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Top Gun AI: i piloti americani imparano a volare con i droni da combattimento

L’aviazione USA sta creando un “Top Gun” con intelligenza artificiale: ecco come i droni da combattimento XQ-58 Valkyrie voleranno al fianco dei caccia pilotati, cambiando per sempre le regole della guerra aerea.

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Dimenticate il Maverick di Tom Cruise che vola in solitaria contro ogni probabilità. Il futuro dei cieli militari, secondo l’US Air Force, assomiglia più a un team affiatato dove uno dei partner non è umano. I piloti da caccia americani si stanno infatti addestrando a operare al fianco di droni da combattimento come l’XQ−58Valkyrie, guidati da un copilota molto speciale: l’intelligenza artificiale.

Questa nuova frontiera della guerra aerea, già soprannominata “Top Gun AI“, non riguarda la sostituzione dei piloti, ma la creazione di una sinergia uomo-macchina. L’obiettivo è delegare all’AI le decisioni che richiedono tempi di reazione disumani, lasciando all’essere umano la visione strategica d’insieme. Il Maggiore Trent McMullen dell’USAF ha descritto l’esperienza come un addestramento ad abituarsi alla rapidità e alla “rudezza” delle manovre di un drone che può virare e reagire senza preoccuparsi dei limiti fisici di un corpo umano.

Il “Gregario” robotico: conosciamo l’XQ−58Valkyrie

L’XQ−58Valkyrie, sviluppato da Kratos, non è un semplice drone da ricognizione, ma un vero e proprio Collaborative Combat Aircraft (CCA), un aereo da combattimento collaborativo. È stato progettato nell’ambito del programma Low-Cost Attritable Strike Demonstrator, un nome complesso che nasconde un concetto molto pratico: creare un velivolo performante, stealth, ma abbastanza economico da poter essere considerato “sacrificabile” in missioni ad alto rischio, senza mettere in pericolo la vita di un pilota e un costosissimo caccia di quinta generazione. Il vantaggio principale di un CCA è proprio economico: il mezzo è spendibile e facilmente producibile e programmabile. Non è costoso, complesso e non necessitano un lungo addestramento.

XQ-58 Valkyrie

Ecco alcune delle sue caratteristiche principali:

  • Autonomia: Può percorrere fino a 3.000 miglia nautiche (circa 5.500 km).
  • Velocità: Raggiunge una velocità massima di Mach 0.86 (circa 1.060 km/h).
  • Quota Operativa: Può volare fino a 45.000 piedi (quasi 14.000 metri).
  • Carico Utile: Può trasportare fino a 2.700 kg di armamenti o sensori.
  • Collaborazione: È progettato per operare in squadra con caccia come gli F−35, F−22 ed F−15EX.

Il Valkyrie è già in fase di test avanzati presso la base di Eglin in Florida, dove si sta perfezionando proprio il “team-working” tra uomo e macchina in scenari di combattimento simulati. Infatti non è per niente semplice agire in modo coordinato con un altro mezzo a guida autonoma: già evitare gli scontri in volo è un’impresa.

Non solo droni: anche gli F-16 diventano autonomi

La strategia dell’USAF è più ampia e non si limita a creare nuovi droni. Un altro programma chiave è il progetto VENOM, che mira a trasformare un caccia collaudato come l’F−16 “Viper” in una piattaforma in grado di volare autonomamente. Sei F-16 sono attualmente in fase di modifica con hardware e software specifici che permetteranno loro di essere pilotati dall’intelligenza artificiale.

Trasformazione del F-16 a guida autonoma. Programma VENOM- USAF

Anche in questo caso, l’approccio è prudente. Durante i test di volo iniziali, un pilota umano sarà sempre a bordo, pronto a disattivare l’autonomia e riprendere i comandi in qualsiasi momento. L’obiettivo è testare fino a che punto l’AI possa gestire manovre di combattimento aggressive, spingendo l’aereo ai suoi limiti strutturali, senza dover considerare quelli fisiologici del pilota.

La conclusione, per ora, è chiara: la piena autonomia decisionale non è ancora sul tavolo. L’essere umano rimane il comandante strategico della missione. Tuttavia, l’opportunità di avere a disposizione gregari instancabili, ultra-reattivi ed economicamente sostenibili per intercettare minacce o penetrare difese nemiche è un vantaggio tattico che l’aviazione americana non intende lasciarsi sfuggire. La supremazia aerea del futuro non si misurerà solo in velocità e potenza di fuoco, ma anche in terabyte e algoritmi.

 

Domande e Risposte per il Lettore

  1. Perché l’aviazione militare sta investendo tanto sull’intelligenza artificiale invece di costruire più aerei tradizionali?

La ragione è duplice: strategica ed economica. Strategicamante, un drone guidato da IA può eseguire manovre a velocità e con accelerazioni impossibili per un pilota umano, offrendo un vantaggio decisivo nel combattimento aereo ravvicinato (dogfight). Inoltre, può essere inviato in missioni “suicide” o ad altissimo rischio senza la perdita di vite umane. Economicamente, velivoli come l’XQ-58 sono progettati per essere “attritable”, ovvero a basso costo, rendendo possibile schierarne un gran numero e assorbire perdite che sarebbero insostenibili con caccia da 100 milioni di dollari come un F-35.

  1. L’intelligenza artificiale sostituirà completamente i piloti da caccia nel prossimo futuro?

Al momento, no. Il modello a cui punta l’USAF è quello della “squadra uomo-macchina” (human-machine teaming). L’intelligenza artificiale agisce come un gregario potenziato, gestendo compiti tattici immediati come l’ingaggio di un bersaglio o manovre evasive, mentre il pilota umano mantiene il controllo strategico, supervisiona la missione e prende le decisioni finali. L’essere umano resta l’elemento insostituibile per la valutazione del contesto, l’etica e la strategia complessa, compiti che un’IA, per ora, non può gestire con la stessa flessibilità e responsabilità.

  1. Quali sono i rischi di affidare a un’IA il controllo di un velivolo armato?

I rischi sono significativi e oggetto di un acceso dibattito etico e tecnico. Il principale è il rischio di un errore dell’algoritmo o di un’escalation non voluta. Un’IA potrebbe interpretare erroneamente i dati dei sensori e ingaggiare un bersaglio sbagliato. C’è poi il pericolo della guerra elettronica: un avversario potrebbe hackerare o ingannare l’IA del drone, trasformandolo in una minaccia. Per questo, l’attuale sviluppo insiste nel mantenere sempre un “essere umano nel loop” (human-in-the-loop), che abbia l’autorità finale di approvare o bloccare le azioni letali.

E tu cosa ne pensi?

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