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Crisi

Perché i tassi negativi in Eurozona non funzioneranno

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Bel post da Voci dall’estero

 

Un interessante articolo di Frances Coppola su Forbes commenta la recente mossa di Draghi: i tassi di interesse negativi rischiano di sortire un effetto opposto a quello dichiarato…quindi, forse il vero scopo è quello di aiutare la Germania in disinflazione deprimendo il cambio. Ma la guerra valutaria, dice Coppola, non è la mossa più saggia. 
 
 
 
La BCE ha imposto tassi di interesse negativi sui fondi depositati dalle banche (riserve “in eccesso”). Il tasso sui depositi della BCE è stato pari a zero per lungo tempo, e la possibilità della BCE di imporre tassi negativi sulle riserve è stato discusso per parecchio tempo.
Ho scritto sui probabili effetti dei tassi negativi sulle riserve già a Dicembre 2012. La mia conclusione è questa:
Ma consideriamo cosa accadrebbe se una economia in fase di pressione deflazionistica introducesse dei tassi di interesse negativi. La compressione dei margini delle banche già in crisi porterebbe inevitabilmente a tassi più elevati per i mutuatari e a ridurre i volumi degli impieghi. Si tratta di una stretta monetaria, che non facilita, e l’effetto sarebbe di contrazione. Peggiorerebbe la recessione.
Tassi di interesse negativi sono una tassa sulle riserve bancarie. Essi sono quindi intrinsecamente restrittivi. L’argomento è che le banche cercheranno di sbarazzarsi delle riserve piuttosto che pagare l’imposta, così avranno un incentivo a prestare di più. Ma l’evidenza sembra suggerire il contrario. Questo grafico mostra i volumi di deposito e di prestito delle banche danesi, prima e dopo l’introduzione di tassi negativi sulle riserve (h / t Roberto Mulazzi):
 
 
Oh, cari miei. Sembra che ci sia stata una fuga dei depositi – non a caso, sino a che anche le banche danesi non hanno spostato i tassi negativi direttamente sui risparmiatori, esse avrebbero trovato il modo di scoraggiarli. E i volumi dei prestiti, già in calo nel momento in cui sono stati imposti i tassi negativi, hanno continuato a diminuire.
Sembra improbabile che la BCE non sia a conoscenza degli effetti dei tassi negativi sui volumi di credito danesi. Così, nonostante gli estesi commenti dei media su tassi negativi che incoraggiano le banche a concedere prestiti, io dubito che questo sia il vero scopo. Infatti, dato che l’aggregato monetario M3 per l’Eurozona è effettivamente migliorato leggermente nel mese di aprile, è difficile capire perché la BCE dovrebbe agire ora, quando non l’ha fatto all’inizio di quest’anno.
Quindi io non credo affatto che si tratti di prestiti bancari. Penso che si tratti della disinflazione tedesca e del cambio dell’euro.
L’inflazione CPI tedesca è attualmente allo 0,9%, ben al di sotto dell’obiettivo della BCE “vicino a” il 2%, e in tendenza discendente. Non è chiaro esattamente perché sia così, ma una possibilità è l’euro forte. A causa della dipendenza della Germania dalle esportazioni, un euro forte mette delle pressioni al ribasso sull’inflazione tedesca – e in effetti questo è il motivo per cui storicamente la Bundesbank, da sempre il falco dell’inflazione, ha preferito una moneta forte. Poiché la Germania è il paese dominante nella zona euro, la disinflazione tedesca alimenta la bassa inflazione dell’Eurozona.
Lo scopo principale della Danimarca nell’imporre tassi negativi è stato quello di preservare il suo aggancio valutario con l’Euro. La corona era apprezzata al momento a causa degli afflussi di hot money dalla zona euro in difficoltà. I tassi negativi hanno smorzato i flussi di capitali e depresso il valore della corona, permettendo alla Danimarca di mantenere il cambio della valuta. L’effetto può essere visto chiaramente in questo grafico:
 
 
Quindi, se l’obiettivo principale della BCE è quello di far scendere il valore di cambio dell’euro, l’esperienza danese suggerisce che i tassi negativi potrebbero davvero funzionare. La questione è se questo è davvero il driver più importante di disinflazione dell’Eurozona.
La causa principale di disinflazione dell’Eurozona sembra essere la caduta dei costi energetici. L’energia è prezzata in Dollari USA, e quindi abbattere il valore dell’euro rispetto al dollaro dovrebbe arrestare il calo dei costi energetici. Ma non è chiaro il motivo per cui fermare il calo dei costi energetici sia utile: dopo tutto, i prezzi dell’energia più bassi sono un aiuto per le imprese sottoposte a forti pressioni e per le famiglie ridotte al minimo. E’ difficile capire perché la BCE dovrebbe agire per impedire una disinflazione benigna di questo tipo.
Né è ovvio che sostenere le esportazioni indebolendo l’euro sia cosa necessaria o saggia. L’Eurozona ha già un surplus di esportazioni dovuto al fatto che l’enorme surplus tedesco non è più completamente compensato dal deficit commerciale nei paesi periferici. Poiché la domanda è crollata in periferia e le imprese sono state costrette a cercare di esportare, le importazioni di questi paesi sono crollate e le esportazioni sono aumentate. Indebolire l’euro sarebbe come aiutare gli esportatori tedeschi e aumentare ancora di più il surplus tedesco: la Commissione della Comunità Europea questa settimana ha lanciato l’allarme sugli “squilibri macroeconomici” dell’economia tedesca, termine col quale intendeva il surplus commerciale, che è associato con una debole domanda interna, scarsi investimenti interni e un record di crescita generalmente poco entusiasmante. Se la BCE incoraggia un aumento ancora maggiore di questo surplus, non è affatto prudente.
Certamente, il Giappone e la Cina stanno indebolendo le loro valute per mezzo di una politica monetaria espansiva, esportando così la deflazione al resto del mondo. L’inflazione è in calo ovunque, e in particolare nella zona euro, dove la posizione monetaria restrittiva della BCE ha reso l’euro vulnerabile. Ci troviamo davanti a una guerra valutaria – e, come ho già sottolineato in precedenza rispetto agli Stati Uniti e alla Cina, le guerre commerciali sono combattute con la valuta e i mercati obbligazionari non tendono a finire bene. Una svalutazione competitiva dell’euro non è davvero una grande strategia.
 
E questo mi fa dubitare ancora una volta di quale sarebbe il senso dei tassi negativi. A parte il fatto di mantenere la credibilità della BCE. Se ne è parlato per troppo tempo: adesso i mercati chiedono l’azione. Si deve vedere che si fa qualcosa. E questo è qualcosa.
 
Temo che questo è ancora un altro esercizio di temporeggiamento da parte di una banca centrale fortemente in ritardo per un’azione efficace e così politicamente circoscritta che c’è poco che possa fare comunque.
* Il primo paragrafo è stato modificato alla luce dell’annuncio della BCE dei tagli di tutti i suoi tassi. Il tasso Refi ora è 0,15%, il tasso di rifinanziamento marginale allo 0,4%, il tasso sui depositi -0,1%. Il grande esperimento è iniziato.

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