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Tornano le tensioni fra Etiopia, Somalia e Somaliland nel Corno d’Africa, con Addis Abeba alla ricerca dello sbocco al mare

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Il Corno d’Africa ha inaugurato il nuovo anno con la notizia di un accordo che porterà un inizio difficile delle relazioni diplomatiche nella regione nel 2024. L’Etiopia, come è stato annunciato il 1° gennaio, ha firmato un memorandum d’intesa con la regione separatista del Somaliland, aprendo la porta a un accordo per lo scambio di una partecipazione nella compagnia di bandiera Ethiopian Airlines in cambio dell’accesso al Golfo di Aden.

Simili transazioni di reciprocità economica sono generalmente di routine fra stati sovrani, ma questo accordo ha un grosso problema. L’accordo ha intrecciato l’accesso al mare con il riconoscimento formale del Somaliland da parte dell’Etiopia e questo ha suscitato un certo scalpore diplomatico perché il Somaliland non è ufficialmente uno stato indipendente, ma una regione secessionista della Somalia.

In origine il Somaliland era la colonia della Somalia Britannica, mentre la Somalia vera e propria era una colonia italiana. Le due aree furono unificate in un unico paese all’indipendenza del 1961. Anche se ufficialmente riunite, il Somaliland è de facto indipendente dal 1991, con proprio governo e propria moneta e la Somalia non ha da tempo la forza militare per riportare la regione ribelle sotto il proprio controllo.Ciò nonostante il riconoscimento implicito dell’Etiopia, che sfiora l’esplicito, è un passo avanti che ha fortemente irritato Mogadiscio.

Prima del memorandum d’intesa con il Somaliland, il primo ministro etiope Abiy Ahmed aveva manifestato l’intenzione di ottenere l’accesso al Mar Rosso per il suo paese senza sbocco sul mare, un desiderio storico che risale all’epoca coloniale quando l’Italia controllava l’Eritrea, ma che si scontra con una forte instabilità interna al limite della rivolta.

La ricerca del riconoscimento del Somaliland

Il Somaliland non ha ancora il riconoscimento internazionale che permetterebbe di partecipare a pieno titolo alla comunità globale, come ad esempio l’adesione alle Nazioni Unite. Un riconoscimento formale consentirebbe inoltre di accedere alle tutele previste dal diritto internazionale e alle opportunità economiche.

L’accordo con l’Etiopia sarebbe un passo avanti verso la realizzazione di questo fondamentale anello mancante.

Il riconoscimento di un nuovo Stato ai sensi del diritto internazionale richiede che le nazioni già esistenti riconoscano la sovranità e la legittimità del territorio. Questo riconoscimento può avvenire in modo esplicito o implicito.

Il riconoscimento espresso assume la forma di una dichiarazione ufficiale inequivocabile. Al contrario, il riconoscimento implicito può avvenire attraverso trattati bilaterali, alleanze o scambi diplomatici: in sostanza, segnala l’accettazione di un Paese senza fare una dichiarazione ufficiale di riconoscimento. Il riconoscimento implicito spesso offre un vantaggio strategico, salvaguardando gli interessi di un paese senza scatenare discordie regionali.

Padroneggiare l’arte di creare trattati con riconoscimenti impliciti può essere fondamentale per evitare di impegnare eccessivamente un paese a livello diplomatico. La comunità internazionale si aspettava che Abiy, vincitore del Premio Nobel per la Pace, riuscisse a muoversi su questo filo diplomatico, bilanciando un certo grado di riconoscimento del Somaliland con la moderazione. In questo modo avrebbe evitato di incrinare le relazioni con la Somalia e di mettere a rischio le dinamiche della sicurezza regionale.

Un accordo ambiguo

I dettagli specifici del memorandum d’intesa non sono stati resi noti. Finora, le informazioni che si sono potute ricavare derivano principalmente da una conferenza stampa congiunta tenuta dai due leader dell’Etiopia e del Somaliland ad Addis Abeba e dai successivi comunicati stampa.

Sono emerse sfumate distinzioni nelle priorità di ciascuna parte: Il Somaliland pone l’accento sul riconoscimento esplicito, mentre l’Etiopia si concentra sull’integrazione regionale.

Inoltre, se si guarda più da vicino, emergono alcune discrepanze più ampie nella messaggistica. Entrambe le parti sottolineano i vantaggi economici e di sicurezza. Ma la dichiarazione dell’Etiopia del 3 gennaio suggerisce solo una “valutazione approfondita” della richiesta di riconoscimento dello Stato. Questo sembra in contrasto con la richiesta del Somaliland di garantire il riconoscimento in cambio dell’accesso al mare.

Ma poiché il testo effettivo dell’accordo non è disponibile pubblicamente, le sue implicazioni rimangono avvolte nella segretezza, aumentando ulteriormente il disagio nella regione per l’accordo. Purtroppo questo è il problema dei trattati segreti: ognuno può leggerli un po’ come vuole

Aumento delle tensioni regionali

Nei giorni successivi alla firma del memorandum d’intesa, le tensioni si sono acuite tra la Somalia, l’Etiopia e il Somaliland. Il presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud ha lanciato un duro monito contro l’accordo e ha minacciato di difendere la Somalia con tutti i mezzi a disposizione.

