Attualità
Siamo ormai una colonia e il risparmio italiano, il più grande del mondo dopo il Giappone, è IL TACCHINO RIPIENO da servire per l’ANNO DEL RINGRAZIAMENTO che si annuncia essere il 2016. Di Marco Santero
Barbagallo, Capo del Dipartimento di Vigilanza Bancaria e Finanziaria della Banca D’Italia, è stato ascoltato dalla Sesta Commissione Finanze della Camera dei Deputati nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul sistema bancario italiano.
https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-vari/int-var-2015/Barbagallo-09122015.pdf
ESTRATTO:
“Nell’evitare di addossare i costi delle crisi ai contribuenti, le nuove norme europee li fanno ricadere in primo luogo sugli azionisti e sui creditori della banca (il cosiddetto bail-in). È questo il secondo dei tre canali sopra menzionati. Come segnalato dalla letteratura economica e dall’esperienza passata, anche questa scelta non è priva di rischi e incertezze. A fronte dei benefici che ho ricordato, il bail-in può acuire – anziché mitigare – i rischi di instabilità sistemica provocati dalla crisi di singole banche. Esso può minare la fiducia, che costituisce l’essenza dell’attività bancaria; comportare un mero trasferimento dei costi della crisi dalla più vasta platea dei contribuenti a una categoria di soggetti non meno meritevoli di tutela – piccoli risparmiatori, pensionati – che in via diretta o indiretta hanno investito in passività delle banche.
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Ciò è soprattutto vero nell’attuale fase di transizione dal vecchio al nuovo regime, in cui la portata innovativa del nuovo sistema di gestione delle crisi non è stata recepita in tutta la sua interezza. Proprio per tale motivo, la Banca d’Italia ha agito lungo tre direttrici affinché gli effetti del nuovo sistema fossero da un lato circoscritti e dall’altro ben compresi.
In primo luogo, nell’ambito dei negoziati sulla direttiva BRRD (in cui, come di consueto, abbiamo assistito il Governo italiano), la Banca d’Italia ha avanzato con insistenza due richieste, entrambe non accolte nella versione finale della Direttiva:
- un approccio alternativo al bail-in, in base al quale si sarebbero potute imporre perdite ai creditori solo in presenza di apposite clausole contrattuali di subordinazione. Questa soluzione avrebbe consentito di coinvolgere esclusivamente le passività emesse dopo l’entrata in vigore della nuova legislazione e contrattualmente qualificate come assoggettabili a riduzione; essa avrebbe favorito una maggiore consapevolezza degli investitori circa le caratteristiche e i rischi dei prodotti finanziari sottoscritti e limitato le ricadute in termini di instabilità;
- Rinviare l’applicazione del bail-in al 2018, così da consentire la sostituzione delle obbligazioni ordinarie in circolazione con altre emesse dopo l’entrata in vigore del nuovo quadro di gestione delle crisi e, dunque, collocate e sottoscritte avendo presenti i nuovi scenari di rischio.
In secondo luogo, la Banca d’Italia ha evidenziato per tempo le novità della disciplina europea e il cambio radicale che questa avrebbe comportato. Dallo scorso anno ha richiamato le banche ad assicurare il massimo impegno per rafforzare la tutela dei risparmiatori in relazione al nuovo quadro normativo in materia di gestione delle crisi bancarie e a osservare con scrupolo gli obblighi di diligenza, trasparenza e correttezza applicabili nell’attività di collocamento di prodotti finanziari che possono essere sacrificati in caso di risoluzione. In più occasioni la Banca d’Italia ha pubblicamente sollecitato interventi normativi che vietassero il collocamento degli strumenti più rischiosi presso i piccoli risparmiatori, limitandolo a operatori specializzati.
Infine, la Banca d’Italia si è direttamente impegnata in un’intensa attività di sensibilizzazione sul potenziale impatto delle nuove regole in materia di risoluzione sui detentori di obbligazioni bancarie. Sul sito web dell’Istituto è stato pubblicato un documento che illustra le novità del nuovo sistema di gestione delle crisi e i possibili effetti per gli investitori; recentemente è stato organizzato un incontro con le Associazioni dei consumatori, cui sono state illustrati gli aspetti principali della disciplina.
