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Le terre rare e materie critiche in Italia: la loro collocazione e il loro sfruttamento

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Le terre rare sono un gruppo di 17 elementi chimici che hanno proprietà magnetiche, ottiche ed elettriche particolari e che sono essenziali per la produzione di molte tecnologie avanzate, come i pannelli solari, le batterie elettriche, i dispositivi elettronici, le turbine eoliche e i materiali aerospaziali. Sono chiamate così non perché siano effettivamente rare, ma perché sono difficili da trovare in concentrazioni elevate e da estrarre in modo economico ed ecologico.

L’Italia possiede 16 delle 34 materie prime critiche indicate dall’Unione Europea, tra cui alcune terre rare come il cobalto, il magnesio, il rame e l’antimonio. Queste materie prime sono considerate critiche perché la loro domanda è in forte crescita per la transizione ecologica e digitale, ma la loro offerta è limitata e dipendente da pochi paesi, soprattutto la Cina, che controlla circa il 50% del fabbisogno globale.

I giacimenti di terre rare si trovano soprattutto sulle regioni dell’arco alpino, dal Friuli al Piemonte, e poi in Liguria, Toscana, Nord del Lazio, Abruzzo e Sardegna. In Friuli si trova il cobalto, in Veneto il magnesio e il rame, in Toscana l’antimonio e il titanio. Quest’ultimo è uno dei più grandi bacini al mondo di questo metallo, utilizzato per le leghe leggere e resistenti.

Tuttavia, queste risorse non vengono sfruttate a pieno, anzi sono state abbandonate per decenni a causa dei bassi margini di guadagno e dell’impatto ambientale dell’attività mineraria. L’Italia non ha alcuna attività estrattiva di terre rare e importa tutto dall’estero, con un costo economico e geopolitico elevato. Eppure l’impatto positivo, strategico ed economico, di queste attività potrebbe essere pesante.

Per questo motivo, il governo italiano ha avviato una strategia per riaprire le miniere di terre rare e investire nella loro lavorazione e nel loro riciclo. Il ministero delle Imprese e del Made in Italy e quello dell’Ambiente stanno lavorando sulla mappatura dei siti di estrazione, partendo dalle mappe delle miniere chiuse trent’anni fa. Inoltre, è stato istituito un fondo strategico nazionale con una dotazione di un miliardo di euro per sostenere gli investimenti nel settore.

I giacimenti di terre rare si trovano soprattutto sulle regioni dell’arco alpino, dal Friuli al Piemonte, e poi in Liguria, Toscana, Nord del Lazio, Abruzzo e Sardegna. In Friuli si trova il cobalto, in Veneto il magnesio e il rame, nel lazio il litio. Perfino antimonio e titanio sono presenti con dei giacimenti fra i maggiori al mondo, in Toscana e in Liguria.Tuttavia, queste miniere sono state chiuse circa 30 anni fa per motivi economici o ambientali, oppure non sono mai state sfruttate perché motivi di carattere burocratico o ambientale ne hanno bloccato lo sfruttamento.

L’obiettivo è quello di rendere l’Italia più autonoma e competitiva nel mercato delle materie prime critiche, ma anche più sostenibile dal punto di vista ambientale. Infatti, l’estrazione delle terre rare richiede processi chimici complessi che producono grandi quantità di rifiuti tossici. Per ridurre questo impatto, occorre adottare tecnologie più pulite e efficienti, ma anche promuovere il riciclo dei materiali già usati. L’Italia è già leader in Europa nel riciclo dei metalli non ferrosi, con una quota del 30%, ma intanto l’Europa importa il 49% delle proprie materie critiche dalla Cina. Una vulnerabilità enorme in un momento di incertezze internazionali.

In conclusione, le terre rare rappresentano una grande opportunità per l’Italia di sviluppare un’industria innovativa e verde, capace di creare occupazione e valore aggiunto. Ma per farlo occorre superare le resistenze sociali e burocratiche che ostacolano la riapertura delle miniere e garantire il rispetto delle norme ambientali e della salute dei lavoratori.


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