Euro
Le confessioni dei padri dell’euro: Padoa-Schioppa, Amato, Prodi e D’Alema
Per smascherare la truffa dell’unione europea e in particolare dell’euro la cosa migliore da fare è quella di rileggersi le dichiarazioni – o meglio confessioni – fatte negli ultimi 30 anni dai soggetti che ci hanno portato in questa gabbia.
In questo articolo analizzeremo le confessioni di Tommaso Padoa-Schioppa, Giuliano Amato, Romano Prodi e Massimo D’Alema. Cominciamo
PADOA-SCHIOPPA: DUREZZA DEL VIVERE E DISPOTISMO ILLUMINATO
Tra le frasi più note che dimostrano la natura antidemocratica di euro e unione europea, ci sono quelle di Tommaso Padoa Schioppa sul “dispotismo illuminato” e sulla “durezza del vivere”, scritte rispettivamente nel 1999 e nel 2003.
FONTE: Bance Centrale Europea – Mandati dei membri del Comitato esecutivo
Ai quei tempi Padoa Schioppa lavorava alla nascente Banca Centrale Europea (vedi biografia sul suo sito personale) come membro del Comitato esecutivo, pertanto le sue dichiarazioni meritano la massima attenzione.
LA DUREZZA DEL VIVERE
Questa dichiarazione è comparsa il 26 agosto 2003, sul Corriere della Sera, si può trovare sul sito personale di Padoa-Schioppa, dal titolo “Berlino e Parigi ritorno alla realtà” ed disponibile anche l’originale in PDF
Leggiamo l’estratto
« Nell’Europa continentale, un programma completo di riforme strutturali deve oggi spaziare nei campi delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola e in altri ancora.
Ma dev’essere guidato da un unico principio: attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l’individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità.
Cento, cinquanta anni fa il lavoro era necessità; la buona salute, dono del Signore; la cura del vecchio, atto di pietà familiare; la promozione in ufficio, riconoscimento di un merito; il titolo di studio o l’apprendistato di mestiere, costoso investimento.
Il confronto dell’uomo con le difficoltà della vita era sentito, come da antichissimo tempo, quale prova di abilità e di fortuna.
È sempre più divenuto il campo della solidarietà dei concittadini verso l’individuo bisognoso, e qui sta la grandezza del modello europeo. Ma è anche degenerato a campo dei diritti che un accidioso individuo, senza più meriti né doveri, rivendica dallo Stato. »
In che modo imporre questa “durezza del vivere”? Beh naturalmente attraverso l’euro, ce lo spiega sempre Padoa-Schioppa.
IL DISPOTISMO ILLUMINATO
A fine anni ’90 scrisse un articolo sulla rivista trimestrale francese “Commentaire” (numero 87 / autunno 1999), un pezzo dal titolo “Les enseignements de l’aventure européenne”.
La versione integrale del numero la trovate qui, mentre la traduzione completa dell’articolo di Commentaire la può trovare qui, a cura del Fronte Sovranista Italiano.
Vediamo dunque i passaggi più importanti dell’articolo, qui il PDF del solo articolo.
DEMOCRAZIA (LEGITTIMITÀ, LEADERSHIP) – PAG 577
(…) L’Europa si è formata in piena legittimità istituzionale. Ma non procede da un movimento democratico, né da una mobilitazione popolare intorno ad un organo costituente; non ci sono state né le Cinque giornate, né parlamenti di Francoforte, né Stati Generali.
Essa si è costituita per l’effetto di tre forze: l’azione di governi illuminati (da Adenauer a Kohl, da De Gasperi ad Andreotti, da Schumann a Mitterand); la visione ispirata di uomini politici fuori dal comune, come quelli che ho già citato (specialmente Monnet, Spinelli, Delors); l’adesione profonda del popolo europeo all’obiettivo perseguito, adesione intuitivamente percepita dagli uomini politici.
Fra i due poli del consenso popolare e della leadership di qualche governante, l’Europa si è fatta seguendo un metodo che si potrebbe definire col termine dispotismo illuminato, procedura perfettamente legittima, ma ancorata al metodo democratico solo per l’esistenza della democrazia all’interno degli Stati, non da un processo democratico europeo. Si può dunque parlare di democrazia limitata.
SOVRANITÀ MONETARIA – PAG 579
Nella storia delle banche centrali, in quella dei sistemi costituzionali e quella delle relazioni monetarie internazionali, la nascita della banca centrale europea segna una data di importanza eccezionale.
Per la prima volta, degli Stati sovrani hanno rinunciato volontariamente alla propria sovranità monetaria e realizzato una piena unione monetaria prima di pervenire ad una piena unione politica.
