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Petrolio: “Togli i maledetti vincoli!”. I produttori di shale oil rispondono a muso duro a Biden. Come in Italia il governo è il problema

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Con il prezzo del petrolio e quello di benzina e gasolio alle stelle l’amministrazione Biden non ha nulla di meglio da fare che dare la colpa di questa situazione ai produttori americani di Shale Oil, petrolio dal scisto, che non aumenterebbero la produzione a sufficienza nonostante i prezzi elevati. Ovviamente il prezzo della benzina alle stelle fa crollare la popolarità di Biden, gli americani non sono fessi come gli europei. Ieri quindi  il consigliere senior per la sicurezza energetica del Dipartimento di Stato americano Amos Hochstein – vedendo la caduta libera degli indici di approvazione della Casa Bianca non ha saputo di meglio che trovare un capo espiatorio per gli errori dell’amministrazione e affermare che le società di scisto che scelgano di non reinvestire enormi profitti in una maggiore crescita della produzione in tempo di guerra è “spaventoso”.

Insomma la crisi energetica, che comunque era presente da prima della guerra, è sempre colpa di qualcuno altro: i petrolieri avidi, Putin, la sfortuna. Eppure è stato proprio Biden a fermare una serie di infrastrutture necessarie, come l’oleodotto m Keystone XL e a imporre forti limiti all’estrazione

Indirettamente i produttori di Shale Oil hanno risposto all’amministrazione.  “Il fatto è che il mercato è sottofornito da mesi ormai e Biden ha contribuito notevolmente a ciò con i suoi sforzi per ostacolare l’industria petrolifera statunitense. È la verità.”  ha affermato David Blackmon, editore di SHALE Magazine

Shubham Garg, fondatore e CEO di White Tundra Investments, ha dichiarato a The Epoch Times: “Il rischio geopolitico e la paura del mercato giocano un ruolo. Tuttavia, penso che il problema più grande sia un problema fondamentale: eravamo già in un mercato sottofornito con scorte molto basse“.

La produzione interna americana e la produzione canadese sono state prese di mira ingiustamente”.

Karr Ingham, un economista petrolifero della Texas Alliance of Energy Producers (TAEP), ha dichiarato a The Epoch Times che la ripresa lenta della produzione è legata proprio all’atteggiamento ostile dell’amministrazione e non alla Russia “La domanda è: perché non stavamo aumentando la produzione sulla scia di questo molto più velocemente di quanto non possiano?” chiese Ingham. “Penso che sia abbastanza sicuro affermare che l’ambiente politico, legislativo e normativo è apertamente ostile, o lo è stato, alla crescita o al ripristino della produzione nazionale di petrolio greggio degli Stati Uniti. È abbastanza falso incolpare semplicemente i nostri attuali livelli di prezzo su ciò che ha fatto la Russia, perché avevamo una base di prezzo del greggio di $ 90 in atto prima che ciò accadesse“.

La colpa della crisi del petrolio negli USA e del Gas in Europa non è dei produttori, non è solo di Putin e della Russia, ma è soprattutto dei governi che hanno seguito delle politiche restrittive assurde in nome di un ecologismo utopico e irrealistico. Ora si dovrebbe fare un’inversione a 180 gradi, ma le resistenze ideologiche sono fortissime. A pagarne il prezzo sono i cittadini. 

 


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