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QUANDO NON BASTA PIU’ L’ECONOMIA PER CONTRASTARE L’EURO (di A. M. Rinaldi)

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Anche se con colpevole ritardo rispetto al resto d’Europa, il dibattito sull’euro ha iniziato a produrre i suoi effetti finalmente anche in Italia. Fino a qualche anno fa la sola velata critica nei confronti della moneta unica era interpretata come una sorta di eresia e pertanto degna esclusivamente di essere tacitata nella migliore delle ipotesi con sorrisetti e frasi di compassione relegando l’interlocutore al ruolo di emarginato.

Il merito senza alcun dubbio è di alcuni “temerari” economisti i quali, non vincolati da nessun condizionamento e armati solo dalla forza delle loro “coscienze” e conoscenze in materia, hanno iniziato a far presente che la costruzione monetaria avrebbe continuato sempre più a condurre verso una deriva di declino tutto l’intero Continente. Proponevano pertanto fosse necessario iniziare a discuterne invece d’ignorare completamente il problema. A fronte di questo sparuto “gruppetto”, si è sempre contrapposto uno “squadrone” di altrettanti economisti che intravedevano invece come l’euro fosse l’unica speranza e mezzo per condurre l’Europa verso obiettivi di crescita e che il ritorno, seppur concordato, alle valute originarie sarebbe stato per le economie nazionali di eurolandia peggiore di tutte le disgrazie ben rappresentate nei racconti Biblici.

Gli argomenti a supporto dagli entrambi schieramenti tuttavia sono sempre rimasti a livello economico-scientifico, con l’intento di dimostrare, numeri, grafici, teorie economiche, dati macroeconomici, formule econometriche alla mano, ognuno la propria tesi.

Cioè a colpi di fioretto, e molte volte di sciabola, si è sempre circoscritta la sostenibilità o meno della costruzione monetaria europea affidandosi solo ed esclusivamente alle regole e teoremi previsti e contemplati dalle discipline economiche ortodosse o eterodosse, ma comunque tralasciando invece sempre altri aspetti che invece sarebbero dovuti essere presi più in considerazione.

Mi riferisco al fatto che qualsiasi argomento portato a supporto o a discredito dell’euro è sempre rimasto, per quanto condivisibile o meno, fine a se stesso senza che il potere politico, e soprattutto le Istituzioni Europee ad iniziare dalla Troika, si smuovessero di un solo millimetro. Quindi perché continuare ad affannarsi tanto visto che neanche titolatissimi economisti vincitori di Premi Nobel sono mai riusciti nel convincere i governi europei e gli eurocrati di Bruxelles. dopo aver ampiamente dimostrato che l’euro è una moneta che non potrà mai funzionare secondo i presupposti iniziali e anzi produrrà sempre più disagi e disastri?

Perché quindi insistere solo con la “via economica”? E’ vero che si è portati a confrontarsi sul proprio campo delle conoscenze, ma continuare su un percorso che sino ad ora non ha prodotto il più che minimo cambiamento, rappresenta ormai solo mero esercizio accademico. Con questo non voglio affermare che l’azione divulgativa da parte dello schieramento degli economisti “critici” non sia stata fino ad ora meritoria almeno al fine di sensibilizzare una opinione pubblica ancora troppo ostaggio della Sindrome di Stoccolma da “sovraesposizione” al pensiero unico dominante, ma se si desidera d’ora in poi veramente proporre iniziative efficaci che portino a risultati concreti è necessario cambiare radicalmente strategia.

Bisogna adottare le stesse armi e metodi che sono stati utilizzati proprio da chi ha concepito e costruito l’architettura monetaria, cioè la “via giuridica”: legare con vincoli e regole per mezzo di Trattati e Regolamenti a cui più o meno inconsapevolmente gli Stati hanno apposto la firma di ratifica! Si tratta quindi di verificare puntualmente in modo certosino non se i vincoli esterni non siano compatibili con le universali leggi dell’economia, perché ciò è già stato ampiamente dimostrato senza tuttavia produrre effetti concreti, ma se queste sono compatibili con il nostro ordinamento giurisdizionale ad iniziare dai principi sanciti dalla Costituzione che garantiscono inalienabilità dei diritti democratici dei cittadini.

Questo è l’unico “grimaldello” attualmente a nostra disposizione per “scardinare” la dittatura economica che si è insediata a Bruxelles e che viene adottata, con motivazioni ben diverse “pro domo sua”, proprio dalla Germania. Infatti i nostri amici tedeschi adottano da tempo il corretto principio di subordinare il diritto comunitario a quello nazionale per ogni interpretazione sulle questioni che provengono dall’Europa, attivando alla bisogna sia la Corte Costituzionale che il Parlamento.

Esattamente al contrario di noi, che invece recepiamo qualsiasi tipo di imposizione adottando il principio opposto di subordinare il diritto nazionale a quello comunitario.

Solo in questo modo riusciremo a riscattarci e a dimostrare con efficacia ciò che non siamo riusciti fino ad ora ad ottenere facendo solo ricorso alle logiche messe a disposizione dall’economia.

Antonio M. Rinaldi


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