Economia
Maserati al bivio: crisi profonda sotto l’egida Stellantis. Numeri allarmanti e mancanza di coraggio
I dati del Q1 2025 per Maserati sono impietosi: ricavi e vendite dimezzati. Un’analisi critica su come la gestione Stellantis e i suoi “tentativi poco convinti” abbiano portato il marchio del Tridente a un bivio, tra produzione in affanno e piani di rilancio rinviati. Si profila la necessità di “decisioni drastiche”.

I numeri non mentono, e quelli di Maserati per il primo trimestre 2025 suonano come un allarme assordante. Sotto l’egida di Stellantis, il glorioso marchio del Tridente appare impantanato in una crisi profonda, i cui contorni sembrano sempre più strutturali che congiunturali. I dati comunicati da Stellantis il 30 aprile e analizzati da diverse testate lasciano poco spazio all’ottimismo e sollevano seri interrogativi sulla strategia e l’efficacia della gestione attuale.
Secondo quanto riportato da ItalPassion, i ricavi di Maserati nel Q1 2025 sono crollati a soli 157 milioni di euro, un dimezzamento netto rispetto ai 313 milioni dello stesso periodo del 2024. Le vendite globali hanno seguito una traiettoria altrettanto preoccupante, passando da 3.300 a sole 1.700 unità (-48%).
Questi dati, impietosi, riportano di fatto Maserati ai livelli di un decennio fa, al 2013, come sottolineato nel testo. La situazione produttiva è speculare a quella commerciale: La UILM, parla di appena 1.000 auto prodotte nei primi tre mesi dell’anno, una cifra che evidenzia una capacità produttiva largamente inutilizzata negli stabilimenti italiani.
Le cause di questa debacle sono una miscela tossica di fattori: una gamma prodotti percepita come poco innovativa, un posizionamento di prezzo non adeguato alle aspettative o alla capacità di spesa di una parte della clientela potenziale, una comunicazione giudicata debole e una strategia complessiva poco chiara e incisiva.
Il prezzo della Maserati, pari almento a 100 mila dollari sul mercato USA, richiederebbe un’auto di grande glamour e di enorme affidabilità, cosa che Stellantis non riesce a garantire. A questo aggiungiamo la grande dipendenza dal mercato Nord Americano, dove ora l’amministrazione Trump impone dazi del 25% sulle auto importate. Quindi maserati, dall’oggi al domani, costa il 25% in più proprio su suo principale mercato. Un colpo durissimo.
La crisi, dunque, non è un incidente di percorso. È una condizione radicata, difficilmente risolvibile con semplici ritocchi. I problemi appaiono così profondi che, come suggerisce l’analisi nel testo, richiedono probabilmente decisioni drastiche. La difficile situazione di Stellantis stessa, con ricavi in calo e incertezze sui dazi, non fa che acuire la pressione su marchi in difficoltà come Maserati, potenzialmente limitando il supporto o accelerando la richiesta di performance immediate, con “minor margine per errori”.
Anche sul fronte produttivo, il quadro è sfaccettato ma non privo di tensioni. La notizia, riportata da MarkLines, di una (seppur cauta) ripartenza della produzione di GranTurismo e GranCabrio a Mirafiori a maggio 2025 può essere letta sia come un segnale (debole) di vitalità, legato magari a un minimo accumulo ordini o alla necessità di mantenere attive le linee ed evitare una chiusura totale, sia come un palliativo che non risolve il problema dei bassi volumi cronici.
Modena in crisi
Nel frattempo, a Modena, le relazioni industriali sono ai ferri corti. La CGIL di Modena ha indetto scioperi per protestare contro il mancato rinnovo del CCSL e, in particolare per Maserati, contro l’uso massiccio della cassa integrazione senza un’adeguata integrazione salariale. Tutti segni di una crisi profonda del marchio emiliano. Ormai della vera Maserati rimane pochissimo, e quessto, forse, è proprio uno dei motivi della crisi: l’auto è impersonale, uno SUV di lusso come tanti altri, senza carattere, senza nessuna particolarità, che si trova a combattere contro soluzione tecnologicamente più avanzate, ma senza nessun vantaggio.
I piani di rilancio, o almeno quelli delineati per il Nord America da Andrea Soriani , sembrano concentrarsi principalmente su aspetti di marketing e sulla correzione della percezione del brand (rendendo più “accessibile” l’idea di una Grecale da $70k). Alla fine si gioca sul prezzo, ma da solo questo non basta e rimane sempre la domanda base: perché comprare Maserati e non Lexus
In una situazione in cui mancano i soldi per rilanciare il marchio e per introdurre nuovi modelli, in una casa automobilistica confusa e senza identità, l’unica cosa positiva è l’investimento di 11 milioni nelle “Officine fuoriserie”, dove si effettuano le elaborazioni e personalizzazioni dei modelli d’auto. Una mossa interessante, anche coerente con lo stile italiano, l’unica che abbia veramente senso negli ultimi anni.
L’AD Santo Ficili si trova, come descritto, ad affrontare un “compito indubbiamente arduo”. Un’impresa resa titanica dalla situazione ereditata: una crisi strutturale, modelli chiave rinviati e una pressione costante da parte di una casa madre che deve fare i conti con le proprie sfide globali.
Che farà Stellantis? Chiude Maserati, la cede? La casa emiliana appare come qualcosa di estraneo, di avulso a Stellantis, che, a sua volta, non sa chi sia e cosa sia, a metà strada fra gli USA e l’Europa. Una società nata solo per permettere agli elkann di incassare i soldi per la vendita di FCA non ha la direzione strategica, l’esperienza e la tradizione per rilanciare un marchio come Maserati. Forse la scelta mgiliore sarebbe proprio quella di cederòa a chi, almeno, ha un’idea chiara di cosa fare e di come farlo.
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