Seguici su

Crisi

RIPRESA? GLI 8 BAZOOKA SPUNTATI PER IL PIL! (di Antonio Maria Rinaldi)

Pubblicato

il

 DROGA/PROSTITUZIONE/CONTRABBANDO, SVALUTAZIONE EURO, QE, EXPO’, TFR, SPENDING REVIEW, ANNO SANTO E RIFORME: GLI 8 BAZOOKA SPUNTATI PER IL PIL!

(di Antonio M. Rinaldi)

 gpg02 - Copy (411) - Copy - Copy - Copy - Copy

 

Anche gli ottimisti cronici più incalliti, ormai definitivamente scalzati da coloro che per professione supportano per partito preso le ricette economiche europee e di conseguenza quelle nostrane, iniziano fortemente a pensare che fra Bruxelles, Francoforte e Roma ci siano solo funamboli “venditori di fumo” a tirar le fila dell’economia.

 

Analizziamo pertanto se le ultime frecce a disposizione dell’arco per centrare la tanto decantata ripresa avranno o meno efficacia traducendosi in un effettivo incremento del PIL, oppure si riveleranno essere i soliti colpi di cerbottana destinati ad esaurirsi nel breve termine, assolutamente insufficienti a contrastare le politiche deflazionistiche imposte dai vincoli europei che hanno gettato le economie del Continente europeo (in primis quella italiana) in conclamata recessione.

 

1) Iniziamo con ESA10 (European System of Accounts), cioè l’insieme delle norme riviste nell’ottobre 2014 per la determinazione e concertazione delle regole di contabilizzazione delle amministrazioni dei paesi membri sia a livello centrale che periferico, che ha sostituito il precedente schema ESA95.

I burocrati europei hanno voluto rimodulare il peso delle attività illegali, quali i traffici di sostanze stupefacenti, prostituzione e contrabbando che già erano inserite per convenzione nella determinazione del cosiddetto “sommerso”, ma con percentuali inferiori, per la computazione del PIL con la speranza di dare un “aiutino” ai governi alle prese con problemi di crescita. Ebbene, aldilà degli aspetti morali in relazione al settore “merceologico” di tali attività, l’effetto di aumentare il PIL virtualmente, praticamente per “regolamento”, si esaurisce nello spazio temporale di in un solo anno (a meno che tali settori replichino le performance d’entrata anche nei prossimi esercizi) e come effetto collaterale immediato non c’è poi pari aumento percentuale effettivo del gettito fiscale, ma addirittura paradossalmente un calo della percentuale statistica in quanto le solite attività lecite le tasse continueranno a pagarle profumatamente sempre di più.

Pertanto a conti fatti il nuovo calcolo del PIL peserà positivamente per l’Italia di un 0,4/0,5% nel 2014, azzerando nella realtà le previsioni di crescita accreditate della stessa percentuale.

 

2)La “svalutazione” dell’euro a cui noi abbiamo assistito specialmente contro il dollaro nei confronti del quale ha raggiunto negli ultimi 6 mesi un buon 25%, a giudizio del governo può rappresentare uno stimolo determinante al PIL grazie alle esportazioni ritornate competitive, avrà nella pratica però effetti limitati al comparto delle aziende esportatrici in quanto lo stesso euro è la valuta adottata anche dagli altri paesi europei che si avvantaggiano della stessa percentuale di svalutazione (Germania compresa!) di cui ci avvaliamo anche noi e pertanto non modificando di una virgola la convenienza o meno agli scambi intra-UE pari al 54% del totale.

Premesso che non si riesce a capire come la svalutazione dell’euro del 25% sia ora vista da politici, economisti e giornalisti come una manna dal cielo, mentre quando si ipotizza lo stesso scenario riferendosi alla ritrovata lira, invece la si dipinga sempre dagli stessi come una disgrazia: il vero vantaggio pieno ci sarebbe se fossimo solo noi rispetto a tutto il resto del mondo (Germania compresa!) ad avvalerci dello strumento della svalutazione.

