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L’esplosione del debito locale Cinese: una bomba ad orologeria !

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NdA : scrivo l’articolo la sera di domenica e mi risveglio con il crash della borsa…

La svalutazione dello Yuan ed il crollo della borsa di Shanghai sono solo il culmine del grosso iceberg dei problemi finanziari cinesi. Sotto il filo dell’acqua della visibilità internazionale si nasconde l’enorme debito locale .

La Cina ha posto obiettivi di crescita del PIL alti, il 7%, per quanto il PIL non sia un indicatore perfettamente affidabile in estremo oriente (rimandiamo al LK index). Questo ha posto in secondo piano il problema dello sviluppo del debito degli enti locali.

Gli investimenti delle autorità locali sono sempre stati visti come un forte volano alla crescita, volano finanziato a debito nella speranza che una crescita perenne ne permettesse il rimborso. Ora con il rallentamento economico i problemi vengono a galla. La ricerca della crescita ad ogni costo ha condotto ad una cattiva allocazione degli investimenti, il cui rendimento marginale è sempre più calante. A fronte di un rendimento degli investimenti calante vi è stato un’esplosione del debito.

2010 debito  enti locali 26% del PIL

2013 debito enti locali 32 % del PIL

2015 debito enti locali 47,5 % del PIL

Il governo ha cercato di risolvere il problema in vari modo. Nel 2013 il presidente Xi Jinping ha emesso un memorandum per incrementare l’intervento del mercato nel finanziamento. Successivamente è stato emesso un programma per permettere l’emissione di titoli a lunga scadenza e basso rendimento per sostituire quelli a breve termine ed altro rendimento emessi sino a quel momento, per diminuire i vincoli finanziari delle autorità locali, ma, così facendo , distruggendo il precedente programma di incremento della partecipazione del mercato. Le banche sono state costrette ad effettuare uno swap di scadenze, ma , a quel punto, , le banche si sono opposte all’effettuazione di nuovi prestiti. del resto le altre entrate locali, legate alle vendite delle terre agli speculatori edilizi, sono in calo verticale per la crisi dei valori immobiliare

Quindi da un lato, localmente, la cina ha iniziato ad avere difficoltà di finanziamento, e questo ha reso inutili gli appelli dello stato centrale. Dall’altro gli stessi enti locali sono invischiati in una palude di investimenti industriali ed immobiliari a bassissima resa, che non permettono un ritorno tale da sostenere la crescita. Lo Stato centrale dovrebbe spingere le autorità locali alla dismissione degli investimenti a resa negativa o bassa, e ridirigere gli stessi verso progetti ad alta redditività, però questo non accade, sia per una  viscosità ai cambiamenti dovuta anche alla corruzione locale, sia perchè lo stato ha privilegiato obiettivi a breve termine a scapito di una crescita più contenuta, ma più solida.

I capitali dei privati, puniti dal calo di borsa, sono sempre meno propensi agli investimenti interni, e , nonostante i vincoli sempre crescenti da parte dello stato, hanno una preferenza per muoversi all’estero. del resto il timore è anche che questi vincoli crescano nel tempo, per cui nasce il rischio di una fuga dei capitali privati

Insomma, neppure 3700 miliardi di riserve in valuta straniera possono mettere uno stato al sicuro dalle crisi finanziarie


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