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Obama e l’interventismo ideologico atto a celare i dubbi sulle proprie politiche economiche, ripercorrendo la strada delle presidenze democratiche USA del ‘900

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Se vale la pena di ricordare che, non a caso, il partito democratico era quello che difendeva lo schiavismo, fa riflettere che il primo presidente nero degli USA sia stato eletto dagli stessi democratici.

Prima di iniziare la digressione ci tengo a chiarire che chi scrive è letteralmente innamorato degli USA: rispetto il grande paese in cui molti italo-americani trovarono rifugio e fecero anche fortuna, rispetto l’ideologia liberista ed il pragmatismo; proprio per questo oggi mi trovo a soffrire nel vedere una presidenza USA che sta mettendo in discussione rapporti storici con alleati fedeli, infierendo su questi ultimi come normalmente il colosso d’oltreoceano ha saputo fare in passato solo con i propri nemici, dimenticando la concretezza dei fatti, delle alleanze, delle collaborazioni e fin anche di vere e proprie affiliazioni che vanno indietro di oltre mezzo secolo. Questo atteggiamento mi pare molto pericoloso, vedo molti amici criticare aspramente gli USA e questo mi fa molto soffrire, parlo da filo-statunitense. Ecco perchè ho deciso di prender carta e penna e formalizzare il mio disappunto contro i critici generalisti, cercando invece di analizzare la ratio che sta dietro agli attuali comportamenti americani in politica estera, sperando nel miracolo di un cambiamento che oggi sembra molto improbabile, la china presa mi pare davvero molto pericolosa a partire dagli atteggiamenti con la Russia.

OAbama CLinto Bush

Abbiamo scritto in passato che le presidenze USA sono sempre state improntate ad un certa qual ideologia. Quella di Obama non fa eccezione, restando nel solco delle presidenze democratiche dal 1900 ad oggi. Notasi, per introdurre le analisi successive va ricordato che i fatti della storia ci dicono quanto segue:

  1. i grandi conflitti partono sempre da ragioni economiche, almeno nel mondo occidentale,

  2. tornando agli USA, le presidenze democratiche da Wilson ad oggi sono state improntate ad un interventismo non privo di ideologia, di fatto interventismo ideologico che di norma ha determinato conseguenze rilevanti non solo per gli USA.

La prima affermazione è di facile verifica: tutte le principali guerre moderne nel mondo occidentale – e molte di quelle passate, escludendo quelle religiose – furono determinate dalla smania, spesso dalla necessità, di impossessarsi degli averi dei paesi a cui si aveva dichiarato guerra. Una tipologia particolare ed alternativa è per certi versi la guerra per risolvere/mettere in secondo piano i problemi interni, questo tipo di conflitti si è moltiplicato da quando la stampa è diventata cassa di risonanza non solo locale ma anche globale, in relazione alle magagne dei singoli paesi.

La seconda affermazione è anch’essa di facile verifica: Wilson negò la dottrina Monroe del non intervento estero degli USA, ritenendo l’America quel punto pronta per la lotta al predominio globale, solo per aprire un vaso di pandora che ci ha portato dove siamo oggi (per altro Wilson ed il suo partito furono severamente puniti dai suoi stessi concittadini per la partecipazione alla prima guerra mondiale, il partito repubblicano vinse le elezioni per 3 presidenze di fila fino all’avvento di Roosevelt). Appunto, il democratico F. D. Roosevelt, il presidente di origini ugonotte che tentò con ben 3 New Deals di raddrizzare una critica situazione economica post depressione senza per altro riuscirci, dovette davvero forzare l’opinione pubblica per gettarsi nella seconda guerra mondiale, solo Pearl Harbour riuscì a convincere gli elettori a fare il grande passo (notasi, l’attacco giapponese alla Hawaii fu preceduto da vere e e proprie provocazioni USA al Giappone, quasi costringendo l’impero del Sol Levante all’attacco militare). Di più, il generale Marshall, capo della difesa USA del tempo, non ha mai spiegato dove fosse durante l’attacco, di fatto era irreperibile, come mai venne spiegato come fu possibile che tutte le portaerei americane fossero molto opportunamente fuori porto durante l’incursione (…). E’ triste considerare che gli attacchi alla torri gemelle ed a Pearl Harbour sembrino celare impressionanti similitudini e certamente molti misteri. Poi, varrebbe la pena di ricordare che Roosevelt fu anche sostenitore dei progetti eugenetici di Hitler, oltre ad essere un ammiratore dell’ “italian gentleman” Benito Mussolini: questo solo per dire che le assonanze tra i due socialisti Hitler e Roosevelt non furono poche, anzi (gli storici lo confermano, definendo entrambi i capi di Stato sopra citati come socialisti nazionalisti, il tedesco venne definito poi nazional-socialista). Il successore di Roosevelt, il democratico Truman, seppe essere ancora più radicale nelle sue posizioni ideologico-interventiste con le bombe atomiche – la seconda era tecnicamente inutile – gettate su due città importanti non solo economicamente ma soprattutto culturalmente per il nemico Giapponese (anche l’Italia dovette subire qualcosa di simile, ricordiamo l’altrettanto inutile bombardamento di Montecassino usato per “spaventare” e fiaccare psicologicamente gli avversari, ci sono immagini di repertorio che immortalano tedeschi ed italiani mentre mettevano in salvo le opere d’arte ed i libri contenuti nell’abbazia culturalmente tra le più importanti della cristianità). La guerra fredda iniziò anch’essa con Truman, assieme al perfido maccartismo – una versione edulcorata delle purghe staliniste, maccartismo che terminò guarda caso con la presidenza repubblicana di Eisenhover -: Truman fu veramente la presidenza che pur vincente nei conflitti militari – la seconda guerra mondiale alla morte di Roosevelt era di fatto già vinta – gettò il seme della violenza moderna trasformando il 33° presidente americano (33° come il massimo grado della massoneria scozzese, di cui egli stesso faceva parte) nel vero protagonista se non nella vera essenza del secolo breve secondo la definizione di Eric Hobsbawn.

