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Torna la farsa dell’Output Gap. Bisogna cambiare economisti, non economia

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Niente, a Bruxelles non ci riescono. Vivendo nella perfezione della propria ricca bolla, con stipendi stratosferici assicurati, gli economisti della Commissione non riescono a trattenersi dal predicare una politica di austerità degli altri.

Il principale strumento di repressione economica è costituito dalla misura dell’output gap, condannata duramente da molti economisti indipendenti come Robin Brook e Philipp Heimberger. L’Output Gap è quella misura che,se azzerata o positiva, viene a indicare il pericolo di uno sviluppo inflazionistico. Praticamente quando l’Output Gap giunge a zero l’economia, secondo questi tecnici, è a “Pieno regime”, quindi bisogna iniziare a tassare maggiormente per farla raffreddare. Peccato che questa misura sia perfettamente teorica, basata su calcoli per lo meno discutibili, che alla fine viene a indicare quello che gli economisti, o i loro mandanti, vogliono, non una situazione reale.

Heimberger, in un grafico da lui prodotto, lo mostra con grande chiarezza, utilizzando le previsioni su questo valore emesse dalla Commissione:

Quindi , secondo la commissione, in modo perfettamente coerente con la volotà di tornare ai vincoli di bilancio dal 2023 e di approvare anche il MES, l’output GAP italiano si viene ad azzerare, praticamente, nel 2022 e a diventare perfino positivo nel 2023. Quindi proprio da quell’anno dovremmo iniziare, come del resto previsto, la repressione economica dell’austerità.

Quindi con un tasso di disoccupazione fra il 9% ed il 10%, 2,1 milioni di giovani NEET, non studenti e non lavoratori, il 29,4% di disoccupazione giovanile al 29,4% siamo un paese con “Piena occupazione”, anzi con troppa occupazione.

Capite ora perché qualsiasi cambiamento in Italia, nella nostra politica economica, non possa prescindere da un cambio di paradigma, o di tecnici, radicale sia a Bruxelles sia a Roma

 


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