Economia
Perché crollano i mercati: I Dazi di Trump sono una Tassa sui Profitti aziendali, non sui Consumatori
Perché anche la borsa USA è crollata con i dazi? Perché sono, alla fine , una tassa extra sugli utili delle imprese . Ed occhio a fare pasticci sui servizi

I mercati azionari hanno subito un brusco calo, con l’S&P 500 che ha perso il 4,84% e il Nasdaq il 5,97%. La caduta è stata quasi da libro di storia, soprattutto perché veniva dopo un mese sicuramente non brillante.
Questa reazione è arrivata dopo che il Presidente Trump ha delineato la sua nuova strategia di imporre dazi a strati sui margini di profitto delle aziende, incoraggiandole a spostare la produzione negli Stati Uniti. Perché i dazi hanno portato a questa caduta anche sulla Borsa americana. Alla fine la manifattura USA dovrebbe andare meglio, crescere, avere profitti maggiori. Perché la Borsa USA, NASDAQ compreso, è caduto?
Cosa sono realmente i dazi?
Contrariamente a quanto spesso si crede, i dazi non sono semplicemente una tassa sui consumatori. Sono, in realtà, una tassa sui margini di profitto delle aziende.
Le aziende, infatti, non possono facilmente trasferire questi costi aggiuntivi sui consumatori senza rischiare un calo significativo delle vendite. Se potessero farlo, non si preoccuperebbero dei dazi, ma al massimo della riduzione della domanda che questi vengono a comportare: i loro ricavi aumenterebbero dell’importo dei dazi, i margini di profitto in percentuale si manterrebbero e i loro titoli continuerebbero a salire. Ma la realtà è ben diversa.
La Strategia di Trump e le Implicazioni
Trump ha sottolineato come i dazi mirino a riportare la produzione negli Stati Uniti, ponendo fine al sistema di “globalizzazione a spese dell’economia americana”.
Ha citato l’Irlanda come esempio, dove molte aziende farmaceutiche statunitensi registrano profitti tassabili a tassi bassi, evitando le tasse negli Stati Uniti. L’obiettivo è chiaro: cambiare la matematica di questa strategia.
Però riportare produzione, ma soprattutto diritti d’autore, negli USA, significa pagare più tasse rispetto all’Irlanda. Gli azionisti hanno capito questo punto, e quindi hanno reagito male. Per loro il reshoring è pagare un 10%-15% in più di tasse sugli utili.
Resta il fatto che, comunque, la scelta di riequilibrare per via fiscale la situazione era obbligata: certi surplus non erano più tollerabili per l’Economia USA, come mostra questo grafico di Wolfstreet:
Obiettivi Principali dei Dazi:
- Riportare la Produzione negli USA:
- L’industria automobilistica e quella dei semiconduttori stanno già espandendo la produzione negli Stati Uniti.
- Questo processo richiede tempo, con la costruzione di fabbriche altamente automatizzate e la creazione di posti di lavoro qualificati.
- Gli incentivi, come il CHIPS Act, e i nuovi dazi stanno accelerando questo trend. Infatti il reshoring era già in atto, come sottolinea Wolfstreet, in qusto grafico che mostra l’andamento degli investimenti in nuovi impianti produttivi negli USA
- Tassare i Profitti Aziendali:
- Se le aziende scelgono di importare, i dazi impongono tasse sui loro profitti, che altrimenti potrebbero essere evase attraverso paradisi fiscali come l’Irlanda. Quindi, per gli azionisti, non c’è un vantaggio diretto dal reshoring, tranne che questo non avvenga a costi fiscali uguali, se non inferiori.
- Per le multinazionali che hanno delocalizzato, nel breve termine, ci sono solo degli aumenti di costi per le componenti prodotte all’estero, come dimostrato dal calo di Apple del 9%.
Impatto sui Mercati e sull’Economia:
I mercati azionari hanno reagito negativamente, riconoscendo che i dazi riducono i margini di profitto.
I titoli del Tesoro a lungo termine sono saliti, con il rendimento del decennale che è sceso al 4,03%, con un calo secco di 77 punti base, un classico segnale di “safe-haven”.
L’amministrazione Trump sta dando priorità alle politiche economiche a lungo termine rispetto all’inflazione dei titoli azionari.
L’esportazione dei servizi non compensa la grande quantità di beni importati, e hanno un impatto minore sull’economia rispetto alla produzione.
I servizi non sono i beni, le ritorsioni su questi non sono intelligenti:
Le esportazioni di servizi degli Stati Uniti rientrano principalmente in due categorie:
- Il turismo straniero negli Stati Uniti – il denaro che gli stranieri spendono per l’alloggio, i ristoranti, le auto a noleggio, i biglietti aerei, ecc. Attenzione che questo si confronta con la spesa dei turisti americani all’estero., cioè si rischiano ritorsioni che, su questo tema, non sarebbero utili a nessuno.
- Le vendite all’estero di proprietà intellettuale, come software, film, ecc. che sono già stati prodotti e venduti negli Stati Uniti e le cui vendite in altri Paesi aggiungono profitti per le aziende venditrici, ma creano poca o nessuna attività economica aggiuntiva negli Stati Uniti. Ecco perché le esportazioni di servizi non hanno un grande effetto sull’economia statunitense, a differenza del settore manifatturiero. Quindi fare ritorsioni su questo settore, ad esempio punendo le Big Tech con sanzioni e multe, come la Commissione sta facendo, rischia solo di essere negativo, ma per i consumatori europei.
La strategia di Trump dei dazi è tutto fuorché perfetta, anzi è stata grossolana e brutale, ma doveva affrontare un problema reale, che non poteva essere rinviato. Le reazioni dovrebbero essere più lucide.
I mercati stanno finalmente comprendendo le implicazioni di questa politica, che mira a rafforzare l’economia americana a lungo termine, ma che nel breve termine avrà delle ricadute negative, anche pesantemente. Però il chiarificazione della situazione, nei prossimi giorni, sarà molto utile.
Grazie al nostro canale Telegram potete rimanere aggiornati sulla pubblicazione di nuovi articoli di Scenari Economici.

You must be logged in to post a comment Login