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SVIZZERA: UN VALIDO MODELLO DI INSERIMENTO AL LAVORO E QUALCOS’ALTRO … Di Rosalba Fragapane

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Si sta parlando molto di Svizzera in questi giorni a proposito di fuga di capitali privati all’estero. Nelle trasmissioni televisive impazzano ipotesi bislacche che oltre a generare un panico “ambientale” del tutto fuori luogo, sono errate. In Italia, ogni cittadino può aprire un conto in una banca estera comunitaria (oggi persino online) basta che al momento della dichiarazione dei redditi lo segnali nell’apposito riquadro RW. Non c’è niente di strano, né di illegale in tutto questo anche se non se comprende lo scopo. Se la paura è dovuta ad una patrimoniale è necessario sapere che aprire un conto in uno stato estero potrebbe rivelarsi una mossa del tutto inutile, perché in questo caso con buona probabilità, grazie alle tecnologie attuali, lo Stato italiano “preleverebbe forzatamente” come se il conto on shore fosse nella banca sotto casa. L’unico modo per sfuggire ad una patrimoniale è trasferirsi all’estero, ma anche qui è necessario dimostrare che il trasferimento sia totale ed effettivo. E poi non è detto che la si scampi, le patrimoniali a volte le fanno anche altri paesi, per esempio Spagna, Francia. Il punto vero è che il Governo in carica non ha mai pronunciato una parola al riguardo, nessuno dei suoi esponenti di punta ne ha mai prospettato l’eventualità neppure lontanamente, semmai l’obiettivo è quello di ridurre e tagliare le tasse, non il contrario. Lo stesso discorso vale anche per l’ipotesi dell’ uscita dall’Euro del nostro paese: è spiacevole vedere che ogni volta si creano paure generate da voci, da quel detto e non detto, da pure invenzioni strumentali che a qualcuno fanno sempre comodo. In questo momento proprio in Germania, dove la Merkel ha non pochi problemi, compreso quello immenso dell’immigrazione, si cerca di allontanare il dissenso interno scaricandolo sui problemi degli altri, occupandosi un po’ troppo direi dei fatti altrui e poco di quelli propri (pare persino che in Germania sia stato chiesto agli uffici di polizia di non diffondere notizie sulle violenze, sugli stupri, o su numerosi fatti di delinquenza ordinaria che toccano gli immigrati per non alimentare il dissenso dei tedeschi come riportato da alcuni siti on line tedeschi). Ed ecco però che ci si permette di fare i conti tasca ad un altro paese dell’Unione. Così è accaduto per esempio dalle pagine di un quotidiano nazionale il Frankfurter Allgemeine Zeitung, dove, nei giorni scorsi, è stata pubblicata l’intervista a Karsten Wendoroff, funzionario della Bundersbank che come sappiamo è come la Banca d’Italia ma quella teutonica, appunto. In realtà, tecnicamente è accaduto questo: come se un sottoposto funzionario del nostro Governatore Vincenzo Visco avesse rilasciato un’ intervista a qualche quotidiano dicendo la sua sulla situazione economica di un altro Stato dell’Unione. All’inizio dell’articolo, subito ripreso in Italia, si dice che il funzionario tedesco parla a titolo personale … Ora, siamo sinceri, ma cosa vuol dire a titolo personale? Niente è a titolo personale … le dichiarazioni dei personaggi pubblici non possono essere mai personali nel momento in cui vengono pronunciate. Oggi si fa presto a buttarla sul personale, ma niente lo è veramente, ogni cosa è politica in realtà, lo è fare la spesa, comprarsi uno smartphone, iscrivere la propria figlia a scuola, persino baciare qualcuno è in realtà un fatto politico.

Certo è che tutte queste pseudo notizie, ovvero uscita dall’euro, patrimoniali, ecc,ecc in altre nazioni neppure si sognerebbero di sdoganarle, o solo di sussurrarle all’orecchio con un flebile respiro. Prendiamo ad esempio la Francia: ecco si può stare certi che mai e poi mai a nessun direttore ed editore di quotidiani e di televisioni d’oltralpe verrebbe in mente di diffondere notizie o opinioni sulle proprie testate che possano ledere o ripercuotersi negativamente sulla Finanza dello Stato. Si badi bene che lì non ci sono diktat dall’alto, non ci sono ordini presidenziali: è che i cugini d’oltralpe sono “ammaestrati” da sempre a tutelare gli interessi primari nazionali e questo accade da secoli: non importa che tu sia di destra, di sinistra o quant’altro… no, lì da qualsiasi parte si stia si fa squadra nell’interesse generale nazionale, senza per questo cadere nella censura.

Ma veniamo al tema proposto.

