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Economia19 secondi fa

La BCE teme lo scoppio della “Bolla IA”, ma de Guindos è ottimista (forse troppo) sui debiti delle Big Tech Di Leonida Exuzidis Mentre i mercati azionari brindano a nuovi massimi storici, inebriati dalle promesse dell’Intelligenza Artificiale, a Francoforte l’atmosfera è decisamente meno festosa. Luis de Guindos, vicepresidente della Banca Centrale Europea (BCE), ha lanciato l’ennesimo monito: l’euforia potrebbe trasformarsi in lacrime se non si presta attenzione ai fondamentali. Tra timori di correzioni brusche e rassicurazioni sui bilanci aziendali, emerge però un dettaglio che l’Eurotower sembra sottovalutare: non tutte le aziende tecnologiche sono solide come sembrano. L’allarme di Francoforte: la “FOMO” muove i listini Nel suo ultimo Rapporto sulla stabilità finanziaria, la BCE evidenzia un paradosso tipico delle fasi finali dei cicli espansivi: la volatilità è ai minimi, ma le valutazioni sono stellari. Gli investitori, spinti dalla paura di perdere l’occasione (la cosiddetta FOMO), stanno scommettendo tutto sulla “Magnificent 7” e sull’IA, concentrando il rischio in un pugno di titoli statunitensi. Secondo de Guindos, il sentiment potrebbe cambiare “bruscamente”. Le cause? Prospettive di crescita globale più deboli del previsto. L’IA che, alla prova dei fatti, potrebbe non generare subito i profitti mostruosi attesi. Siamo nel 2000? La BCE dice “Ni” Il paragone con la bolla delle dot-com di inizio millennio è inevitabile. All’epoca, il NASDAQ perse l’80% del valore in due anni, lasciando sul campo macerie finanziarie. Boris Vujcic, governatore della banca centrale croata e membro del consiglio BCE, avverte che una bolla dell’IA è “un rischio da prendere molto sul serio”. Tuttavia, de Guindos getta acqua sul fuoco. Secondo il vicepresidente, la situazione attuale è diversa per tre motivi: Modelli di business: Oggi le aziende tech hanno profitti reali, non solo “clic”. Diversificazione: I giganti del settore non fanno solo software, ma dominano più mercati. Debito: Secondo la BCE, i livelli di indebitamento sono bassi. Il “buco” nell’analisi BCE: il caso Oracle Ed è proprio sul terzo punto che l’analisi di Francoforte rischia di essere troppo generosa. Affermare che il settore tech goda universalmente di bassi livelli di indebitamento è una generalizzazione pericolosa. Prendiamo un colosso come Oracle (ORCL). I dati raccontano una storia diversa dalla narrazione rassicurante della BCE: Debt-to-asset ratio: Circa 0,58 (più della metà degli asset sono finanziati a debito). Debt-to-equity ratio: Circa 4,36. Cosa significa? Che per ogni euro di capitale proprio, l’azienda ha oltre 4 euro di debiti. Una struttura finanziaria molto più rischiosa rispetto ai suoi pari (come Alphabet, che siede su una montagna di liquidità). Se la bolla dovesse sgonfiarsi, il mercato non punirebbe tutti allo stesso modo. Un conto è una correzione per chi ha utili diversificati e cassa, un altro è lo shock per chi si è lanciato “anima e corpo” (e debiti) nel settore, magari senza avere ancora ritorni solidi fuori dall’hype del momento. La leva finanziaria, come insegna la storia, è un amplificatore formidabile: nella salita, ma soprattutto nella discesa. Gli altri rischi: Debito Sovrano e Dollari Oltre all’IA, la BCE segnala altre due mine vaganti: Il debito pubblico: Molti paesi dell’area euro (ogni riferimento a stati mediterranei è puramente casuale) continuano a viaggiare con deficit elevati. Questo potrebbe minare la fiducia sui mercati obbligazionari. La sete di Dollari: Le banche europee con attività in dollari devono aumentare le riserve di liquidità. In caso di crisi, il biglietto verde tende a scarseggiare proprio quando serve di più. In sintesi: la festa continua, ma qualcuno dovrebbe iniziare a controllare dov’è l’uscita di sicurezza, specialmente se il proprio portafoglio è pieno di aziende che hanno comprato la crescita a debito. Domande e risposte È corretto paragonare la situazione attuale alla bolla dot-com del 2000? Non del tutto, ma ci sono similitudini. La differenza principale, secondo la BCE, risiede nel fatto che le grandi aziende tecnologiche di oggi generano profitti reali e massicci, a differenza delle società internet del 2000 che spesso non avevano fatturato. Tuttavia, l’eccessiva concentrazione degli investimenti in pochi titoli e le aspettative irrealistiche sull’impatto immediato dell’Intelligenza Artificiale creano un rischio di delusione simile. Se le aspettative di utili futuri non venissero confermate, la correzione potrebbe essere violenta. Perché la struttura del debito di alcune aziende tech preoccupa nonostante l’ottimismo della BCE? La BCE sostiene che il settore tech ha bassi livelli di indebitamento, ma questa è una media che nasconde singole criticità. Aziende come Oracle mostrano un rapporto debito/capitale molto elevato (oltre 4,36), indicando che finanziano la crescita prevalentemente a debito. In uno scenario di tassi alti o di rallentamento economico, queste società sono molto più vulnerabili rispetto a colossi liquidi come Google o Apple. Se la bolla scoppia, chi ha molta leva finanziaria soffre molto di più. Quali sono i rischi per l’Europa se il mercato azionario USA dovesse correggere? L’Europa non è immune. Una correzione a Wall Street trascinerebbe giù i listini globali per effetto contagio. Inoltre, la BCE segnala rischi specifici per l’Eurozona: l’alto debito pubblico di alcuni stati membri potrebbe tornare sotto pressione se la propensione al rischio degli investitori diminuisse. C’è poi il problema della liquidità in dollari: le banche europee esposte sulla valuta americana potrebbero trovarsi in difficoltà nel rifinanziarsi se ci fosse una stretta creditizia improvvisa oltreoceano.

