I No Green Pass visti da vicino, ovvero partecipando alle manifestazioni di piazza, sono molto diversi dal movimento creato e controllato dalla Casaleggio & Associati in società con Beppe Grillo 16 anni or sono.
Se resterà un movimento politico extra parlamentare; ovvero un soggetto non inglobato dal sistema, ce lo dirà solo il tempo. tuttavia possiamo già iniziare a conoscerlo come un progetto del tutto diverso dal precedente.
Li sto osservando perché partecipo alle manifestazioni sin da prima che il lasciapassare verde – che sui social chiamiamo drink card – fosse anche solo nominato.
Parliamo della primavera 2019. Ed erano manifestazioni semi clandestine.
Sono convinto che farne parte sia il vero modo di dimostrare senso civico, indipendentemente dal fatto che nei mesi passati, anziché unirsi e sommarsi, le varie categorie commerciali si siano succedute, visto che ad ogni contentino mirato, ognuna ha abbandonato il campo ed oggi ci controlla il Green pass sulle soglie delle propria attività commerciali, alle stesse persone a cui avevano chiesto di andare in piazza in loro sostegno.
Alle manifestazioni, o meglio, alle adunate, ve l’assicuro, c’erano più clienti che gestori in un rapporto di uno a cinquanta.
Movimento per le riaperture e movimento No Green Pass a confronto
I NO Green Pass stanno diventando un progetto politico
Il movimento del NO Green Pass sta dando vita ad un nuovo movimento politico, non c’è dubbio.
Lo dichiarano apertamente dai palchi.
Si stanno organizzando in gruppi regionali che si ramificheranno SUL TERRITORIO,incontrandosi con i piccoli gruppi nati autonomamente o per emulazione.
E non c’è dubbio che la consistenza morale e caratteriale di questo movimento alle prime battute, sia di molto superiore a quello che gli amici di Beppe Grillo incarnavano quindici anni fa.
Non siamo di fronte agli scappati di casa che scimmiottavano Grillo con imbarazzanti invettive dal basso o che si nascondevano dietro alle maschere di V per vendetta, come dei ragazzini scemi che hanno visto troppa TV.
Non adottano simboli e non hanno un vero leader (per il momento).
Non sono (ancora) un brand.
Solo qualche pittoresco personaggio, giusto per ribadire che, va bene fare sul serio, ma senza prendersi troppo sul serio.
Stanno unendo personaggi di spicco nel mondo della contro-informazione nel tentativo di creare un movimento culturale, in modo che ognuno possa reggersi sulla propria spina dorsale.
Insomma non sembra puntare agli indolenti con promesse che tutto si risolverà da solo o delegando la propria vita a un comico.
Piuttosto è gente che ci mette la faccia. Sono padri e madri di famiglia, studenti, professionisti, disoccupati, pensionati ed imprenditori.
Gente che ha pagato in prima persona una crisi che perdura da quasi trent’anni e non sembrano voler cedere alla prossima promessa del salvatore della patria n. xxx.
Alla rabbia distruttiva dei CinqueStelle il movimento del NO Green Pass ha sostituito un messaggio positivo rivolto alla costruzione indipendentemente dal gioco del nemico.
Insomma si tratta di qualcosa che auspicavamo nel nostro precedente articolo.
In altre parole promettono, come dicevamo noi di “capovolgere la lista (ovvero, il senso) degli 11 punti di Goebbels“.
Il punto di ripartenza è il populismo
Permangono ancora molti connotati populisti, e ci mancherebbe, ma la differenza si respira ad un livello energetico sottile e anche nei linguaggi.
La crescita del movimento sarà più vistosa a chi, come il sottoscritto ha partecipato sin dalle prime manifestazioni, ai raduni di chi protestava. All’inizio contro i lockdown, poi per le riaperture delle attività commerciali, successivamente per l’estensione delle aperture a tutti i settori ed oggi contro il lasciapassare verde.
Questo nuovo movimento, partito con gruppi isolati di 40-60 persone che si riunivano ai margini del secondo lockdown del 2020, oggi vede scendere in piazza migliaia di tutt’altro tipo e soprattutto con ben altra consapevolezza.
Consapevolezza, termine assai abusato di questi tempi, che nel caso dei NO Green Pass al momento è solo di essere numerosi e di poter esercitare pressioni tali da condizionare la politica.
Cosa possibile se saprà condizionare l’economia (vedi porto di Trieste).
Se invece rimarrà un movimento di piazza vorrà dire che è bello che fatto per costruire un altro recinto che fungerà da argine anche a questa protesta.
Le economie interconnesse e legate a doppio filo sia con la produzione che con la finanza, ma contemporaneamente anche con il consumo bulinino di informazione, rappresentano un mondo inedito nella storia dell’uomo. Fino ad oggi le classi subalterne lo hanno subìto in due modi: uno economico, cioè cedendo quote di capacità di spesa e di sovranità; e un secondo rappresentato dall’indietreggiamento culturale.
Entrambi questi fattori hanno messo all’angolo la popolazione (europea principalmente), ma al contempo hanno creato una consapevolezza – appunto – forse anche solo inconscia, che la misura fosse colma e che fosse arrivato il tempo di cambiare le cose.
Fare politica non significa per forza fare un partito. Si può fare politica anche stando sul proprio posto di lavoro, oppure non andandoci.
Si fa politica al supermercato, con le scelte nel quotidiano, di fronte ad uno scaffale, così come davanti alla TV.
I NO Green pass hanno (abbiamo) un futuro?
Forse potrà giocarsi le proprie carte se resterà una forza politica extra parlamentare, vale a dire in grado di fare lobbismo senza essere inglobato dal sistema.
I portuali di Trieste, di Genova ed Ancona, hanno dimostrato che non servono necessariamente tante truppe, ma un’idea chiara di come colpire il sistema.
E per farlo il resto delle masse possono essere molto preziose, non solo quando si tratta di fare numero alle manifestazioni, ma soprattutto, nel sostegno economico delle famiglie di chi sta in prima linea.
Questo lo abbiamo capito.
Una strategia che sta dando i suoi frutti.
Il movimento del NO Green Pass non sposa l’idea dell’uomo solo al comando.
Saggia decisione, perché consente di non esporre l’incolumità dei leaders e delle loro famiglie.
Ma che fine hanno fatto tutte le associazioni ed i gruppi di attivisti triestini di cui i portuali erano solo una delle varie anime?
Il fatto che siano “sparite” mi lascia dei dubbi.
Perché i triestini si sono divisi?
Tornando all’assenza di un capo bastone, probabilmente serviranno degli elementi catalizzatori alla Puzzer, purché non si trasformino nel Grillo e, soprattutto nei Di Maio e nei Di Battista che abbiamo conosciuto.
Dei Casalino non vedremo neanche l’ombra. Questo è l’unico punto certo. A fare da cassa di risonanza oggi ci sono più soggetti, ciascuno con competenze simili e diverse.
Rivedremo salire sui palchi persone competenti ma senza un megafono.
Una antica promessa che siamo ancora in tempo a mantenere.