Ha esortato i civili somali a rimanere uniti contro le potenziali incursioni e ha messo in guardia l’Etiopia dal far degenerare la situazione in un conflitto armato.

Mohamud ha anche cercato il sostegno degli alleati. Già nel 2024 si è recato in Eritrea per colloqui sulla sicurezza volti a rafforzare i legami bilaterali e ad affrontare le preoccupazioni regionali e internazionali. Ha anche ricevuto un invito dall’Egitto in un’apparente dimostrazione di sostegno. Ricordiamo che Egitto, Sudan ed Etiopia hanno una dura contesa in corso a casua della grande diga sul Nilo costruita dall’Etiopia che rischia di ridurre le forniture d’acqua ai due apesi a valle e soprattutto all’Egitto che si trova già sotto pressione per le vicende legate al traffico commerciale nel Mar Rosso e attraverso il Canale di Suez.

La situazione precaria dell’Etiopia

In un ulteriore segnale di crescenti tensioni, il capo di stato maggiore dell’esercito etiope si è impegnato in colloqui con il suo omologo del Somaliland per discutere di cooperazione militare.

Considerando la delicata situazione dell’Etiopia con le forze secessioniste interne, i critici hanno subito notato che l’Etiopia potrebbe non essere nella posizione migliore per prendere in considerazione l’idea di riconoscere il Somaliland. Non solo rischierebbe di entrare in conflitto con la Somalia, ma potrebbe anche portare alla ripresa delle spinte secessioniste all’interno dell’Etiopia stessa.

Il Somaliland si trova a sud e a est dello Stato Regionale Somalo dell’Etiopia. La regione è governata dal ramo somalo del Partito della Prosperità Etiope, la cui legittimità è stata a lungo contestata dal Fronte di Liberazione Nazionale dell’Ogaden (ONLF), un gruppo che chiede l’autonomia dei somali in Etiopia.

Fino all’accordo di pace dell’ottobre 2018, l’ONLF era impegnato in una decennale guerra secessionista con il governo etiope. Più di recente, nel 2020, una spinta all’indipendenza della regione del Tigray in Etiopia è sfociata in un conflitto armato durato due anni che ha sfollato milioni di persone e costretto centinaia di migliaia di persone alla carestia.

Nel frattempo, gli Amhara – un gruppo etnico indigeno dell’Etiopia – hanno opposto resistenza al tentativo del governo federale di disarmare le loro milizie e le forze speciali regionali. Anche lo stato di Oromia ha visto richieste di indipendenza prima che un primo ministro Oromo, Abiy, fosse eletto dal parlamento nel 2018.

Una nuova spinta all’autonomia da parte della comunità somala dell’Etiopia potrebbe riaccendere una serie di conflitti interni e di irredentismo somalo.

Una risposta internazionale incerta

L’attenzione globale per le crescenti tensioni nel Corno d’Africa è aumentata: Gli Stati Uniti hanno espresso seria preoccupazione e l’Unione Africana ha esortato Etiopia e Somalia a smorzare le tensioni in nome della pace regionale.

Dichiarazioni simili sono arrivate anche dall’Autorità Intergovernativa per lo Sviluppo, un blocco commerciale africano, dall’Unione Europea e dalla Lega Araba. Gibuti, che confina con il Somaliland a nord-ovest, ha chiesto il dialogo e una soluzione diplomatica.

Ma questi appelli – da parte di attori internazionali e regionali – hanno fatto poco per calmare le tensioni.

Nei giorni successivi all’annuncio dell’accordo, decine di migliaia di somali hanno protestato per le strade di Mogadiscio, definendo la mossa un’aggressione alla sovranità della nazione.

Sebbene i residenti del Somaliland e dell’Etiopia abbiano ampiamente appoggiato il memorandum – sperando a loro volta che possa portare a un riconoscimento internazionale e a un miglioramento economico – non tutti sono favorevoli all’accordo. In Somaliland, il Ministro della Difesa Abdiqani Mohamud Ateye si è dimesso l’8 gennaio, affermando che la cessione dell’accesso alla costa all’Etiopia rappresentava una minaccia alla sovranità del Somaliland.

Carri somali entrano in Etiopia 1977

Sembra che il memorandum d’intesa sia servito a riaprire vecchie ferite nella regione. Ricordiamo che Somalia ed Etiopia sono state in guerra più volte per la regione dell’Ogaden, nel 196 e nel 1977. Si è trattato di conflitti dimenticati, ma non per questo meno sanguinosi, in terre poverissime. Adesso si rischia un nuovo conflitto fra le due parti, proprio quello che non ci vuole in una zona poverissima e che vede anche all’opera le milizie terroristiche di Al Shabab che, proprio recentemente, hanno preso prigioniero l’equiquaggio di un


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