JFK, il successivo presidente democratico, primo presidente cattolico americano, non seguì il solco democratico, rinnegando invece le guerre ideologiche come strumento di predominio, probabilmente la cultura cristiana ebbe una certa influenza su di lui. Solo per veder concretizzarsi il ricorrente approccio ideologico alle guerre da parte del suo vice e successore, il democratico L. Johnson, artefice della tanto terribile quanto ideologica guerra del Vietnam (economicamente per gli USA fu un vero disastro). Il presidente democratico Clinton fu una piccola eccezione, durante il suo doppio mandato non ci furono guerre conclamate anche se molti ritengono che l’intervento in Kosovo durante la sua presidenza costituisca la base legale della rappresaglia russa in Crimea di oggi: di fatto Clinton avallò con l’intervento nella repubblica autodenominatasi indipendente dalla Serbia lo stesso, preciso, identico approccio che la Crimea sta applicando oggi con l’annessione alla Russia (allora era giusto, perchè oggi non lo è?).

OAbama Again

Giungiamo ad Obama, che è quello che più ci interessa: personalmente sono terrorizzato a pensare che la crisi economica negli USA di fatto oggi non sia risolta, la ripresa resta debole e basta che il QE si allenti per vedere una nuova recessione. Parallelamente la stampa a ciclo continuo di dollari da parte della zecca americana sta di fatto depredando gli stessi americani dei propri risparmi finanziari (aspettate qualche anno e ne riparliamo in termini inflattivi, Obama di fatto sta facendo qualcosa di simile alla nazionalizzazione dell’oro privato nel New Deal), costringendo l’amministrazione USA ad intervenire all’estero per imporre ad alleati e non la propria supremazia basta sulla valuta di riferimento mondiale anche con “interventi” esteri tecnicamente inutili, almeno all’apparenza (come quello in Ucraina). Qualcuno si è chiesto perchè ciò succeda? Vorrei spingere i lettori a considerare come l’ipotetica ripresa USA di oggi dipenda dal fatto che i dollari continuino ad essere accettati come moneta di scambio nel mondo, pur essendo altamente, molto altamente inflazionati vista la stampa a ciclo continuo della carta moneta. Per fare in modo che gli USA possano continuare a comprare merci, molto spesso cinesi, scambiandole con carta di dubbio valore bisogna fare in modo che gli USA facciano ben capire chi comanda, fa pensare che la prima reazione ufficiale di Putin nel post crisi ucraina sia stato l’annuncio che la Russia avrebbe cambiato la valuta di riferimento per gli scambi di materie prime da dollaro a Euro/Renmimbi, stessa affermazione fatta in passato da Gheddafi, Saddam, Chavez e dagli stessi Iraniani sotto embargo. Vedremo cosa gli americani si inventeranno questa volta per disinnescare la minaccia …