De Guindos teme una correzione dei mercati ma difende i bilanci tech. I dati però smentiscono l'ottimismo: casi come Oracle...

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Economia19 secondi fa

La BCE teme lo scoppio della “Bolla IA”, ma de Guindos è ottimista (forse troppo) sui debiti delle Big Tech Di Leonida Exuzidis Mentre i mercati azionari brindano a nuovi massimi storici, inebriati dalle promesse dell’Intelligenza Artificiale, a Francoforte l’atmosfera è decisamente meno festosa. Luis de Guindos, vicepresidente della Banca Centrale Europea (BCE), ha lanciato l’ennesimo monito: l’euforia potrebbe trasformarsi in lacrime se non si presta attenzione ai fondamentali. Tra timori di correzioni brusche e rassicurazioni sui bilanci aziendali, emerge però un dettaglio che l’Eurotower sembra sottovalutare: non tutte le aziende tecnologiche sono solide come sembrano. L’allarme di Francoforte: la “FOMO” muove i listini Nel suo ultimo Rapporto sulla stabilità finanziaria, la BCE evidenzia un paradosso tipico delle fasi finali dei cicli espansivi: la volatilità è ai minimi, ma le valutazioni sono stellari. Gli investitori, spinti dalla paura di perdere l’occasione (la cosiddetta FOMO), stanno scommettendo tutto sulla “Magnificent 7” e sull’IA, concentrando il rischio in un pugno di titoli statunitensi. Secondo de Guindos, il sentiment potrebbe cambiare “bruscamente”. Le cause? Prospettive di crescita globale più deboli del previsto. L’IA che, alla prova dei fatti, potrebbe non generare subito i profitti mostruosi attesi. Siamo nel 2000? La BCE dice “Ni” Il paragone con la bolla delle dot-com di inizio millennio è inevitabile. All’epoca, il NASDAQ perse l’80% del valore in due anni, lasciando sul campo macerie finanziarie. Boris Vujcic, governatore della banca centrale croata e membro del consiglio BCE, avverte che una bolla dell’IA è “un rischio da prendere molto sul serio”. Tuttavia, de Guindos getta acqua sul fuoco. Secondo il vicepresidente, la situazione attuale è diversa per tre motivi: Modelli di business: Oggi le aziende tech hanno profitti reali, non solo “clic”. Diversificazione: I giganti del settore non fanno solo software, ma dominano più mercati. Debito: Secondo la BCE, i livelli di indebitamento sono bassi. Il “buco” nell’analisi BCE: il caso Oracle Ed è proprio sul terzo punto che l’analisi di Francoforte rischia di essere troppo generosa. Affermare che il settore tech goda universalmente di bassi livelli di indebitamento è una generalizzazione pericolosa. Prendiamo un colosso come Oracle (ORCL). I dati raccontano una storia diversa dalla narrazione rassicurante della BCE: Debt-to-asset ratio: Circa 0,58 (più della metà degli asset sono finanziati a debito). Debt-to-equity ratio: Circa 4,36. Cosa significa? Che per ogni euro di capitale proprio, l’azienda ha oltre 4 euro di debiti. Una struttura finanziaria molto più rischiosa rispetto ai suoi pari (come Alphabet, che siede su una montagna di liquidità). Se la bolla dovesse