Su questi concetti bisognerebbe chiedere all’on.le Paola De Micheli, neosegretario all’Economia, avendo più volte ha affermato pubblicamente che con la svalutazione della nuova lira si avrebbe avuto una pari diminuzione percentuale del PIL, se questa eventualità si ripeterà anche ora con l’euro! (della serie se capiscono qualcosa non li vogliamo)

 

3) Il Quantitative Easing dalla BCE è stato “formalmente” fatto passare all’opinione pubblica come una operazione per poter trasferire ai paesi europei una straordinaria liquidità affinché affluisse all’economia reale, mentre invece gli effetti certi che produrrà saranno quelli di fornire risorse al sistema finanziario europeo per assicurare un “paracadute” adeguato al rientro delle precedenti operazioni LTRO in scadenza, lanciate nel dicembre del 2011 e febbraio 2012.

Guarda caso i 60Mld di euro mensili previsti fino al settembre 2016, coincidono esattamente con le due trance in scadenza di finanziamento lanciate da Draghi per farsi surrogare dalle sue non funzioni di prestatrice di ultima istanza dal sistema bancario e finanziario e pertanto si può star certi che all’economia reale dell’eurozona difficilmente arriveranno se non le briciole.

E poi che bisogno c’era d’immettere questa liquidità così massiccia a sostegno dei titoli pubblici dei paesi eurodotati se i tassi d’interesse attualmente sono ai minimi storici dai tempi dell’età della pietra? Quando mai in Europa si sono visti più del 6% di tutti i titoli emessi esprimere tassi negativi se non in Svizzera nel periodo bellico per motivazioni tragicamente ben diverse? Quale logica dietro il QE che amplifica la possibilità della Germania di potersi finanziare a tassi negativi, mentre dall’altro lascia fuori completamente un paese in agonia come la Grecia a tassi superiori al 10%?

Il problema che si ostinano a non prendere in considerazione a Francoforte gli inquilini dell’Eurotower per non far troppo indisporre i falchi tedeschi, sacerdoti inflessibili dell’ortodossia economica su cui si fonda l’aggregazione monetaria, è nel non attivarsi veramente nel rimuovere i problemi connessi alla mancanza di garanzie.

L’assenza di copertura è il principale ostacolo che impedisce che l’enorme mole di liquidità già esistente affluisca effettivamente nella disponibilità delle aziende e delle famiglie.

Il comparto creditizio nel suo insieme non considera sufficientemente adeguate le garanzie fornite e in mancanza le banche non si fidano più di prestare il denaro!

Se poi aggiungiamo che l’Italia è l’unico paese europeo a non essere dotato di una Banca a capitale pubblico ma solo privato, che potrebbe sopperire a questa vitale esigenza come succede ad esempio in Germania. Come afferma il noto economista tedesco Markus Demary: “In Germania le banche cooperative e le casse di risparmio (che sono direttamente gestite dai Landers) non sono mai state trasformate in Spa e soprattutto nessuno pensa di farlo, sono troppo importanti per l’economia del paese e infatti la maggior parte del credito viene erogato passa di li”.

 

4)Per quanto tutti i componenti del governo Renzi non manchino in ogni occasione nel ribadire come l’EXPO’ 2015 sarà strumento e volano eccezionale per l’economia, va puntualizzato che gli eventuali effetti positivi per il PIL già si sono in gran parte “spalmaticon la realizzazione delle opere negli ultimi due anni e che, ad evento iniziato, ci si dovrà affidare ai potenziali, ma non certi o scontati, “effetti relazionali” con i paesi partecipanti.

Se le stesse risorse fossero state impiegate per organizzare un efficiente Agenzia per il Commercio estero, sulla falsa riga tutti degli altri partners europei che se avvalgono da sempre, finalizzata alla promozione delle imprese italiane nel mondo fornendo assistenza a tutti i livelli, sicuramente avremmo avuto una ricaduta consolidata nel tempo di gran lunga superiore. Per ora di una cosa siamo certi: a distanza di un mese e mezzo dall’apertura, l’unica cosa ad aumentare a Milano e dintorni sono stati i prezzi degli alberghi e dei servizi collegati all’evento!

