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Energia

Rifiuti nucleari: la Francia cerca una soluzione fra riciclo e reattori veloci

La Francia ha deciso di investire nel rinnovo dell’impianto di riciclaggio dei rifiuti dei reattori di La Hague, ma si tratta di una soluzine solo parzziale. La vera risposta sarebbe il reattore veloce. Ci sarà il coraggio di questa scelta?

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Piscina nucleare
Piscina nucleare

Pochi giorni fa, il Governo francese ha annunciato l’intenzione di investire massicciamente nell’altro settore della rinascita nucleare: rinnovare l’infrastruttura per lo stoccaggio e il riciclaggio del combustibile esaurito dopo il suo utilizzo iniziale nelle centrali elettriche.

Ma una domanda rimane senza risposta: il Governo francese continuerà semplicemente con la strategia attuale, o lancerà un vasto progetto di economia circolare nel settore nucleare? Perché diversi attori del settore chiedono lo sviluppo di reattori a neutroni veloci, che permetterebbero di fare a meno dell’uranio naturale grazie al riciclo quasi infinito dei materiali.

La Francia si impegnerà a riciclare una quantità maggiore di combustibile nucleare, che attualmente viene stoccato in superficie dopo essere stato utilizzato nelle centrali elettriche? In occasione del terzo Consiglio di Politica Nucleare organizzato dall’Eliseo lunedì 26 febbraio, il Governo ha approvato il proseguimento del ritrattamento di alcuni materiali usati, anche per i futuri EPR (acqua pressurizzata) previsti dal 2035. Ma rimane una domanda chiave: fino a che punto vuole spingersi? In altre parole, l’esecutivo si accontenterà di continuare con l’attuale strategia di ‘monoriciclaggio’, o lancerà un vasto progetto di economia circolare nel settore dell’energia atomica?

Attualmente, solo una piccola parte di questi materiali, irradiati per 12-18 mesi nelle centrali elettriche, viene riutilizzata. Tuttavia, per evitare la dipendenza dall’uranio naturale e ridurre il volume dei rifiuti finali da seppellire, una parte del settore chiede di fare di più. E sta proponendo una soluzione che è stata abbandonata nel 2019: la costruzione di reattori a “neutroni veloci” , già in sviluppo in diversi paesi e molto diversi dai reattori ad acqua pressurizzata utilizzati da EDF.

Il principio è quello di utilizzare neutroni non rallentati da un moderatore (come l’acqua, nel caso delle centrali elettriche convenzionali), al fine di mantenere la reazione a catena della fissione il più a lungo possibile. Ciò consentirebbe di estrarre da 60 a 70 volte più energia dalla stessa quantità di uranio naturale e, allo stesso tempo, di utilizzare la minor quantità possibile di materie prime provenienti dalle miniere. In altre parole, “chiudere il ciclo”.

L’impianto di riciclaggio di La Hague

Il monoriciclaggio attuale

L’impianto attuale di riciclo del combustibile nucleare in realtà non riesce a chiudere il cliclo ma, pure essendo costoso e impiengando tempi lunghissimi per il proprio rinnovo, garantisce un riutilizzo parziale e solo una tantum dell’uranio esausto proveniente dalle centrali nucleari.

In termini pratici, questo impianto servirà a raccogliere il combustibile dopo il suo utilizzo iniziale, in piscine di raffreddamento, e poi a riciclarne una parte. Questi combustibili contengono circa il 96% di materiali energetici (95% di uranio e 1% di plutonio) inquinati dal 4% di attinidi e prodotti altamente pericolosi che non possono essere riutilizzati. Oltre a questi rifiuti, che vengono vetrificati e devono essere interrati, a La Hague vengono estratti due materiali: il plutonio, una sostanza altamente radioattiva, e l’uranio riprocessato.

Il primo viene recuperato per produrre un combustibile noto come Mox (ossido misto), che verrà ‘bruciato’ nuovamente (e per l’ultima volta) in alcuni reattori per produrre elettricità. Potenzialmente il plutonio potrebbe essere utilizzato nelle testate nucleari.  Per quanto riguarda il secondo, può essere riarricchito per alimentare nuovamente i reattori. Questo è accaduto pochi giorni fa nella centrale di Cruas, che a metà febbraio è stata caricata con combustibile realizzato con uranio arricchito riciclato (ERU) proveniente dalla Russia.