Ora, ripeto, what happens next? Temo veramente che l’escalation della guerra sia negli interessi USA più che della Russia, chiaramente offuscando tale celatissimo interesse americano alla guerra con qualche futuro attentato suppostamente russo alla pace – gran parte dei media occidentali sembrano già allineati –, solo per vedere molto recentemente ammirevoli e progressivi indizi defezione dal fronte Obamiano man mano che si ragiona sulle conseguenze non tanto di una guerra vera e propria ma solo di una competizione economica con il gigante russo. Obama ha promesso a Roma a fine Marzo 2014 che arriverà in Europa shale gas americano: non credibile, mancano i gassificatori gas to liquid sull’altra sponda dell’oceano atlantico e prima che si costruiscano abbastanza impianti l’Europa sarà morta di freddo (e probabilmente di fame, se la crisi continua). Ora, sembra che si voglia sviluppare l’industria dello shale gas in Europa, la Francia e la Polonia sembrano esserne piene: ma, ad esempio, qualcuno ha pensato cosa succederà alla filiera nucleare francese, verrà dismessa in quanto spiazzata dallo gas da scisto? Gli UK hanno un po’ di shale gas che certamente verrà sfruttato, ma questo farà la differenza per il continente e per gli equilibri gobali? Anche perchè quello a cui gli USA puntano, in teoria, è abbassare il prezzo del gas per indebolire l’orso russo che trae linfa proprio dal commercio delle risorse energetiche.

Ma andiamo a vedere la genesi del caos attuale e scopriremo indizi importanti di collegamenti con le politiche delle presidente democratiche del passato, oltre che mettere in luce gli effetti sul mondo delle politiche “ideologiche” made in democratic USA. Dunque, da dove deriva la grande ricchezza russa di oggi? A parte il fatto che la Russia in termini di risorse è certamente il paese più ricco del mondo, certamente i prezzi delle materie prime soprattutto energetiche hanno una grande influenza sul conto economico dei paesi dell’ex URSS. Ma cerchiamo di capire da quando la Russia ha iniziato ad accumulare tale e tanta ricchezza? La risposta è facile, dal 2001 in avanti. Infatti nel 1998, durante la presidenza democratica di Clinton, la Russia fece default (la presidenza democratica decise di avviarsi in tale direzione, ossia nella direzione del caos in Russia con il fine di annientare il nemico per accorgersi successivamente che la risposta fu la salita al potere di Putin, nazionalista intelligente ed incorruttibile che sa fare benissimo gli interessi del proprio paese, a termine possiamo dire ottima scelta – per la Russia però -) causando un crollo del prezzo del petrolio che arrivò sotto i 20 USD/bbl pur in presenza di una situazione economica mondiale non catastrofica ai tempi (almeno per il mondo occidentale), mica stiamo parlando della crisi che sta attanagliando il mondo occidentale nel dopo sub prime crisis. Personalmente vedo le guerre che si sono succedute in Medio Oriente a partire dal nuovo millennio come logica conseguenza di tale eccesso al ribasso del costo del greggio: infatti l’alleato regionale degli USA, l’Arabia, agli inizi del 3 secolo stava per fallire per via di un prezzo troppo basso dell’energia: bisognava porvi rimedio! Ad eccesso ne segue normalmente uno di segno opposto e quindi eccoci alle guerre in Medio Oriente dell’era G.W. Bush: queste guerre, notasi, non erano assolutamente ideologiche, furono secondo chi scrive una chiara conseguenza mirata a risollevare il prezzo del petrolio arrivato troppo in basso, permettendo agli USA nell’interesse generale di mettere le mani – e quindi di controllare – le risorse iraqene, inclusi i prezzi del petrolio scambiato nei mercati internazionali. Ammesso e non concesso che quanto sopra riportato possa essere vero, può piacere o meno ma la presidenza di Bush può essere connotata come una presidenza assolutamente pragmatica, avendo mirato ad interessi squisitamente economici per il proprio paese, interessi per altro condivisi con i propri alleati storici che finalmente ne uscirono con ricchi permessi di sfruttamento di giacimenti di greggio (tra gli alleati era presente anche l’Italia oltre che tutti i paesi del mondo anglosassone, ma escludendo dal novero Francia e Germania, ossia escludendo il cuore dell’Europa dell’euro austero di oggi). E questo interesse era contemporaneamente anche un interesse dell’Arabia Saudita, ossia del paese che aveva già pagato il salato conto della liberazione del Kuwait.