 

5)La recente possibilità data al lavoratore di poter utilizzare il proprio TFR maturato senza dover aspettare la risoluzione del rapporto di lavoro, appare solo come una operazione di vetrina in quanto nella pratica è solo un espediente per far affluire maggior gettito fiscale nelle casse dello Stato che effettivi benefici per il rilancio dei consumi.

Facoltà che ben pochi utilizzeranno, non per altro per la penalizzante fiscalità ordinaria prevista rispetto al regime separato di fine rapporto e che se adottato da molti provocherà inevitabili problemi di liquidità alle aziende che saranno costrette a ricorrere ad alternative forme di finanziamento, visto che il TFR è una delle forme classiche di autofinanziamento (anche a basso costo!) di cui sia avvale una impresa.

 

6)La spending review, recentemente rilanciata dal governo affidando l’onere di sostituire il “decotto” Cottarelli a uno dei referenti economici più ascoltati da Renzi, il deputato del partito democratico Itzhak Yoram Gutgeld, ha negli anni dimostrato inequivocabilmente come sia stato esclusivamente utilizzato solo come un mezzo per aumentare la tassazione.

Spieghiamoci meglio: la traduzione letterale dall’inglese significa “revisione della spesa” e non “taglio della spesa”, come invece ci è stato fatto credere, e le azioni fino ad ora intraprese sono state pertanto quelle di effettuare non certo “revisioni”, cioè riallocare risorse a favore di dove più ne necessità eliminando gli sprechi, ma solamente procedendo a “tagli” specialmente nel sociale che come effetto pratico hanno costretto i cittadini a compensare la diminuzione delle prestazioni e servizi dando fondo alle proprie disponibilità, il che equivale a una sorta di “tassazione occulta”.

A prova di ciò basta interpellare i dati AMECO (Annual Macro-Economic database della Commissione Europea) per potersi convincere che la spesa primaria italiana rapportata al PIL E’ BEN AL DI SOTTO DELLA MEDIA EUROPEA e di paesi ad iniziare alla Francia, Finlandia, Austria, Belgio, Media EZ12, Media EZ27, Germania, Olanda!

Quindi non genericamente tagliare, ma eliminare gli sprechi ridistribuendo nei settori dove necessitano più risorse.

Invece lo spirito e le indicazioni degli ultimi governi è stato quello di tagliare con criteri orizzontali con il duplice effetto negativo di inibire alla spesa pubblica la sua insostituibile e determinante funzione di moltiplicatore del reddito e, come spiegato sopra, diminuire le risorse a disposizione dei cittadini perché costretti a pagarsi i servizi per le prestazioni diminuite.

 

7) L’Anno Santo potrebbe rivelarsi, almeno sulla carta, un ottimo “business”, capace di dare il suo contributo alla ripresa economica del Paese, ma l’improvviso annuncio del Pontefice di effettuarlo a brevissimo potrebbe annullare completamente ogni potenziale vantaggio.

Affinché un evento del genere possa dare giovamento, non solo all’economia regionale più direttamente interessata ma anche a quella nazionale, sarebbe dovuta essere pianificata con un anticipo di almeno due/tre anni, mentre il prossimo 8 dicembre prevista come data ufficiale d’inizio delle celebrazioni, è assolutamente troppo vicina per assicurarsi una adeguata ricaduta economica.

Inoltre è ormai consolidata la consuetudine che il cosiddetto “turismo religioso” si avvalga di meccanismi autonomi con scarsissima ridistribuzione delle risorse, in quanto i pellegrini che si recano a Roma per partecipare alle celebrazioni sono molto poco propensi ad effettuare spese in loco.

