Attualità
PERCHE’ NON FUNZIONA LA POLITICA MONETARIA DELLA BCE. (di A.M.Rinaldi)
Relazione al Convegno del 13 aprile 2016 presso il Senato della Repubblica dal titolo “EURO E INEFFICACIA DELLE POLITICHE MONETARIE DELLA BANCA CENTRALE”.
Negli ormai diciassette anni di vita dell’euro abbiamo assistito a ruoli sempre più attivi dell’operatività della Banca Centrale europea tesi a correggere gli squilibri dovuti a causa del modello economico di riferimento su cui si basa tutta la costruzione della moneta unica. Lo stesso Trattato di Maastricht imponeva ai firmatari vincoli esterni macroeconomici di convergenza verso un modello economico ben preciso e prefissato.
Infatti l’euro è stato plasmato sin dal suo concepimento su un modello economico che prevede essenzialmente la stabilità dei prezzi, cioè il contenimento dell’inflazione, e sul rigore dei conti pubblici fino al perseguimento del principio del pareggio di bilancio, come unico presupposto per la crescita. Questo modello, tanto caro all’ortodossia tedesca, ha tuttavia creato condizionamenti e scompensi insanabili nell’ambito della stessa area valutaria, non solo perché in totale antitesi ai modelli adottati dalla gran parte dei Paesi membri nel periodo pre-euro, ma soprattutto perché ha privato di fatto la Banca Centrale Europea di strumenti classici di correzione inducendola a porre in essere delle vere e proprie “surroghe” alla sua impossibilitata diretta operatività. Inoltre tale modello ha dimostrato di avere poca “sensibilità” nei confronti del primario e inderogabile obiettivo costituzionale della piena occupazione, privilegiando invece altre priorità come quella di assecondare i mercati senza l’intervento calmieratore e regolatore degli Stati che comunque rimangono in ogni caso gli unici garanti nei confronti dei diritti dei cittadini.
Bisogna riconoscere in ogni caso che l’azione di Mario Draghi, rispetto a quelle poste in essere dai suoi predecessori Duisenberg e Trichet, è stata caratterizzata da iniziative “coraggiose” e innovative, anche se nella pratica si sono rivelate essere anch’esse non risolutive e scarsamente efficaci, in quanto sia i limiti dello stesso Statuto della BCE che i fortissimi condizionamenti subiti, anche in palese contrasto all’autonomia prevista dal suo Istituto, non hanno consentito di utilizzare tutti gli strumenti di politica monetaria contemplati dalla letteratura classica e di cui si avvalgono da sempre tutte le Banche Centrali con moneta sovrana supportate da altrettanti governi di Paesi sovrani.
La stessa indicazione del target inflattivo del 2%, per inciso non contemplata nello Statuto della BCE anche se è opinione comune che lo sia, non può essere perseguita ne tantomeno raggiunta in quanto gli stimoli monetari fino ad ora adottati fino ad ora non consentono il rilancio della domanda interna e pertanto dei consumi, della ripresa e dell’occupazione.
A riprova di ciò, nonostante le massicce e continue operazioni di stimoli monetari compiuti dalla BCE, queste non hanno consentito che l’intera eurozona uscisse dalla pericolosissima situazione di deflazione, aumentandone i disagi sia al sistema delle imprese che delle famiglie. Neanche l’azzeramento dei tassi ha fatto sì che la liquidità costantemente fornita da parte dell’Istituto di Francoforte inducesse il sistema finanziario ad erogare credito sufficiente alle imprese e famiglie per il rilancio dell’economia dell’eurozona, preferendo impieghi alternativi nell’ambito puramente finanziario. Il perdurare della scarsità di fiducia del sistema bancario determinato dall’aumento vertiginoso del debito privato, non ha permesso che la liquidità creata dalla BCE affluisse per far ripartire l’economia continentale.
E’ stata adottata la politica dei tassi d’interesse negativi (NIRP, Negative Interest Rate Policy) fra le opzioni degli strumenti non convenzionali di politica monetaria senza considerare che gli Istituti bancari poi non avrebbero potuto trasmettere anche alla propria clientela i tassi negativi inducendoli paradossalmente quindi ad offrire credito solo alle opportunità più redditizie e speculative. Anche con lo Zero Interest Rate Policy (ZIRP), politica degli interessi a tasso zero, si è utilizzato un altro strumento non convenzionale di politica monetaria sottovalutando tuttavia che al di sotto di un certo valore il calo dei tassi d’interesse non ha utilità marginale.
Le stesse operazioni di LTRO (Long Term Refinancing Operation), intraprese alla fine del 2011 e protrattesi in due trance per un importo complessivo di 1018,72 Mld di euro, non sono riuscite minimamente a trasferire all’economia reale i benefici di tali apporti straordinari di liquidità e neanche il successivo programma di QE, Quantitative Easing, (inizialmente per 60Mld/mese ed ora previste per 80Mld/mese), hanno permesso d’invertire il trend negativo dell’inflazione.
