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Analisi e studi

Una ulteriore proroga dello stato di emergenza sarebbe illegittima (di Becchi e Palma)

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Articolo a firma di Paolo Becchi e Giuseppe Palma su Libero del 26 settembre 2020:

31 gennaio. Il Consiglio dei Ministri delibera lo stato di emergenza della durata di sei mesi, fino al 31 luglio 2020. Sono i giorni in cui dalla Cina arrivano le immagini di una Wuhan deserta, coi suoi abitanti in quarantena per via del Coronavirus. Il governo italiano, che conosceva il problema quantomeno dal 5 gennaio (esiste un documento del Ministero della Salute che parla già in quella data di “polmonite da eziologia sconosciuta – Cina”), non fa nulla fino a fine mese, quando delibera lo stato di emergenza e blocca i voli diretti con la Cina. La durata dello stato di emergenza è regolato dal D. Lgs. n. 1/2018 che all’art. 24 disciplina lo stato d’emergenza di rilievo nazionale, prevedendo che la decisione sia assunta dal Consiglio dei Ministri per una durata non superiore a dodici mesi, prorogabile per non più di ulteriori dodici mesi. Una modifica rispetto alla previsione originaria introdotta dalla Legge n. 225/1992 che invece prevedeva la dichiarazione dello stato di emergenza per un massimo di sei mesi, prorogabile per non più di ulteriori sei mesi.

Il 29 luglio, due giorni prima della scadenza dello stato di emergenza, il Consiglio dei Ministri ne delibera la proroga sul territorio nazionale fino al 15 ottobre 2020, facendosi “autorizzare” dal Parlamento attraverso una risoluzione di maggioranza. Conte poteva evitare questo passaggio perché anche la proroga è di esclusiva competenza del Consiglio dei Ministri, ma una parte di Pd e Italia Viva aveva preteso il vaglio parlamentare. Quella risoluzione, del resto, poneva rigidi paletti al governo, come ad esempio quello di utilizzare il potere di ordinanza solo per facilitare l’apertura delle scuole, implementare gli strumenti sanitari e rendere efficaci quelli sociali.

Ad una prima lettura del D. Lgs. n. 1/2018 parrebbe che il Consiglio dei ministri possa, a sua piacimento, stabilire nel suo complesso lo stato di emergenza per un totale di ventiquattro mesi, con un numero illimitato di proroghe all’interno sia dell’atto di dichiarazione che di quello di proroga. Ma non è così. La dichiarazione dello stato di emergenza serve, di fatto, a seconda dei diversi stadi e intensità dell’emergenza stessa, a sospendere la legislazione ordinaria per poter utilizzare il potere di ordinanza: c’è l’emergenza e bisogna farvi fronte, quindi il potere ordinario lascia il posto a quello straordinario. Il punto è capire se ciò sia possibile utilizzare proroghe a proprio piacimento per un totale complessivo di due anni.

Noi crediamo che non sia possibile. La dichiarazione dello stato di emergenza, ed eventualmente la sua proroga, adottati entrambi con delibera del Consiglio dei Ministri, sono atti amministrativi che possono essere emanati solo in presenza dei requisiti previsti dall’art. 7 del medesimo decreto legislativo del 2018, vale adire la sussistenza di “emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo […]”. “Limitati e predefiniti periodi di tempo”, su questo vogliamo insistere. Se il Consiglio dei Ministri dichiara lo stato di emergenza per la durata di sei mesi, pur potendolo dichiarare per dodici, si è “giocato” la possibilità di utilizzare gli ulteriori sei mesi connessi alla dichiarazione. Medesimo discorso per la proroga, anch’essa prevista per ulteriori dodici mesi. Nel nostro caso il Consiglio dei Ministri ha emanato la delibera di proroga – addirittura su risoluzione parlamentare – per soli due mesi e mezzo, fino al 15 ottobre 2020, quindi si è “giocato” la restante parte prevista dalla legge. Può dunque Conte, come ha già fatto sapere , effettuare una nuova proroga fino al 31 dicembre o 31 gennaio?

A nostro parere, no. I “limitati e predefiniti periodi di tempo” di cui all’art. 7 del D. Lgs. n. 1/2018 includono il “principio di tassatività” proprio dell’atto amministrativo che, come ha stabilito la terza sezione del Consiglio di Stato, per essere valido deve risultare conforme al paradigma legale circa gli elementi essenziali, le finalità da perseguire ed i moduli di azione da utilizzare, per cui non sono concepibili norme di azione derogabili (sentenza n. 4364/2013). Ciò vuol dire che, all’interno del raggio di azione della dichiarazione dello stato di emergenza e della sua proroga, non possono essere compiute azioni di deroga, neppure temporali.

Certo, si dirà che il Consiglio dei Ministri può dichiarare un nuovo stato di emergenza, cioè un atto amministrativo ex novo come quello del 31 gennaio, ma a quel punto devono sussistere i requisiti per la dichiarazione così come stabiliti dall’art. 7 del D. Lgs. n. 1/2018. Da febbraio ad oggi sono più che raddoppiati i posti letto in terapia intensiva (che da cinquemila sono passati a più di undicimila), è stata scoperta l’efficace cura del plasma, sono state individuate terapie che evitano le morti dei primi giorni di marzo . Ma non solo. Ad oggi vi sono poco più di duecento persone ricoverate in terapia intensiva e i morti sono al di sotto delle trenta unità al giorno, quindi non sussiste più una emergenza da Covid19.

E’ pur vero che negli ultimi sette mesi il governo ha potuto fare tutto ciò che ha voluto derogando allo stato di diritto senza che né il Quirinale né il Parlamento fiatassero, ma è anche vero che il Parlamento può adesso – in assenza di un’emergenza con le caratteristiche delineate dal D. Lgs. n. 1/2018 – svolgere il suo ruolo di controllo sul governo impedendogli di agire a suo piacimento.

di Paolo Becchi e Giuseppe Palma su Libero del 26 settembre 2020. 

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Consigli letterari:

di Paolo Becchi e Giuseppe Palma, “DEMOCRAZIA IN QUARANTENA. Come un virus ha travolto il Paese“, Historica edizioni, aprile 2020.

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