Ne sanno qualcosa i commercianti romani che dal precedente Giubileo del 2000 ne hanno tratto ben pochi benefici, con eserciti di fedeli con la colazione al sacco preparata dall’Istituto religioso in cui avevano pernottato al massimo 2 giorni con la formula del “tutto compreso” e arrivati con i pulmann.

Si concentrerà pertanto in vantaggi per gli operatori turistici (solo quelli specializzati in questo specifico settore) e in quello dell’accoglienza (ad esclusivo appannaggio degli istituti religiosi già riconvertiti e attrezzati nel 2000 e non certo alle tradizionali strutture alberghiere).

Non sono previste poi la costruzione di particolari opere o strutture per l’ottimizzazione dell’evento, visto che già diversi secoli fa ci hanno pensato magnificamente personaggi del calibro di Michelangelo, Bramante, Maderno, Raffaello, Bernini ecc. e pertanto non ci sarà nessun “effetto leva” che in genere si attiva quando si mette in moto la filiera delle costruzioni.

 

8)Ed ora le riforme: se qualcuno pensa che sia l’ideale mettere in atto riforme in periodo di manifesta e duratura crisi economica, si sbaglia di grosso.

Qualsiasi riforma, ad iniziare da quella del lavoro, ha degli enormi costi in termini non solo economici ma anche e soprattutto sociali e che non contribuiscono ad aumentare nessuna percentuale di PIL.

Quanti ragionevolmente credono che le norme inserite nel jobs act incentivino l’occupazione?

Il tessuto industriale italiano, per il 90% composto dalla micro industria, di artigiani, piccola imprenditoria, di commercianti, inizierà di nuovo ad assumere personale solo ed esclusivamente in presenza di aumento dei consumi interni e non certo per una legislazione che consente maggiore flessibilità del lavoro!!!

Ma ormai è di dominio pubblico che le “riforme”, ad iniziare proprio da quelle del lavoro, per proseguire a quelle di modifica della Costituzione, sono funzionali all’adeguamento del modello europeo che necessita dello strumento della “svalutazione interna”, cioè dei salari, e dell’abbassamento delle garanzie costituzionali per poter rendere esecutivi i suoi disegni di espropriazione dei più elementari principi della democrazia a danno della collettività e a sempre più appannaggio di interessi di parte.

 

Quanto allora si avvantaggerà il PIL dell’Italia dopo l’analisi di tutti questi favorevoli eventi? Gran parte di questi sono poi da considerarsi straordinari e non strutturali e quindi non idonei a replicare negli esercizi successivi gli stessi effetti che si esauriranno ben presto e che le previsioni ottimistiche, sfornate sistematicamente dalla stampa di regime su dati addomesticati delle istituzioni europee e nazionali, rientrano nelle classiche tecniche di propaganda e puntualmente smentite poi dai fatti, rimangono ormai l’unica risorsa che non conosce crisi!

 

Il PIL non è mai aumentato a forza di dichiarazioni o con titoli in prima pagina né tantomeno per “decreto” come invece è divenuta consuetudine in quest’Italia in ginocchio, ma promuovendo e stimolando i consumi interni con politiche economiche espansive dove lo Stato svolge un ruolo propulsivo insostituibile, ma che in questa gabbia monetaria non può perseguire e non sono neanche sufficienti tutti gli stimoli monetari possibili ed immaginabili messi in atto da una Banca Centrale che non è una Banca Centrale, ma solo la guardiana-garante della stabilità dei prezzi, cioè dell’inflazione.

Per poter cogliere in pieno le opportunità di crescita è necessario utilizzare tutti gli strumenti di cui si può avvalere uno Stato a piena Sovranità e non perseguendo vincoli esterni di bilancio concepiti per la tutela di pochi a scapito di molti.

 

Antonio Maria Rinaldi

 


Telegram
Grazie al nostro canale Telegram potete rimanere aggiornati sulla pubblicazione di nuovi articoli di Scenari Economici.

⇒ Iscrivetevi subito