Non c’è un precedente ad un tale sganciamento dalla regolazione monetaria e dal governo dello Stato; l’evento è reso ancora più significativo dal fatto che si produce in un momento in cui, per la prima volta nella storia umana, la moneta non è ancorata né sull’oro né su un altro standard reale.
Evento nuovo per gli Stati, che avevano sempre considerato che battere moneta fosse loro prerogativa. Evento nuovo per le banche centrali che, anche se godevano di una larga autonomia, s’inserivano sempre nondimeno in un quadro istituzionale comprendente un’autorità di bilancio, istituzioni parlamentari e un governo che controllava la forza pubblica.
BANCA CENTRALE – PAG 579
Con la nascita della Banca centrale europea si completa il ciclo storico comprendente la ricerca del sistema di regolazione adatto alla nuova realtà della moneta fiduciaria.
I due principi sui quali riposa l’unione monetaria rappresentano il risultato di questa ricerca e non sarebbero mai stati messi in opera fino ad allora in nessun paese tanto pienamente come nel quadro stabilito di Maastricht.
Il primo di questi principi è la stabilità dei prezzi presentata come obiettivo prioritario della politica monetaria; il secondo è l’INDIPENDENZA totale garantita alla BANCA CENTRALE.
Questi sono due elementi per i quali, da lungo tempo, hanno lottato i teorici, le banche centrali, numerose forze politiche e, occasionalmente, anche l’opinione pubblica. Questa doppia posizione è stata conquistata, essa dovrà essere difesa, ma la vittoria è stata acquisita.
Adesso si apre una nuova fase. La banca centrale europea dovrà vincere la sfida di mantenere la stabilità dei prezzi e nello stesso tempo convincere che la sua indipendenza e la sua azione non sono responsabili della DISOCCUPAZIONE in Europa.
Il rischio non proverrà più da una indipendenza insufficiente, ma dalla solitudine: l’assenza di altre autorità ben identificate di politica economica, la difficoltà di indirizzarsi ad una opinione pubblica estremamente vasta, plurilingue, molto diversificate nelle loro tradizioni e cultura; soprattutto il deficit di unione politica.
MONETA E SOCIETÀ – PAG 580
Ma l’importanza della moneta unica trascende la sfera economica e istituzionale. Essa agisce profondamente sui rapporti tra persone, l’identificazione della “società d’appartenenza”, la psicologia individuale e collettiva.
Accettare da uno sconosciuto un pezzo di carta privo di valore intriseco in cambio di beni e servizi che sono i frutti del suo lavoro, è una delle manifestazioni più spettacolari della fiducia delle persone rispetto alla società alla quale appartengono.
E nient’altro, forse, esprime con tanta forza il legame personale con lo Stato come questo gesto, compiuto molte volte da ciascuno, ogni giorno. Che il corso della moneta sia oggi divenuto europeo, costituisce, dunque, una mutazione di portata immensa, perché significa che la fiducia è ora fondata sull’Europa.
La società d’appartenenza comune a tutti a quelli che utilizzeranno le stesse banconote in euro (non solo all’estero, come si intende dire talvolta, ma anche, e ciò è significativo, per pagare il caffè e il giornale all’angolo della strada) cesserà di essere nazionale e diventerà europea. (…)
Ricapitolando: l’unione europea non ha niente di democratico, questo ai nostri giorni ce l’ha ricordato anche Macron nel suo discorso alla Sorbona del 26 settembre 2017.
« I padri fondatori costruirono l’Europa lontano dal popolo, perché erano un’avanguardia illuminata, perché forse potevano permetterselo, e hanno fatto passi in avanti provando che quel metodo funzionava (…) »
Il discorso integrale di Macron è trascritto sul sito dell’eliseo, chiusa parentesi torniamo al discorso di Padoa-Schioppa.
La moneta si crea dal nulla, l’accettazione della moneta è su base fiduciaria, sembrava di leggere Auriti e invece era uno dei padri dell’euro.
Padoa-Schioppa ci ricorda che la stabilità dei prezzi si ottiene mantendo le persone disoccupate.
Infine battere moneta è la prerogativa fondante degli Stati, con buona pace di coloro che sostengono che tale prassi ci farebbe diventare Venezuela e Zimbabwe…
AMATO CONFESSA: LA FAUSTIANA PRETESA DI UNA MONETA SENZA STATO
Questo fatto lo sa benissimo anche l’ex presidente del consiglio Giuliano Amato che lo confessò in quel programma RAI del 6 maggio 2012 “lezioni dalla crisi” – la settima puntata di 12 – dal titolo “come abbiamo reagito?”