Chiamato “monoriciclaggio”, questo metodo è più circolare di quello a “ciclo aperto” utilizzato negli Stati Uniti. Negli Stati Uniti, l’economia lineare significa che tutto il combustibile esaurito scaricato dai reattori è considerato un rifiuto e sarà immagazzinato senza essere riutilizzato. “Se dovessimo seguire lo stesso percorso in Francia, la quantità di rifiuti finali triplicherebbe e dovremmo rivedere l’intero progetto del futuro sito di interramento previsto tra Haute-Marne e Meuse”, osserva Tristan Kamin, ingegnere della sicurezza nucleare.
Sempre più plutonio in deposito. Però non è un processo conclusivo e comunque lascia una certa, non indifferente , quantità di residui altamente radioattivi e non utilizzabili. Inoltre il plutonio sotto forma di MOX non può essere più riciclato, almento allo stato attuale.

Reattore a neutroni veloci raffreddato al sodio

Multiriciclaggio o SMR a neutroni veloci?

Di conseguenza, l’esecutivo e l’industria stanno valutando la possibilità di un “multiriciclo”: anche i MOX esauriti verrebbero riutilizzati. “Verrebbero inviati nuovamente a un impianto di ritrattamento per estrarre nuovamente il plutonio, in modo da poterli riutilizzare nelle centrali elettriche. È necessario apportare delle modifiche per garantire che il plutonio sia di qualità sufficiente, ma la ricerca ha dimostrato che ciò è fattibile, almeno per la durata di vita di una futura flotta di reattori EPR2, ossia quasi fino alla fine del secolo”, spiega un esperto in materia.

Questa strategia consentirebbe di risparmiare circa il 40% di uranio naturale, secondo la Commissione francese per l’energia atomica e le energie alternative (CEA), rispetto al 20% circa con il monoriciclaggio. Soprattutto, aiuterebbe a limitare la quantità di plutonio in deposito, che è aumentata negli ultimi anni a causa dell’accumulo di Mox.

Il problema è che, comunque, non calerebbe la necessità di uranio per i reattori già funzionanti vecchio tipo quindi, progressivamente, nel tempo continuerebbe l’aumento degli scarti nuclari. Per questo motivo non tutti sono favorevoli a questa soluzione, perché calerebbe in modo marginale l’utilizzo di uranio arricchito d’importazione, lo Yello Cake, mentre la Francia ha migliaia di tonnellate di uranio impoverito.

Per risparmiare davvero le materie prime, l’unica opzione possibile sarebbe quella di chiudere il ciclo utilizzando reattori a neutroni veloci. In termini pratici, questo tipo di macchina potrebbe sfruttare le 330.000 tonnellate di uranio impoverito immagazzinate in Francia, oltre al famoso plutonio. Soprattutto, una tale installazione produrrebbe tanto plutonio quanto ne consuma durante la fissione degli atomi per generare elettricità. Di conseguenza, non ci sarebbe più bisogno di importare uranio naturale per mantenere in funzione la flotta nucleare.

Un’altra (non) decisione presa lunedì dal Consiglio di Politica Nucleare potrebbe fornire un indizio sulle intenzioni del Governo in questo settore. Sebbene il Consiglio dovesse confermare la scelta del sito CEA di Marcoule, nella regione del Gard, come sito per il primo piccolo reattore nucleare (SMR) di EDF, il verdetto è stato rimandato all’autunno. E a ragione: la notizia aveva suscitato opposizione, in quanto questo centro di ricerca era originariamente destinato ad ospitare un prototipo di reattore a neutroni veloci nell’ambito del programma Astrid (interrotto nel 2019 per motivi economici e politici). All’inizio degli anni ’70, Marcoule ospitava anche il prototipo di reattore a neutroni veloci Phénix, che è stato chiuso quindici anni fa.

Lo SMR di EDF non sarebbe che proprio un piccolo reattore ad acqua pressurizzata, NON a neutroni veloci, quindi non risolverebbe il problema, anzi lo ingrandirebbe. Il fatto che non venga dato il via a questo progetto in una località che, iinvece, è dedicata allo sviluppoo dei reattori veloci potrebbe indicare come il governo francese intende almeno valutare la possibilità di giungere ad un ciclo chiuso per il combustibile nucleare.


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