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Lo Zimbabwe emette una valuta garantita dall’oro. Peccato sia poco…

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Nel tentativo di stabilizzare la moneta nazionale e di fermare l’inflazione, la Reserve Bank of Zimbabwe ha introdotto una moneta digitale sostenuta dall’oro che avrà corso legale nel Paese. In questo momento l’idea della valuta virtuale peggata al metallo prezioso sta guaadagnando sostenitori in diverse parti del mondo.

A titolo di cronaca, lo Zimbabwe lotta da oltre un decennio contro la volatilità della valuta e l’inflazione. Ancor recentemente ci sono stati picchi inflazionistici interessanti (si fa per dire…)

Nel 2009, dopo un episodio di iperinflazione, il Paese ha adottato il dollaro statunitense come moneta corrente. Nel 2019, il dollaro dello Zimbabwe è stato reintrodotto nel tentativo di rilanciare l’economia in difficoltà del Paese. I risultato è nel grafico soprastante

L’anno scorso, il governo ha deciso di utilizzare nuovamente il dollaro statunitense nel tentativo di contenere l’impennata dei prezzi nel Paese.

Ora, l’ultimo piano della banca centrale consentirà di scambiare piccole quantità di dollari zimbabwani con il token digitale, permettendo a un maggior numero di zimbabwani di coprirsi dalla volatilità della valuta.

Naturalmente, questo ha infastidito molto il FMI (che potrebbe perdere il suo controllo sul Paese, dettato dal debito, se questo piano dovesse avere successo):

Dovrebbe essere condotta un’attenta valutazione per garantire che i benefici di questa misura siano superiori ai costi e ai rischi potenziali, tra cui, ad esempio, i rischi di stabilità macroeconomica e finanziaria, i rischi legali e operativi, i rischi di governance, il costo della perdita di riserve valutarie…

L’istituto di credito con sede a Washington ha esortato le autorità della nazione dell’Africa meridionale a utilizzare piuttosto le misure convenzionali per affrontare le sfide economiche (cioè prendere in prestito da noi e piegare il ginocchio in stile “sicario economico”).

Ciononostante, lunedì la banca centrale ha iniziato a vendere token digitali agli investitori a un prezzo minimo di 10 dollari per i privati e di 5.000 dollari per le aziende e altre entità, nell’ambito degli sforzi per ridurre la domanda di dollari USA, che ora sostituiscono l’unità locale come valuta preferita per le transazioni.

E ora i risultati sono arrivati: la banca centrale ha ricevuto 135 richieste per un valore di 14 miliardi di dollari dello Zimbabwe (12 milioni di dollari) per acquistare i gettoni digitali sostenuti dall’oro, ha dichiarato venerdì in un comunicato inviato via e-mail. È prevista una seconda asta il 18 maggio.

Il problema è che le riserve attuali dello Zimbabwe sono pari a solo 140 Kg d’oro, per un valore sul mercato di circa 9 milioni di USD. Quindi il backing della valuta è già esaurito e il governo dovrebbe procurarsi altro oro prima di emettere nuove valute virtuali.

Sembra che il mercato stia testando il processo prima di impegnarsi a convertire riserve significative di Zim$ in gettoni d’oro, ma è stata comunque una prima settimana di tutto rispetto. Ora vedremo se lo Zimbabwe riuscirà ad emetterne altre. In teoria lo Zimbabwe ha riserve auree per ben 13 milioni di tonnellate, ma il problema è estrarle. 

Secondo Chainalysis, il Medio Oriente e il Nord Africa sono la regione in più rapida crescita per l’adozione delle criptovalute grazie alle rimesse transfrontaliere, con oltre 566 miliardi di dollari di transazioni in criptovalute tra luglio 2021 e giugno 2022, con un aumento del 48% rispetto all’anno precedente. L’inefficienza e il costo del sistema bancario sono tali da rendere interessante l’uso delle valute virtuali, proprio per abbattere i costi di intermediazione.


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