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Russia: il petrolio si avvicina al limite del “Price Cap”. Che succederà ai prezzi dell’energia?

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Come riporta Bloomberg, in un momento in cui le esportazioni di petrolio russo stanno finalmente iniziando a diminuire, il prezzo del petrolio russo in uno dei suoi porti occidentali è il più vicino al tetto di prezzo, il Price Cap, fissato dal Gruppo dei Sette Paesi da quando le misure sono entrate in vigore alla fine dello scorso anno.

Il greggio Urals nel porto di Novorossiysk, nel Mar Nero, è salito martedì a 59,98 dollari, secondo i dati di Argus Media (le valutazioni dell’agenzia di prezzi sono importanti per determinare i futuri massimali). I dati di Argus sono fondamentali per la determinazione del price cap. Anche l’Urals nel porto di Primorsk sul Mar Baltico ha guadagnato, salendo a 59,38 dollari, secondo i dati di Argus.

La ragione principale dell’aumento del prezzo – e della diminuzione delle esportazioni russe via mare – è stata la significativa riduzione delle spedizioni dai porti occidentali della Russia. A quantità inferiori corrispondono prezzi più alti anche per l’incidenza dei costi strutturali.

Dall’entrata in vigore delle sanzioni, il petrolio russo è stato ampiamente scambiato al di sopra del limite di prezzo – che impedisce l’accesso ai servizi occidentali, tra cui le assicurazioni – ma i prezzi in Occidente, che servono i mercati non asiatici, non hanno ancora raggiunto tale livello, secondo i dati Argus. Ciò riflette in parte l’enorme divario tra il prezzo nei porti di carico e quello di consegna, che va quasi tutto agli intermediari.

I funzionari statunitensi hanno a lungo sostenuto che il tetto massimo di prezzo serve a dare agli acquirenti un’influenza e a garantire che, se la Russia non può trasportare i propri barili, non ci sia un conseguente shock dell’offerta di petrolio. Ma un superamento dei 60 dollari per l’Urals suggerirebbe comunque che la capacità della Russia di farsi consegnare i barili in modo indipendente sta crescendo.

Se il prezzo del petrolio dovesse continuare a salire, e con il Brent che ha ormai superato gli 80 dollari e si sta avvicinando ai massimi storici, con i tagli all’offerta dell’OPEC+ che finalmente iniziano ad avere effetto…

… una grossa fetta di petrolio russo, che prima era disponibile per l’acquisto da parte delle nazioni occidentali, sta per diventare non più disponibile, portando a un altro violento riprezzamento dei mercati energetici globali e a un’impennata dei prezzi, che arriva nel momento peggiore possibile: proprio quando il mercato è convinto che la Fed stia facendo delle escursioni. Solo che, ancora qualche settimana di petrolio sopra gli 80 dollari e l’inflazione globale tornerà in poco tempo sopra il 5%.

 

Se il principale prodotto d’esportazione russo superasse la soglia dei 60 dollar allora  Mosca potrebbe rivendicare una sorta di vittoria, dimostrando che la Russia è in grado di far arrivare i suoi barili agli acquirenti di tutto il mondo senza l’aiuto delle aziende occidentali. Il limite di prezzo consente al petrolio russo di essere trasportato con navi e assicurazioni occidentali solo se il prezzo è inferiore alla soglia.

Ma da quando le sanzioni sono aumentate l’anno scorso è emersa una vasta flotta ombra di petroliere (per lo più indiane e greche) che aiutano a trasportare il petrolio della nazione e ad aggirare il limite. Tuttavia, in un potenziale colpo di scena, ieri Bloomberg ha riferito che la flotta di petroliere spuntata dal nulla per far circolare il petrolio russo si è sciolta ancora più velocemente di quanto sia emersa:

La “flotta ombra” di petroliere, creata per garantire il trasporto del petrolio russo, si è ridotta di dieci volte.

La Gatik Ship Management, con sede a Mumbai, gestisce ora una flotta di sole quattro petroliere, secondo Equasis, un database marittimo internazionale creato per promuovere la sicurezza dei trasporti. Ad aprile ne aveva 42, la maggior parte delle quali accumulate in meno di un anno. Ne abbiamo parlato qualche giorno fa

Probabilmente la flotta ombra è scomparsa proprio perché i prezzi bassi l’hanno resa meno attraente. Inoltre i paesi occidentali, progressivamente, hanno sanzionato le istituzioni finanziarie che avevano a che fare con questa flotta, rendendone l’operatività più complicata.

Ora però sorge un problema: senza il petrolio russo sul mercato il prezzo del petrolio aumenterà, dando una fiammata inflazionistica non secondaria. Per i Paesi Europei, quelli più esposti, è peggio acquistare il petrolio russo, riconoscendo una sconfitta politica, o affrontare una nuova ondata stagflazionistica, con danni economici  e sociali ampissimi? Nessuna di queste alternative è accettabile…


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