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SI POTREBBE ANDARE TUTTI QUANTI AL TUO FUNERALE

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Edoardo Albinati, bravissimo scrittore italiano (il migliore in assoluto, a parer nostro) ha dichiarato di essersi augurato che morisse uno dei bambini della nave Aquarius per vedere poi come se la cavava Salvini. È  una frase così enorme, una confessione così grevemente ignobile da travalicare persino i limiti dell’umana comprensione. Ovviamente si è scatenata la tempesta mediatica perfetta: i giornali di centrodestra a picchiare duro sull’intellettuale radical-chic, quelli di centrosinistra a difendere l’indifendibile. Tuttavia, entrambe le reazioni ci sembrano non cogliere il bersaglio. Forse perché il bersaglio non è, e non deve essere, Albinati quanto piuttosto il ‘sentiment’ (si dice così, giusto?) che ha indotto l’esimio autore a dire quello che ha detto. Quel sentiment non appartiene solo allo scrittore in questione, ma a ciascuno di noi. È  la cattiveria indomabile che non viene mai fuori perché resta dentro, perché è impresentabile. Oppure esce solo nella canzonette sotto forma di paradosso sarcastico: si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale per vedere l’effetto che fa.

Albinati ha il merito di aver fatto coming out, ma siamo certi che in milioni come lui hanno pensato la stessa cosa, guardandosi bene dal dirla. È  il liquame della nostra più sozza umanità stagnante nei pozzi, non a tenuta stagna, dei nostri pensieri indicibili dove bile, rancore, invidia, gelosia, vendetta si aggrovigliano come serpi nel nido. Nello stesso torbido pesca  la copertina dell’Espresso con la faccia di Salvini e del sindacalista nero ucciso e il ‘geniale’ titolo: ‘Uomini e no’. Ma non solo: di quella melma si nutre la pulsione di quanti vorrebbero Macron impiccato sotto la Tour Eiffel oppure la lava vesuviana sui pendii della Napoli abusiva, oppure l’estinzione di una squadra di calcio in una nuova Superga oppure l’eccidio dei suoi tifosi in un Heisel di ritorno. Oppure, oppure, oppure.

Ecco, Albinati ha dato voce a questo genere di cose, cose molto brutte, sporche anche, sinistramente cattive. Le pensa veramente, lui? L’intellettuale che ha scritto un capolavoro assoluto come ‘La scuola cattolica’ certamente no, ma una certa  opaca sfumatura della sua personalità (la stessa  albergante in ciascuno di noi), magari si. Dunque, vedete, il tema non sono Albinati e le sue memorie dal sottosuolo – non più di quanto lo siano quelle di chi ora scrive o di chi ora legge – quanto il fatto che il problema immigrazione sia trattato, anche dalle menti più acute, con la pancia anziché con il cervello. Per un’intera schiera di belle teste – tutte quelle, per così dire, ‘di sinistra’ a voler usare per ragioni schematiche un frusto cliché – il tema migranti va affrontato in un sol modo: secondo il modello ‘buon samaritano’ che sottende un sillogismo da scimpanzé: i poveri cristi han bisogno di aiuto, ergo aiutiamoli.

Se poi qualcuno, in questo caso il Ministro dell’interno, osa allargare la cornice del quadro e assumere decisioni severe, ma intimamente giuste (molto più giuste dell’accoglienza a tutti e a prescindere), allora egli diventa il Ministro dell’Inferno, un emissario delle tenebre. E scatta la levata di scudi decerebrata: che le disgrazie del cielo si abbattano su di lui. Anche a costo di sacrificare un bambino, come fece Agamennone con Ifigenia prima di partire per Troia? Anche. Se tragedia deve essere, allora lo sia fino in fondo. E tutto il resto resta sullo sfondo come un inconferente dettaglio troppo secondario per essere preso in seria considerazione dalla nostra primaria intellighenzia. Confessiamo che ci piacerebbe, un giorno, assistere alla morte di un certo modo puerile, conformista e impulsivo di accostare i grandi problemi del mondo. Ma poi basta leggere un editoriale di Saviano per capire quanto quel giorno sia lontano.

Francesco Carraro

www.francescocarraro.com


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