La terza possibile fonte di finanziamento delle crisi bancarie è lo stesso sistema bancario. Vi sono due strumenti a disposizione: il Fondo di Risoluzione, che può essere chiamato a intervenire in circostanze e per finalità circoscritte; i fondi di garanzia dei depositanti, che – oltre a tenere indenni da perdite i depositanti in caso di risoluzione o liquidazione della banca – possono e, aggiungo, dovrebbero avere un ruolo determinante nel prevenire le crisi.
In Italia la funzione preventiva dei fondi di garanzia dei depositanti è stata la linea portante della soluzione delle crisi bancarie dall’approvazione della legge bancaria, nel 1936, a oggi. L’intervento preventivo condotto con queste modalità ha consentito la continuità aziendale, protetto il risparmio, tutelato le funzioni essenziali delle banche; esso ha realizzato, in sintesi, i medesimi obiettivi che sono ora alla base della normativa europea. Lo ha fatto senza che i risparmiatori italiani perdessero una lira o un euro in relazione a crisi, anche gravi, di singoli intermediari.
Come ho già detto, questa modalità di intervento era stata attentamente considerata e definita nei dettagli dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD) per gestire il dissesto delle quattro banche poi oggetto di risoluzione. La sua attuazione non è stata però possibile in quanto l’intervento del FITD è stato considerato dagli uffici della Commissione Europea come un aiuto di Stato, assimilando l’utilizzo del Fondo a quello di risorse pubbliche.
Come ho osservato, non condividiamo questo assunto. In Italia i sistemi di garanzia sono soggetti privati; i loro interventi alternativi al rimborso dei depositanti sono deliberati autonomamente e finanziati con risorse anch’esse private. L’assunto è inoltre in contrasto con la direttiva sui sistemi di garanzia dei depositi, che prevede e disciplina questi interventi. Assimilarli ad aiuti di Stato significa, di fatto, impedire che essi possano essere effettuati, come è invece previsto dalla normativa europea vigente e come è auspicabile in un’ottica di complessivo coordinamento tra le disposizioni sulla concorrenza e quelle sulla gestione delle crisi.”
Questa ottima testimonianza tecnica dimostra ampiamente che la Banca D’Italia è ormai solo una Filiale di un sistema con sede all’estero, un sistema che risponde agli interessi della finanza speculativa mondiale, in sostanza si è permesso a DRACULA di prendere la gestione monopolistica dell’AVIS!
In tutto questo la testimonianza sopra esposta rivela l’eccellente livello di conoscenza presente nell’istituto, che però, con le nuove norme che negli ultimi 2 decenni si sono sovrapposte, ha perso reale potere di prevenzione e indirizzo del sistema bancario, che ricordo essere stato, in passato!! A stragrande maggioranza pubblica, dato che le banche che possedevano le quote banca d’Italia erano tutte pubbliche, quindi la stessa era pubblica!! Era il braccio destro dello stato e come prestatrice di ultima istanza LA SUA GALLINA DALLE UOVA D’ORO con cui è stato costruito il miracolo economico italiano!
Quindi sparare contro la Banca D’Italia vuol dire solo farsi strumentalizzare e fare il gioco di chi la vuole e sta smantellando per concentrare il potere MONETARIO/BANCARIO/FINANZIARIO/ECONOMICO oltre le Alpi. Se non si comprende che il problema non è lo strumento, ma chi lo controlla, non si potrà cambiare la deriva gravitazionale che ci sta facendo precipitare le buco nero del brutale saccheggio del paese ad opera della finanza speculativa internazionale.
Con un bisturi si possono salvare vite o sgozzare bestiame, dipende se il bisturi è in mano ad un capace chirurgo o a un vorace e animalesco macellaio che prepara “deliziosi bocconcini” per l’insaziabile appetito dei “mercati”!
Consiglio vivamente la visione del film “the wolf of wall street” per rendere l’idea di chi sono REALMENTE i nostri NEMICI e rammentate che la storia, VERA, rappresentata nel film è relativa ad un “pesce piccolo” del sistema che da 3 decenni sta devastando l’occidente e il mondo intero, portandolo di nuovo davanti a scenari di guerra mondiale.
La misura è ampiamente colma e chi sa deve smettere di tacere per quieto vivere e unirsi a chi sta combattendo per il benessere collettivo (per salvare anche le terga personali) del paese e indirettamente per dare un futuro UMANO e sostenibile al pianeta.
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