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“Libero”: Ecco cosa succede se si esce dall’euro

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Segnaliamo questo ottimo articolo di Giuliano Zulin del Quotidiano Libero: Ecco cosa succede se si esce dall’euro, dove viene tra l’altro citato lo studio fatto dal nostro sito  sito www.scenarieconomici.it : Esclusiva Analisi: simulazione di cosa accadrebbe con e senza EURO.

Dopo mesi e mesi di silenzio generale dei media, segnaliamo che il quotidiano Libero ha iniziato una serie di pubblicazioni, tra cui segnaliamo anche l’articolo di Cervo: Anche la Germania si è stancata dell’euro.

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Il dibattito sulla moneta unica

Ecco cosa succede se si esce dall’euro

Due scenari: con un divorzio disordinato dell’Italia sarebbero guai per mutui, spread, conti pubblici e inflazione. Un addio condiviso ci farebbe tornare davanti alla Germania trainati dall’export

 

Quando si parla dell’utilità dell’euro la domanda che tutti si fanno è: che succede se uno Stato esce dalla moneta unica? La risposta ufficiale non c’è, perché nessuno ha mai ipotizzato che il grande progetto economico  del Vecchio continente potesse fallire. Però la crisi che sta impoverendo i Paesi mediterranei (ma anche la Francia) e arricchendo quasi esclusivamente la Germania sta effettivamente accendendo più di qualche spia in giro per l’Europa. Addirittura nella patria della signora Merkel c’è chi vede la divisa unica   come una «gabbia», al punto che il nuovo partito anti-Cancelliera teorizza proprio un’uscita dalla moneta. Come? Beh, c’è un piano – accarezzato pure da Angela nei mesi bui di fine 2011 – di Dirk Meyer, un economista tedesco che insegna all’Università Helmut Schmidt di Amburgo. La sostanza è semplice:  la Germania si trova costretta a sostenere costi per circa 80 miliardi  all’anno per aiutare altri Paesi dell’eurozona. Prima o dopo sarà chiamata a sobbarcarsi parte dei debiti degli Stati con gli eurobond. Non è allora  più conveniente  – sostiene Meyer – uscire dall’euro e pagare una pesante una tantum   –  tra 250 e 340 miliardi di euro – con perdite nell’export, svalutazione di investimenti all’estero e costi di transizione a una nuova valuta? Una botta unica e passerebbe la paura: dopo l’uscita Berlino non dovrebbe più rendere conto a nessuno, se non ai virtuosi e austeri tedeschi. Come funzionerebbe la secessione «made in Germany»?

1) Chiusura delle banche un lunedì, riapertura il giorno dopo e distribuzione di banconote modificate (nuovi marchi)

2) Divieto per gli stranieri o per i tedeschi non residenti in Germania di ottenere le nuove banconote in cambio di vecchi euro.

3) Aiuti dello Stato alle banche nazionali per far fronte al deprezzamento dei depositi all’estero.

4) Due mesi dopo, uscita della Germania dall’euro insieme con Finlandia e Olanda.

5) Ancora chiusura delle banche un lunedì per conventire tutti i depositi dall’euro al marco, che si apprezzerebbe del 25%. Problemi? A parte l’ingessamento della «Deutsche economy» non si assisterebbe a grandi scossoni: in fin dei conti la credibilità e la serietà della Germania sarebbe rafforzata.

E gli altri Paesi dell’eurozona? La Confindustria teutonica la pensa diversamente da Meyer, perché l’Italia e  gli altri «grandi» esclusi dal marco ricomincerebbero ad esportare come ai bei tempi. Ricordate a metà degli anni ’90? La lira era appena stata svalutata e il Nord Italia non riusciva a star dietro alle commesse. Ora è il contrario: la Germania, con l’euro, ha «succhiato» mille miliardi ai coinquilini europei in un decennio. Per questo – come spiega un’analisi della fondazione   Bertelsmann  – gli imprenditori tedeschi vogliono tenersi stretto l’euro: il marco   sarebbe più forte dell’euro attuale del 23%, mentre la moneta unica si deprezzerebbe del 7%. Il risultato sarebbe un calo del Pil di mezzo punto all’anno in media tra il 2013 e il 2025. In totale   Berlino perderebbe in 12 anni qualcosa come 1.200 miliardi di euro o 14mila euro per ciascun tedesco. 

Par di capire dunque che sarebbe l’Italia lo Stato che più beneficerebbe di un’uscita dall’euro. Ma è proprio così? È chiaro che la sola uscita dell’Italia farebbe cadere tutto il castello: le banche europee sarebbero costrette a ricapitalizzarsi o a ricevere aiuti di Stato  per sopperire alla svalutazione del debito italiano in portafoglio, con automatica rovina per i conti pubblici. Le conseguenze sarebbero inizialmente negative anche per l’Italia:

1) assisteremmo a un deprezzamento del patrimonio di almeno un 20% (case e depositi inclusi)

2) l’inflazione galopperebbe (complice il rincaro di petrolio e altre materie prime importate) a livelli da anni ’80, ai quali però non siamo più abituati

3) il famoso spread tornerebbe intorno a quota 900 come vent’anni fa, con difficoltà nel piazzare titoli di Stato sul mercato,

4) mutui e prestiti subirebbero un’impennata non consigliata ai deboli di cuore

5) la disoccupazione aumenterebbe di colpo con inevitabile aumento delle lotte sociali… Sì, le imprese farebbero festa con l’export. Ma a che prezzo.

Diverso il discorso con un’uscita ordinata. Il sito www.scenarieconomici.it , riprendendo un’elaborazione di Bofa-Merrill Lynch e dell’economista francese Jacques Sapir, esibisce infatti numeri strabilianti nel caso in cui tutti i Paesi andassero fuori dalla moneta unica, ovvero se si decidesse che l’euro è da pensionare. Cominciamo dal cambio: il marco passerebbe a 1,48 sul dollaro, mentre la lira scenderebbe subito a 1,16 biglietti verdi. Proseguiamo con l’inflazione: il marco manderebbe la Germania in deflazione dell’1,3%, contro un aumento dei prezzi del 3,5% nel primo anno, per poi scendere al 2,5% nel secondo e terzo. Capitolo import-export: con la moneta tedesca la penalizzazione del Pil sarebbe del 7%, contro un boom italiano del 5%.  Finiamo col Pil e i conti pubblici. La Germania senza euro cederebbe il 3% per due anni di fila, a casa nostra si potrebbe invece rivedere un aumento del 2% annuo. Di conseguenza il deficit/Pil rischierebbe di scendere all’1% nel giro di tre anni e il debito passerebbe al 117% sul Pil. 

Sono solo teorie, ma se fosse vera la metà dei dati positivi per il Belpaese, perché non battere i pugni a Berlino? L’ha detto domenica a Trento anche un premio Nobel per l’economia come lo scozzese James A. Mirrlees: l’uscita dall’euro è un’opportunità da considerare per l’uscita dalla crisi economica per alcuni Paesi.

 

By GPG Imperatrice

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