Oabama Cav Mdvededv Completa

In tale riguardo, a scanso di equivoci si noti che la presidenza di Bush padre fu segnata dall’invasione del piccolo e strategico oltre che ricchissimo emirato del Kuwait, invasione che fu essa stessa una conseguenza della caduta del muro di Berlino, probabilmente Saddam Hussein pensava che la reazione non ci sarebbe stata, almeno nei termini che invece vennero estrinsecati. Dunque, vista così sembra più che plausibile pensare che le cause delle guerre in medio oriente del nuovo millennio vanno ricercate negli eventi accaduti durante le epoche immediatamente precedenti, lasciar fare default alla Russia con relativo crollo del petrolio può essere stato un errore molto più grande di quello di permettere il default di Lehman. Andando a ben vedere la presidenza Clinton fu molto significativa anche per altre ragioni: durante la guerra alla Serbia per l’affaire Kosovo ci fu un evento particolarmente significativo che influenzò molti degli eventi là da venire, il bombardamento dell’ambasciata cinese a Belgrado nel 1999. Esso avvenne probabilmente non per errore ma per dimostrare la potenza USA al mondo anche finalizzata ad evitare intromissioni di altri Paesi nella difesa di interessi americani; se così dovesse essere, non ricorderebbe molto il bombardamento di Montecassino? Certo è che dopo tale evento la Cina irrigidì il proprio rapporto con gli USA interpretandolo in modo assai più cinico e soprattutto concorrenziale, assolutamente da leggere il saggio cinese Guerra Senza Limiti, versione occidentale a cura del generale italiano Fabio Mini, lettura essenziale.

Interessante in questo contesto è il parallelo tra l’apparente inutilità economica (ossia, fu di fatto intervento militare di stampo ideologico) della guerra nei Balcani nell’era Clinton e l’intervento in Medio Oriente dell’era Bush: il capolavoro repubblicano fu non tanto quello militare, per altro assai discutibile nei modi e nei risultati, ma quello diplomatico con l’allineamento agli interessi americani nell’invasione dell’Iraq ed Afghanistan di tutti i paesi, alleati ed avversari inclusi, con la notevolissima eccezione di Francia e Germania oggi in auge in epoca democratica.

Ma, ancora, cosa potrebbe succedere oggi nel caso in cui Obama finalizzasse le proprie politiche estere sulla base della considerazione che abbassando il prezzo del petrolio si indebolirebbe l’orso russo? Secondo chi scrive questa visione si scontrerebbe inevitabilmente con troppi interessi, prima di tutto quelli Arabi: Obama è sicuro di essere supportato da tutti i propri alleati, includendo anche i potenti alleati interni texani? Anche perchè la fronda interna è sempre un rischio da tenere presente nella politica d’oltreoceano, a partire da Lincoln per terminare con JFK e Nixon. Inoltre, che faranno gli europei che si sono sentiti dire durante la visita di Obama a Roma delle scorse settimane che bisogna rinunciare al gas russo, spegneranno i caloriferi? E poi, la domanda più importante, cosa succederebbe se la crisi in USA dovesse riaffiorare, ossia se la ripresa globale alla prova dei fatti si dimostri molto più debole di quanto sperato? E finalmente, cosa faranno i cinesi, oggi in parabola economicamente discendente? Smetteranno anche loro di comprare gas russo? Forse ci si dimentica che, ammesso e non concesso che sia possibile per l’Europa rinunciare al gas russo, certamente la Cina sarebbe felicissima di acquistare a sconto quello che l’Europa non dovesse ritirare, tagliando e spiazzando di conseguenza i cari acquisti di gas LNG quatarino che oggi inondano l’Asia (Quatar = alleato USA). E poi, quali sarebbero le conseguenze di un prezzo del gas più basso? Per inciso, gli effetti per l’Europa sarebbero comunque poca cosa, oggi con le sovvenzioni al rinnovabile e con le elevate tasse sui combustibili anche riducendo della metà il costo della materia prima il prezzo dell’energia in Europa scenderebbe solo marginalmente. Ma per la Cina sarebbe certamente una manna: un minore prezzo dell’energia ed in particolare del gas servirebbero a sostenere l’economia cinese, oggi assai traballante. Viene un dubbio: che dietro l’intervento apparentemente assurdo di Obama in Ucraina ci possa essere la necessità duplice da una parte di sostenere la politica del dollaro come valuta di riferimento globale in modo da continuare a farlo accettare – pur essendo poco più che cartaccia, visti gli effetti di oltre 5 anni di pressa a ciclo continuo – dai venditori di materie prime e dall’altra di sostenere l’economia cinese, economia che se crollasse si porterebbe certamente dietro l’economia mondiale? Che magari uno scombussolamento di carte non sia oggi vieppiù necessario, come fu la seconda guerra mondiale per risolvere la crisi post depressione? Certamente le uscite di Obama sembrano talmente sballate che, per il rispetto che ho per gli amici americani, è praticamente sicuro che manchino alcune tessere del puzzle, non ci stanno spiegando la faccenda in modo completo ma solo in modo parziale.

