCE, la loro preziosissima attività di credito a supporto dell’economia locale e che negli anni hanno beneficiato di denaro pubblico per 67Mld di euro!
Quindi in ultima analisi ben venga una banca pubblica italiana, ma non con i presupposti con cui il Tesoro entrerà ora in possesso di una quota del MPS, cioè di fornire capitali di assistenza e poi risanata rivenderla al primo “cavaliere bianco”, magari straniero, in caccia di affari a prezzi di saldo nell’outlet italico, ma per avere a disposizione invece un valido strumento creditizio che possa accedere direttamente ai vantaggi del finanziamento della Banca Centrale Europea per poter erogare credito alle disastrate imprese italiane a condizioni migliori rispetto al resto delle banche a capitale privato!
E vi garantisco che sarebbe già qualcosa!
Antonio Maria Rinaldi
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