Amatissima da tutto il mondo, e non solo da quelli che ci vorrebbero aprire un conto corrente, la Svizzera da sempre uguale a se stessa, ovvero più o meno da 700 anni, è il luogo in Europa dove le cose funzionano meglio. Qui la disoccupazione non raggiunge il 2,6% e qui la macchina assistenziale, quella della disoccupazione e dei centri dell’impiego funzionano tutte alla perfezione proprio come le rotelle di un orologio a cucù . Infatti a differenza della Germania per esempio, in tema di lavoro, in Svizzera non ci sono abusi verso la dignità delle persone, non c’è una svalutazione degli stipendi, non ci sono lavori pagati 2 euro all’ora per 1 giorno alla settimana e via dicendo. I modelli di riferimento a cui si ispira il M5S per portare il reddito di cittadinanza anche da noi come per esempio Legge Hartz (di cui abbiamo già detto in un precedente articolo) in realtà sono vecchi, desueti e soprattutto fanno riferimento ad un ormai lontano periodo storico (20 anni fa), essendo stati concepiti proprio per favorire un modello neoliberista del lavoro che ben si adeguava alla globalizzazione dei mercati allora nascente. Purtroppo oggi, proprio quel modello si è rivelato deleterio per i popoli europei, quindi non può più essere valido. Soprattutto in Italia. Bisogna ragionare su qualcosa di diverso e che sia migliorativo. Certo è che i provvedimenti non possono essere presi in fretta e furia, questo genere di riforme devono essere studiate bene e là dove sono state realizzate sono stati necessari parecchi mesi. E inoltre un sistema di reddito minimo sta in piedi solo quando ci siano più lavoratori che occupati. Siamo tutti d’accordo che una forma di sussidio per le persone in difficoltà debba esserci anche Italia, ma non bisogna confondere il sussidio per la povertà con il sussidio per la ricerca di un lavoro. Ci sono fasce della popolazione che necessitano di un sostegno (poveri assoluti, anziani non in età lavorativa ecc.) e ci sono altre fasce di persone povere perché non trovano più un lavoro, o lo hanno perso (giovani, 40-60 enni, donne). Le due situazioni sociali suddette non devono essere confuse, mischiate fra loro. Resta poi la creazione dei Centri per l’impiego, che ancora è cosa a sé.

In questo state of the field, vediamo come funziona oltre confine.

Ebbene la Svizzera che mantiene intatte le sue tradizioni secolari è in realtà un paese modernissimo, dove la politica non arriva dopo, anzi semmai arriva prima. Così si scopre che questi problemi i loro governanti udite, udite li hanno affrontati e risolti già nel 1978, anno in cui venne emanata la prima legge sul sostegno ai poveri.

La legislazione elvetica cosa ha fatto? Innanzitutto ha separato completamente le due situazioni dette sopra:

Da una parte l’ufficio Federale Assicurazione Sociale che è gestito dal Dipartimento Federale dell’Interno si occupa esclusivamente delle persone in stato di povertà a cui attraverso i comuni viene dato un sussidio, un aiuto per l’affitto, un aiuto per le malattie e per la disabilità.

Dall’altra invece la SECO (Segreteria di Stato dell’Economia) che dipende invece dal Dipartimento dell’Economia, della Formazione, della Ricerca è quella che si occupa sia dei Centri per l’Impiego sia della Assicurazione per la Disoccupazione ovvero del sostegno a chi ha perso un lavoro, a chi non lo trova, o addirittura a chi vuole cambiarlo.

La cosiddetta AD (assicurazione contro la disoccupazione) viene data direttamente attraverso le banche preposte. La persona che non ha lavoro si reca negli appositi URC, uffici regionali di collocamento, dove viene preso in carica e attivata tutta la pratica. Se si è perso il lavoro per un periodo che va dai 4 mesi ai 2 anni si ha diritto alla AD che può arrivare anche all’70-80% dell’ultimo reddito che verrà erogata direttamente dalle Casse (banche apposite) immediatamente. Contestualmente gli URC in sinergia con il richiedente, dopo una approfondita intervista sulla sue esigenze lavorative si attivano subito alla ricerca di un impiego adatto alla persona, nel rispetto delle sue attitudini, dei suoi studi, delle sue capacità. In Svizzera tutte le aziende hanno l’obbligo di fornire immediatamente la lista dei posti vacanti agli URC, in modo che si abbia in tutto il paese, cantone per cantone, una pianta generale e aggiornata dei posti di lavoro vacanti. Inoltre gli URC si avvalgono a volte delle agenzie di lavoro private ( selezionate) e del LPML cioè Servizi logistici per l’approntamento al lavoro che servono per i corsi di formazione, di studio ecc.

Dove vengono trovati i soldi necessari per questa formula? L’AD in Svizzera viene pagata da tutti i lavoratori dipendenti. In Svizzera non esiste il contributo al sindacato per esempio (se si vuole aderire è scelta facoltativa ma non in busta paga). Ma ogni lavoratore paga mensilmente 1,1 % circa del proprio stipendio mensile e lo stesso 1,1,% paga il datore di lavoro sul medesimo stipendio che va dentro un Fondo Cassa apposito della SECO, per creare un fondo risorsa che poi verrà utilizzato per tutti quelli che ne avranno bisogno. Nel paese elvetico l’ora lavorativa viene pagata in media 18/19 fr. svizzeri all’ora, la cifra è lorda perché lì ogni persona ha l’obbligo per legge di pagare l’assicurazione per malattia, ma comunque alla fine si arriva a 12/14 fr. svizzeri netti all’ora per tutti.

In Italia solo in Lombardia si è cominciato ad approntare già qualcosa di simile, dove la Regione già nella scorsa legislatura con Maroni ha istituito un Reddito di Autonomia (premiato a Bruxelles nel 2017) come esempio di politiche attive. Qui infatti il Welfare si attiva immediatamente per i casi difficili con bonus affitto, esenzione ticket, bonus per neo mamme in difficoltà, asili gratuiti, assegni per anziani e disabili. E altre iniziative sono in progetto anche nell’attuale legislatura.

(fonti: Ambasciata Svizzera In Italia,Malta e San Marino/Roma

https://www.seco.admin.ch/seco/it/home/Arbeit/Arbeitslosenversicherung.html)


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