Quello che certamente si può dire è che i paesi europeriferici conteranno sempre meno, la Germania consoliderà il suo ruolo di faro di questa Europa volutamente austera, in quanto tale politica è la vera pietra angolare della nuova strategia egemonica teutonica in ambito continentale. Ah, dimenticavo la Germania e la Francia: quali sarebbero le conseguenze di tale scenario per i paesi che rappresentano la radice di questa Europa che non funziona, quella dell’euro austero? Prima di tutto, entrambi i Paesi nell’accezione data sopra possono avere interesse a riprendersi dall’Italia quello che il Belpaese ha “impropriamente” guadagnato sostenendo le pragmatiche invasioni medio orientali dell’era repubblicana assieme all’allora alleato d’oltreoceano (oggi i democratici sembrano più un avversario degli ex alleati di Bush, memento lo sdoganamento in Italia del concetto secondo cui si possono avere governi – e non solo uno – non eletti, concetto “al limite” in un mondo che si definisce democratico). Dunque, il messaggio per la cicala italica potrebbe essere che un po’ di austerity fa bene al partner che fu troppo sopra le righe durante la presenza G.W. Bush (le politiche di Obama sembrano spesso in netta contrapposizione con tutto quello che fu l’America di G.W. Bush, alleati inclusi).

Oabama Cav Mdvededv

Ma, approfondendo, quale sarà la posizione tedesca e francese in questo risiko globale che ha nell’indebolimento della Russia l’obiettivo principale? Certamente la Germania oggi non ha interesse ad andare contro Putin per via delle materie prime che dallo stesso compra, ma dall’altra ha necessità che la Cina continui ad che acquistare i propri prodotti e non sprofondi economicamente: sarà un calcolo di pura convenienza, ora i tedeschi ci stanno ancora pensando – si sa, i tedeschi hanno bisogno di tempo -. Ma mi sento di dire che non è scontato rivedere nei prossimi anni un qualcosa di simile all’accordo Ribbentrop-Molotov, della serie prima si va in una direzione e poi … si torna indietro.

Per quanto riguarda la Francia, certamente una guerra alla Russia può rendere il paese d’oltralpe abbastanza felice vista l’indipendenza energetica ed i relativamente pochi investimenti oltre cortina, oltre che per i vantaggi relativi che innegabilmente avrebbero i colossi nazionali Total ed EDF in ambito energetico. In più, la Francia è certamente sensibile ai consumi cinesi, dove le proprie aziende sono molto presenti per vendere le proprie mercanzie.

E l’Italia, cosa succederebbe al Belpaese? Prima di tutto è bene ricordare come lo Stivale abbia dovuto accondiscendere con gli effetti delle ideologie di stampo democratico americane: Gladio nacque durante la presidenza Truman, non dimenticando che il caso Moro – ossia la radice dei mali italici e della sovranità limitata degli ultimi 70 anni – si sia concretizzato, incluso il triste e molto desiderato (oltreoceano) epilogo, proprio sotto una presidenza democratica, quella di Carter.

Beh, quale paese debole tra i deboli ma assolutamente ed intrinsecamente ancora ricco di risparmi e competenze industriali frutto di 70 anni di pace, mi sembra più che chiaro che le risorse italiche verranno messe sotto assedio, a partire dai risparmi delle famiglie passando per le aziende nazionali energetiche e della difesa a partecipazione statale. E chi insidierà tali ricchezze, si noti bene, saranno soprattutto gli stessi partner europei oggi allineati con l’amministrazione democratica di Obama, sempre che l’analisi proposta abbia il fondamento che colui che scrive ritiene debba avere…. Ossia, la ragione ci dice che molto probabilmente l’Italia geopoliticamente è fottuta, meno male che rimane ancora il Papa ad avere un po’ di influenza globale, essendo fin anche in grado di fare l’interesse della Penisola con un miracolo che solo i veri uomini di Chiesa a volte sanno fare. In effetti penso proprio che le prossime uscite del governo italiano vis a vis con i cosiddetti alleati europei ed americani saranno improntate ad un profilo bassissimo, quasi rasoterra. Leggasi anche strisciante, se volete.

Mitt Dolcino


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