Attualità
RICETTA SAVONA: INVESTIMENTI E DEBITO IRREDIMIBILE, NON IL MES. ALCUNE NOSTRE CONSIDERAZIONI
In un’intervista a La Verità il professor Paolo Savona entra nel merito delle possibili rimedi per k’uscita dalla crisi economica, e dà due consigli che vengono dati, ovviamente “Rebus sic Stantibus”, a bocce ferme ed attuali, senza valutare eventuali variazioni future dello scenario istituzionale internazionale che, ovviamente, sarebbero fuori luogo, vista la sua carica.
Le soluzioni che il professore propone sono, in fondo, semplici nella forma, anche se un po’ complesse nella realizzazione:
- titoli irredimibili con un rendimento annuo del 2%;
- investimento in aziende italiane di piccole / medie dimensioni che competono sul mercato internazionale.
Il primo punto è collegato agli obiettivi di inflazione della BCE: questa si impegna ad un obiettivo di inflazione del 2% che però non viene raggiunto da 10 anni. Un titolo del genere avrebbe un rendimento del 2,6% superiore a quello dei titoli di stato tedesco, quindi un ottimo rendimento considerando anche che la non rimborsabilità, in pratica, non cambierebbe molto per un investitore: i titoli del debito pubblico sono emessi e rinnovati regolarmente e regolarmente rinnovati. alla fine, cosa cambierebbe per il risparmiatore che, fra l’altro avrebbe indietro il proprio capitale investito in 35 anni? Nulla! Cambierebbe moltissimo per lo stato che, invece, non contabilizzerebbe i titoli irredimibile all’interno del rapporto debito/PIL, quindi permetterebbero un riavvicinamento ai parametri di Maastricht. Al contrario ogni debito, anche a lungo temine, come i centennali, dovrebbe essere contabilizzato nel debito e quindi all’interno dei rapporti debito/PIL. Questo comprende anche gli eventuali prestiti del MES, che sono sempre prestiti, quindi comunque conteggiati nel debito, ed eventuali fondi in prestito dal SURE o dal Recovery Fund. Unic parte che non farebbe parte del debito sarebbero i fondi del Recovery Fund conteggiati come “Grant”, ma sappiamo che questi comunque sarebbero pagati dalle tasse dei cittadini.
Poniamo alcune semplici osservazioni che potrebbero completare la visione ed i consigli di Paolo Savona, anche in un’ottica dinamica di evoluzione futura della situazione europea.
Iniziamo dai titoli irredimibili. ora dato che sono irredimibili, per renderli più appetibili, perchè on aggiungere qualche vantaggio? Il primo confermare l’attuale previsione di legge che prevede come i titoli di stato siano completamente esenti da imposta di successione, ed integrarlo con una previsione di esenzione da prelievo alla fonte del 12,5%. Avremmo quindi un rendimento pulito e netto, quindi più interessante. Un secondo possibile vantaggio sarebbe integrare la possibilità di trasferire da persona a persona i titoli, anche con un sistema elettronico tracciabile, ma comunque personale, senza necessità di “Fissati bollati” o di intermediari finanziari. Se a questo unissimo un taglio unitario limitato, ad esempio 100 o 200 euro, avremmo una facilità di trasferimento che ne permetterebbe l’utilizzo, ad esempio, per i regali dai nonni i nipoti o per l’accumulo mensile di risparmi ai fini pensionistici. Sarebbero anche utilizzabili per transazioni relative, ad esempio, ad investimenti .
Se passiamo a considerare la seconda soluzione, quella dell’accesso diretto al mercato dei capitali delle aziende di meida-piccola capitalizzazione con mercati esteri, quest’idea è coerente con una visione molto diffusa sino agli anni ’90 secondo la quale lo sviluppo del settore privato competitivo avrebbe garantito, in modo automatico, la sostenibilità nel lungo temine dello sviluppo del settore pubblico. Questa concezione è stata poi cancellata dalla politica di sopravvivenza giorno per giorno imposta della nascita dell’euro e dall’imposizione dura dei vincoli di Maastricht, che ha impedito qualsiasi aiuto coordinato al settore privato e condannato il suo sviluppo. Si tratterebbe di riprendere una politica industriale, anche per via finanziaria. Però il passaggio da un sistema finanziario bancocentrico, come l’attuale italiano ed europeo, ed uno ercatocentrico, come quello americano, richiederebbe una riforma dei mercati finanziari con la definizione di diversi “Tier” di partecipazione agli investimenti e quindi richieste di obbligazioni di trasparenza per le diverse aziende: un conto sarebbe una società che metttesse sul mercato 100 mila euro del proprio capitale, un contro una che ne richiedesse 100 milioni. Le richieste formali e di controllo, così come le qualifiche degli investitori, dovrebbero essere differenziate a seconda della dimensione dell’investimento e dell’aziende, come avviene negli USA con le transazioni OTC. Questa, per l’Italia, sarebbe una rivoluzione maggiore dei titoli irredimibili.
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