Tali stimoli infatti non anno trovato corrispondenza ed efficacia in quanto non sono stati rivolti ad acquisti di titoli di Stato dei paesi membri eurodotati sul mercato primario, cioè all’emissione, ma esclusivamente sul mercato secondario, e quindi non hanno consentito agli Stati stessi di potersi finanziare in deficit. La non possibilità prevista di essere direttamente una Banca Centrale a tutti gli effetti prestatrice di ultima istanza ha pertanto dimostrato senza equivoci che non si può surrogare tale funzione semplicemente fornendo al sistema finanziario la liquidità per acquistare e supportare i titoli di Stato sul mercato secondario.
Altresì è bene precisare che se anche la BCE avesse la possibilità di cambiare il suo Statuto ad immagine e somiglianza di quelli delle altre Banche Centrali, cioè avere mani libere sul mercato primario, lo scoglio del rispetto del modello economico di riferimento previsto dall’architettura dell’euro sopra citato, non gli consentirebbe di perseguire apprezzabili miglioramenti rispetto all’attuale operatività. In poche parole non potrebbe agire più di tanto per finanziare direttamente i deficit degli Stati perché sarebbe in palese contrasto con il principio perseguito dal pareggio di bilancio!
Ne sappiamo qualcosa noi in Italia sin dal lontano 1981, data dell’improvvido provvedimento di “divorzio” fra Banca d’Italia e Tesoro che ha costretto il nostro Paese a compiere avanzi primari enormi per periodi temporali continuativi non riscontrabili in nessun altra nazione al mondo e affidarsi al finanziamento delle esigenze finanziarie dello Stato esclusivamente alle regole imposte e gradite ai mercati.
Quali alternative allora può ragionevolmente intraprendere la BCE per tentare almeno di rilanciare i consumi interni e pertanto tasso inflattivo verso il target previsto, occupazione e crescita del PIL?
Visto che fino ad ora tutti gli stimoli monetari posti in essere non hanno raggiunto gli scopi attesi, l’ultima carta a disposizione da parte della BCE sarebbe quella di “distribuire”, con uno specifico programma pianificato, la liquidità ai cittadini con un’operazione che potremo definire di “QE People”, cioè con l’elargizione diretta di denaro direttamente nelle disponibilità degli europei. Nella pratica si tratterebbe di fornire a tutti i cittadini europei un reddito aggiuntivo netto al fine di far ripartire i consumi e di conseguenza l’inflazione con effetti immediati sull’occupazione, con la tecnica di bypassare il sistema finanziario che ha ripetutamente dimostrato di essere totalmente incapace fino ad ora di poterlo fare con i suoi strumenti.
Le modalità tecniche potrebbero essere valutate in funzione degli obiettivi che si desiderano conseguire, ricordando che solo per le operazioni di LTRO e QE, sono stati fino ad oggi impiegati circa 1800 Mld di euro (praticamente più di 3.555 euro pro capite per ciascuno dei 506 milioni di cittadini europei).
Allo stato attuale non dovrebbero esserci impedimenti tecnici statutari se non le più che prevedibili critiche da parte dei sostenitori dell’attuale modello economico. In questo modo i cittadini, avendo a disposizione continuativamente per un periodo di tempo prefissato un’aggiunta al reddito personale, sarebbero indotti ad incrementare i propri consumi innescando un moltiplicatore formidabile che produrrebbe nell’intera eurozona un aumento del gettito fiscale con prevedibili vantaggi in termini di conti pubblici, inflazione ed occupazione.
Se si continuerà invece con le attuali visioni di politica monetaria ostaggio dell’errato ed anacronistico modello economico di supporto scelto come architrave e dogma dell’euro, non saranno sufficienti ed idonei nessuno degli stimoli monetari fino ad ora intrapresi per risolvere i problemi che assillano l’economia dei paesi europei e assisteremo sempre più all’inevitabile implosione della moneta comune con effetti ancora più devastanti per i cittadini e per il tessuto industriale dell’intero continente europeo e mondiale.
In ultima analisi la BCE con la sua operatività non può e non deve sostituirsi alle altre Istituzioni europee per correggere le imperfezioni del modello economico su cui si è voluto costruire l’euro. Nessuno può realizzare degli obiettivi se sono diversi rispetto a quelli previsti e codificati sin dall’origine, cioè se l’obiettivo della BCE è quello di perseguire la massima occupazione per mezzo di un fisiologico livello del tasso d’inflazione e di fornire tutta la liquidità necessaria al finanziamento del fabbisogno finanziario degli Stati membri ciò non è possibile perché, aldilà dei tecnicismi, non è previsto dai Trattati.
Antonio M. Rinaldi
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