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L’Università di Princeton compie un passo avanti nel controllo del plasma per la fusione nucleare

Il Plasma Physics Laboratory dell’Università di Princeton ha scoperto che il rivestimento in litio liquido permette di calcolare con molta maggior precisione la stabilità del plasma, permettendo di avvicinarsi ancora di più alla fusione

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I ricercatori del Princeton Plasma Physics Laboratory hanno scoperto che la scelta di rivestire la superficie interna del recipiente contenente il plasma di fusione nucleare con litio liquido è la soluzione migliore per riuscire a mantenere il plasma ad alti livelli di energia

La ricerca, presentata in un nuovo articolo pubblicato su Nuclear Fusion, include osservazioni, simulazioni numeriche e analisi dei loro esperimenti all’interno di un contenitore di plasma di fusione chiamato Lithium Tokamak Experiment-Beta (LTX-β).

L’uso del plasma permette di rispondere a una domanda essenziale nella gesione della fusione nucleare: quanta energia può essere aggkiunta al plasma prima di perderne il controllo. Le simulazioni condotte sull’utilizzo di tokamak rivestiti in litio liquido hanno rivelato che

Basandosi sulle recenti scoperte che mostrano la promessa di rivestire la superficie interna del tokamak contenente un plasma di fusione con litio liquido, permette ai  ricercatori di determinare la densità massima di particelle non cariche, o neutre, sul bordo di un plasma, prima che il bordo del plasma si raffreddi e quindi si crei instabilità e imprevedibilità nei suoi comportamenti.

Conoscere la densità massima delle particelle neutre sul bordo di un plasma di fusione è importante perché dà ai ricercatori un’idea di come e quanto alimentare la reazione di fusione, cioè di quanta energia si possa aggiungere prima che il sistema diventi instabile. Il Plasma quindi è calcolabile e gestibile.

L’ambiente unico di LTX-β

L’LTX-β è uno dei tanti recipienti di fusione in tutto il mondo che trattengono il plasma a forma di ciambella utilizzando i campi magnetici, cioè è un tokamak toroidale. Ciò che rende speciale questo tokamak è che le sue pareti interne possono essere rivestite, quasi completamente, di litio. Questo cambia radicalmente il comportamento delle pareti, in quanto il litio trattiene un’altissima percentuale di atomi di idrogeno provenienti dal plasma. Senza il litio, molto più idrogeno rimbalzerebbe sulle pareti e tornerebbe nel plasma. All’inizio del 2024, il team di ricerca ha riferito che questo ambiente di riciclo ridotto per l’idrogeno mantiene caldo il bordo del plasma, rendendo il plasma più stabile e fornendo spazio per un volume maggiore di plasma.

Richard Majeski, fisico dirigente di ricerca presso il PPPL e responsabile di LTX-β, ha detto: “Stiamo cercando di dimostrare che una parete di litio può consentire un reattore a fusione più piccolo, che si tradurrà in una maggiore densità di potenza”. In definitiva, questa ricerca potrebbe tradursi in una fonte di energia da fusione conveniente di cui il mondo ha bisogno.

Il toroide LTX-Beta in un rendering

Con il nuovo documento, il team LTX-β ha pubblicato ulteriori risultati che mostrano la relazione tra il combustibile per il plasma e la sua stabilità. In particolare, i ricercatori hanno trovato la densità massima di particelle neutre sul bordo di un plasma all’interno di LTX-β prima che il bordo inizi a raffreddarsi, portando potenzialmente a problemi di stabilità. I ricercatori ritengono di poter ridurre la probabilità di alcune instabilità mantenendo la densità sul bordo del plasma al di sotto del livello appena definito di 1 x 1019 m-3. È la prima volta che viene stabilito un tale livello per LTX-β, e conoscerlo è un passo importante nella loro missione di dimostrare che il litio è la scelta ideale per il rivestimento interno di un tokamak, perché li guida verso le migliori pratiche per l’alimentazione dei loro plasmi.

In LTX-β, la fusione viene alimentata in due modi: utilizzando soffi di idrogeno gassoso dal bordo e un fascio di particelle neutre. I ricercatori stanno perfezionando il modo di utilizzare entrambi i metodi in tandem per creare un plasma ottimale che sostenga la fusione per lungo tempo nei futuri reattori a fusione, generando allo stesso tempo abbastanza energia da renderla pratica per la rete elettrica.

Miglioramento dei metodi per mantenere una temperatura uniforme nel plasma

I fisici spesso confrontano la temperatura del bordo con quella del nucleo per valutare quanto sarà facile gestire il plasma. Tracciano questi numeri su un grafico e considerano la pendenza della linea. Se la temperatura del nucleo interno e del bordo esterno sono quasi uguali, la linea è quasi piatta, quindi si parla di un profilo di temperatura piatto. Se la temperatura del bordo esterno è significativamente più bassa di quella del nucleo interno, gli scienziati lo chiamano profilo di temperatura a picco.

Santanu Banerjee, fisico ricercatore presso il PPPL e autore principale del nuovo lavoro, ha spiegato: “Il team ha determinato la densità massima di particelle neutre oltre il bordo di un plasma che consente ancora un profilo di temperatura piatto. Se si supera quel numero di neutri al bordo, la temperatura del bordo diminuisce e si finisce in un profilo di temperatura a picco”.

“La stessa densità di neutri è la soglia per le instabilità note come modalità di strappo. Oltre quella densità, vi è una destabilizzazione delle lacerazione del plasma e questo causa minacce al plasma e può fermare la reazione di fusione se non vengono controllati”, ha aggiunto.

Se le instabilità diventano troppo grandi, la reazione di fusione terminerà. Al fine di supportare la rete elettrica, i ricercatori stanno scoprendo i modi migliori per gestire un plasma di fusione in modo che la reazione sia stabile.

Nel frattempo, il lavoro sul progetto continua. L’ingegnere del PPPL Dylan Corl sta ottimizzando la direzione in cui il fascio neutro, utilizzato per riscaldare il plasma, viene iniettato nel tokamak. “Stiamo praticamente creando una nuova porta”, ha detto Corl. Utilizza un modello 3D dell’LTX-β, testando diverse traiettorie del fascio per assicurarsi che il fascio non colpisca un’altra parte dell’apparecchiatura, come gli strumenti utilizzati per misurare il plasma. “Trovare l’angolo migliore è stata una sfida, ma credo che ora l’abbiamo trovato”, ha detto Corl.

 


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