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Riforma Nordio: rivoluzione giustizia, basta appelli PM su assoluzioni?

Scopri la riforma Nordio: stop all’appello del PM dopo l’assoluzione in primo grado. Più dignità ai giudizi e tempi rapidi per una giustizia equa.

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Il ministro della Giustizia Carlo Nordio sta promuovendo una riforma significativa del sistema giudiziario italiano, proponendo labolizione del diritto del pubblico ministero di ricorrere in appello contro le sentenze di assoluzione in primo grado. Questa audace iniziativa mira ad allineare l’Italia a quelli che egli definisce “paesi civili” e a ripristinare i principi fondamentali della giustizia.

Uno dei principali vantaggi di questa proposta è il rafforzamento della dignità dei giudizi di primo grado.

Attualmente, l’assoluzione è spesso percepita come una misura provvisoria o intermedia, una semplice “bozza” che può essere riscritta attraverso successivi ricorsi. Eliminando la possibilità per il pubblico ministero di ricorrere in appello contro un’assoluzione, il verdetto iniziale acquisirebbe valore pieno e definitivo, garantendo che una sentenza di non colpevolezza sia davvero definitiva. Questa riforma mira a ristabilire un equilibrio fondamentale delle garanzie all’interno del sistema giuridico.

Inoltre, la proposta sostiene con forza il principio del “dubbio ragionevole”. Nordio si chiede come sia possibile giungere a una condanna “al di là di ogni ragionevole dubbio” in un tribunale di grado superiore quando un giudice di primo grado ha già nutrito dei dubbi e ha emesso un’assoluzione, talvolta anche più volte. Ciò evidenzia un’incongruenza logica nell’attuale sistema, in cui un’assoluzione non significa necessariamente la fine del processo per l’imputato. Nei sistemi di common law, questo principio è sacro: se c’è dubbio, c’è assoluzione, e tale assoluzione non può essere impugnata.

La riforma dovrebbe anche portare a un minor numero di rinvii a giudizio senza prove sufficienti e a un notevole risparmio di tempo nel processo giudiziario. Se i pubblici ministeri sapessero che un’assoluzione in primo grado non può essere impugnata da loro, sarebbero probabilmente più scrupolosi nel perseguire i casi, assicurandosi prove più solide prima di avviare il procedimento. Ciò ridurrebbe il numero di processi prolungati basati su accuse speculative, limitando ciò che alcuni potrebbero percepire come “rischi di persecuzione”. Il professor Alfonso Celotto, professore ordinario di diritto costituzionale, sostiene questa tesi, affermando che l’eliminazione dei ricorsi in caso di assoluzione, combinata con una politica deflazionistica, potrebbe rendere i tempi della giustizia “più umani” e affrontare il problema dei processi che “durano ancora troppo a lungo”.

La modifica proposta allinea l’Italia a vari sistemi giuridici internazionali. Ad esempio, negli Stati Uniti, la “clausola del doppio giudizio” impedisce che una persona sia perseguita due volte per lo stesso reato dopo un’assoluzione. Principi simili esistono nel Regno Unito, in Australia e in Nuova Zelanda, con eccezioni specifiche per irregolarità procedurali, nuove prove o frode. Adottando questa misura, l’Italia adotterebbe una protezione più solida della presunzione di innocenza e ridurrebbe il rischio di battaglie legali infinite, come dimostrano casi come quello di Garlasco, in cui un individuo è stato assolto due volte prima di essere definitivamente condannato. Sarebbe utile anche per il pavoro del Pubblico Ministero, che andrebbe in giudizio solo se con prove solide, evitando procedimenti che poi si prolungano per anni impedendogli d’indagare su nuovi casi.

In sostanza, la proposta del ministro Nordio rappresenta un passo avanti verso un sistema giudiziario più efficiente, equo e deciso, che rafforza il carattere definitivo delle assoluzioni e dà priorità al principio del ragionevole dubbio. Una riforma intelligente, quindi sarà molto difficile da far applicare in Italia e incontrerà sicuramente l’opposizione della magistratura.


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