sgonfiarsi, il mercato non punirebbe tutti allo stesso modo. Un conto è una correzione per chi ha utili diversificati e cassa, un altro è lo shock per chi si è lanciato “anima e corpo” (e debiti) nel settore, magari senza avere ancora ritorni solidi fuori dall’hype del momento. La leva finanziaria, come insegna la storia, è un amplificatore formidabile: nella salita, ma soprattutto nella discesa. Gli altri rischi: Debito Sovrano e Dollari Oltre all’IA, la BCE segnala altre due mine vaganti: Il debito pubblico: Molti paesi dell’area euro (ogni riferimento a stati mediterranei è puramente casuale) continuano a viaggiare con deficit elevati. Questo potrebbe minare la fiducia sui mercati obbligazionari. La sete di Dollari: Le banche europee con attività in dollari devono aumentare le riserve di liquidità. In caso di crisi, il biglietto verde tende a scarseggiare proprio quando serve di più. In sintesi: la festa continua, ma qualcuno dovrebbe iniziare a controllare dov’è l’uscita di sicurezza, specialmente se il proprio portafoglio è pieno di aziende che hanno comprato la crescita a debito. Domande e risposte È corretto paragonare la situazione attuale alla bolla dot-com del 2000? Non del tutto, ma ci sono similitudini. La differenza principale, secondo la BCE, risiede nel fatto che le grandi aziende tecnologiche di oggi generano profitti reali e massicci, a differenza delle società internet del 2000 che spesso non avevano fatturato. Tuttavia, l’eccessiva concentrazione degli investimenti in pochi titoli e le aspettative irrealistiche sull’impatto immediato dell’Intelligenza Artificiale creano un rischio di delusione simile. Se le aspettative di utili futuri non venissero confermate, la correzione potrebbe essere violenta. Perché la struttura del debito di alcune aziende tech preoccupa nonostante l’ottimismo della BCE? La BCE sostiene che il settore tech ha bassi livelli di indebitamento, ma questa è una media che nasconde singole criticità. Aziende come Oracle mostrano un rapporto debito/capitale molto elevato (oltre 4,36), indicando che finanziano la crescita prevalentemente a debito. In uno scenario di tassi alti o di rallentamento economico, queste società sono molto più vulnerabili rispetto a colossi liquidi come Google o Apple. Se la bolla scoppia, chi ha molta leva finanziaria soffre molto di più. Quali sono i rischi per l’Europa se il mercato azionario USA dovesse correggere? L’Europa non è immune. Una correzione a Wall Street trascinerebbe giù i listini globali per effetto contagio. Inoltre, la BCE segnala rischi specifici per l’Eurozona: l’alto debito pubblico di alcuni stati membri potrebbe tornare sotto pressione se la propensione al rischio degli investitori diminuisse. C’è poi il problema della liquidità in dollari: le banche europee esposte sulla valuta americana potrebbero trovarsi in difficoltà nel rifinanziarsi se ci fosse una stretta creditizia improvvisa oltreoceano.

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