Economia
Perché gli Houthi costituiscono ora un problema per la Cina, e non solo per le merci in transito
Il blocco del Mar Rosso costuisce un grosso problema per le aziende cinesi, non solo per le merci in transito provenienti dalla madrepatria, ma soprattutto le produzioni delle fabbriche di Pechino nel Corno d’Africa e che non possono evitare il Mar Rosso, i cui costi sono esplosi.
La Cina è particolarmente esposta all’Africa, con investimenti in aumento del 4,4% a 1,8 miliardi di dollari nella prima metà del 2023. Però le aziende cinesi in Africa orientale, che confinano con la via navigabile del Mar Rosso, si sono trovate in grave difficoltà perché ora hanno dei grossi problemi nello spedire le proprie merci, nel momento in cui la via marittima è diventata insicura a causa degli attacchi degli Houthi.
La penetrazione industriale cinese, soprattutto nel settore tessile, è stata estremamente pervasiva in Etiopia e ha sfruttato la disponibilità energetica, grazie alla nuova diga sul Nilo, unita all’abbondanza di manodopera locale a costi contenuti. Molte fabbriche ora producono, anche per marchi occidentali, in loco
Quindi la scelta delle aziende cinesi nell’area è stata quella di ridurre le produzioni, piuttosto chee ricorrere ad altri mezzi di trasporto più costosi, attendendo momenti più favorevoli per spedire, ma creando anche grossi problemi per il mercato africano e per i paesi che ospitano queste aziende, che non possono accendere o spegnere il mercato del lavoro come se fosse una lampadina.
Secondo la China Africa Research Initiative della Johns Hopkins University, gli investimenti diretti esteri cinesi in Africa sono cresciuti costantemente da 75 milioni di dollari nel 2003 a 5 miliardi di dollari nel 2021.
La tariffa media per la spedizione di un container da 40 piedi tra l’Europa e la Cina durante la seconda settimana di gennaio è stata di circa 5.400 dollari, in aumento rispetto ai 1.500 dollari della settimana precedente.
Tuttavia, è stato riferito che il trasferimento del carico dalle navi cinesi alle navi feeder in luoghi come Kolkata in India o Karachi in Pakistan aggiunge da una a due settimane e da 100 a 200 dollari per scatola per ogni scarico da una nave o carico su un’altra. Questo perché i carichi che si originano dal Mar Rosso sono, ovviamente, i più pericolosi, perché non possono evitare le aree a rischio.
L’Eriopia ha cercato di superare il problema con l’accordo cinquantennale con il porto di Berbera, ma questo, per ora, ha causato solo maggiori problemi nelle relazioni internazionali con Somalia ed Egitto.
Ricorrere alla diplomazia
Mentre i ribelli Houthi continuano a creare scompiglio nel Mar Rosso, la Cina ha recentemente inviato un diplomatico nei principali Paesi coinvolti nella crisi, nel tentativo di “ripristinare la sicurezza e la stabilità” nella regione.
Tuttavia, gli analisti hanno affermato che è improbabile che la missione diplomatica produca dei progressi concreti nella crisi, a causa della continua riluttanza di Pechino a intervenire ulteriormente e a minacciare la sua posizione neutrale nel conflitto tra Israele e Gaza. Non si capisce bene cosa sia andato a fare questo inviat, quando non può promettere nessuna presa di posizione (tranne che non sia arrivato con una valigetta piena di carta, ma non sotto forma di fogli a4 per convincere gli houthi).
Il mese scorso, Wang Di, Direttore Generale del Dipartimento per gli Affari dell’Asia Occidentale e del Nord Africa del Ministero degli Esteri, è stato il primo diplomatico cinese dall’inizio della crisi a visitare sia l’Arabia Saudita che l’Oman, incontrando funzionari sauditi, omaniti e yemeniti.
Nella capitale saudita di Riyadh, Wang ha detto al Vice Ministro degli Esteri yemenita Mansour Ali Saeed Bajash che la Cina attribuisce grande importanza al “mantenimento della sicurezza e della stabilità nella regione del Mar Rosso” e ha aggiunto che Pechino sostiene il “governo legittimo” dello Yemen, ma che perseguirà solo una “soluzione politica” con i militanti antigovernativi Houthi.
Nel frattempo, Wang ha anche sottolineato l’appello della Cina per un cessate il fuoco a Gaza durante il suo tour, dicendo ai funzionari omaniti che Pechino ritiene che la crisi del Mar Rosso sia una “manifestazione di spicco delle ripercussioni di Gaza”. Troppo poco per accontantare gli houthi.
Secondo quanto riferito, Pechino ha anche esortato Teheran a tenere a freno il gruppo di ribelli. All’inizio di questo mese, il Vice Ministro degli Esteri cinese Ma Zhaoxu ha detto al suo omologo iraniano, Ali Bagheri, che Pechino ha bisogno di “sicurezza della navigazione nelle acque del Mar Rosso”.
Liu ha detto che la visita di Wang ha riaffermato la posizione di Pechino sulla crisi del Mar Rosso, che è “una ricaduta della guerra di Gaza”, e ha suggerito inoltre che “la questione palestinese-israeliana è al centro del problema del Medio Oriente”.
L’Arabia Saudita e l’Oman sono attori chiave nella crisi degli Houthi. Riyadh ha guidato una coalizione anti-Houthi contro i militanti dal 2015. La guerra, che dura da anni, ha scatenato crisi umanitarie nello Yemen, ma con la mediazione dell’Oman, le due parti hanno avviato negoziati per il cessate il fuoco lo scorso anno.
Gli Houthi hanno dichiarato che non attaccheranno navi cinesi, ma le merci cinesi viaggiano anche, anzi soprattutto, su navi che battono altra bandiera o che sono di grandi compagnie come MSC o Maersk. La dichiarazione degli houthi ha più finalità diplomatiche che effetti pratici.
La Cina si offre per la mediazione
La Cina ha sostenuto una risoluzione pacifica della crisi dello Yemen, evitando una posizione dura nei confronti dei militanti Houthi. Si è offetaa anche come mediatrice fra le parti, ma senza grande successo, almeno sino ad ora.
Con la crescita della sua influenza in Medio Oriente, la Cina ha cercato di svolgere il ruolo di pacificatore nel conflitto dello Yemen a livello diplomatico. L’anno scorso, Shao Zheng, incaricato d’affari dell’ambasciata cinese nello Yemen, ha promosso l’idea della Cina come mediatore dopo aver mediato un accordo di pace tra Iran e Arabia Saudita.
La percezione di Washington
Negli ultimi mesi, anche Washington ha esercitato pressioni sulla Cina affinché fosse più coinvolta nelle trattative, con il Consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan e il Segretario di Stato americano Antony Blinken che hanno fatto pressione su Pechino perché prendesse una posizione più attiva nei confronti degli houthi..
Liu ha previsto che potrebbero essere in arrivo scambi diplomatici di più alto profilo relativi alla guerra di Gaza e alle questioni del Mar Rosso, mentre Pechino sta ancora cercando di trovare soluzioni politiche al conflitto Palestina-Israele.
La Cina non è sola nel tentativo di mantenere un fragile equilibrio nella crisi del Mar Rosso. L’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, entrambi tradizionali alleati degli Stati Uniti, non si sono uniti ai pattugliamenti anti-Houthi, ma non hanno nemmeno sostenuto pubblicamente gli attacchi dei militanti contro Israele. Anche l’Egitto è rimasto in gran parte in silenzio.
Sarebbe prematuro ipotizzare che la mediazione cinese porterà al ripristino della piena sicurezza della navigazione nel Mar Rosso. A meno che non ci sia un intervento ai livelli più alti da tutte le parti, lo sforzo diplomatico cinese di basso profilo potrebbe non produrre i risultati desiderati. Questo continuerà a danneggiare le attività ecnomiche e commerciali cinesi non solo in Cina, ma anche nelle proprie aziende situate nell’area del Corno. Anzi la situazione continuerà a peggiorare, dopo il recente attacco alla MSC United VIII che ha causato tre morti.
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