Si trova anche su YouTube la puntata integrale, trascrivo l’estratto dal minuto 9:20
« Attenzione! La valuta da secoli, la moneta, è un qualcosa che è strettamente legato allo Stato. Quando voi pensate allo Stato, che cos’è lo Stato? Cosa fa lo Stato?
Lo chiedete ad un giovane che dà un esame del primo anno a giurisprudenza, e vi dirà che lo Stato è quella entità che ha il potere di dichiarare la guerra – speriamo che non lo faccia – e di battere moneta.
Battere moneta vuol dire stampare dei fogli di carta che effettivamente hanno, nella vita economica, un valore corrispondente a quello che c’è scritto sopra e decidere quanta stamparne, quale valore effettivamente dare a ciascuna di queste monete.
Voi capite che insomma sono i “soliti ignoti” (NDR – falsari) quelli che cercavano di avere dei pezzi di carta molto somiglianti alle lire e dare loro lo stesso valore, ma anche per la solidità della nostra vita e della fiducia reciproca, tutti noi abbiamo bisogno che quei pezzi di carta siano solo quelli di chi ha il potere di battere moneta.
E quindi e c’è un legame nella storia, nella finanza, nell’economia tra l’esserci una moneta e l’esserci uno Stato.
Uno Stato con la sua zecca che batte moneta, con la sua banca centrale che provvede concretamente a gestirla, coi suoi organi politici che decidono, ad un certo momento, che il valore che ha quella valuta nei commerci internazionali (NDR – tasso di cambio) penalizza l’economia del paese, e allora conviene alzarlo o abbassarlo nei rapporti con gli altri.
Benissimo, diamo per scontate tutte queste cose: noi abbiamo fatto una moneta senza Stato.
Noi abbiamo avuto la faustiana pretesa di riuscire a gestire una moneta, senza metterla sotto l’ombrello di un potere caratterizzato da quei mezzi e da quei modi che sono propri dello Stato e che avevano sempre fatto ritenere che fossero le ragioni della forza e della credibilità che ciascuna moneta ha.
Eravamo pazzi? Qualche esperimento nella storia c’era stato di monete senza Stato, di monete comuni, di unioni monetarie ma per la verità non erano stati molto fortunati.
Perché noi, quando ci siamo dotati di una moneta unica, abbiamo pensato che potevamo riuscirci in termini di unione e non facendo lo Stato europeo?
Avevamo già costruito un mercato economico comune fortemente integrato, più o meno avevamo un assetto istituzionale che non era quello di uno Stato, ma certo era qualcosa di molto più robusto di quello che usualmente c’è a questo mondo: la comunità europea, l’unione europea, col suo parlamento, la sua commissione, i suoi consigli abbiamo anche previsto di avere una banca centrale.
Però sapete com’è… abbiamo deciso che trasferire a livello europeo quei poteri di sovranità economica che sono legati alla moneta era troppo più di quanto ciascuno degli stati membri fosse disposto a fare.
E allora ci siamo convinti, e abbiamo cercato di convincere il mondo, che sarebbe bastato coordinare le nostre politiche nazionali, per avere quella zona, quella convergenza economica, quegli equilibri economici fiscali interni all’unione europea che servono a dare forza reale alla moneta.
Non tutti ci hanno creduto, molti economisti specie americani ci hanno detto: “allora guardate che non ci riuscirete, non vi funzionerà. Se vi succede qualche problema che magari investe uno solo dei vostri paesi, non avrete gli strumenti centrali che per esempio noi negli Stati Uniti abbiamo, che può intervenire il governo centrale, riequilibrare con la finanza nazionale le difficoltà delle finanze locali, la vostra banca centrale se non è la banca centrale di uno stato non può assolvere alla stessa funzione a cui assolve la banca centrale di uno stato che, quando lo stato lo decide, diventa il pagatore senza limiti di ultima istanza.”
In realtà noi non abbiamo voluto credere a questi argomenti, abbiamo avuto fiducia nella nostra capacità di auto-coordinarci e abbiamo addirittura stabilito dei vincoli nei nostri trattati che impedissero – addirittura – di aiutare chi era in difficoltà e abbiamo previsto che:
– l’unione europea non assuma la responsabilità degli impegni degli stati (NDR – art 125 TFUE)
– che la banca centrale non possa comprare direttamente i titoli pubblici dei singoli stati (NDR- art 123 TFUE)
– che non ci possano essere facilitazioni creditizie finanziarie per i singoli stati (NDR – sempre l’art 123 TFUE).
Insomma moneta unica dell’eurozona ma ciascuno deve essere in grado di provvedere a se stesso, era davvero difficile che funzionasse e ne abbiamo visto tutti i problemi. »
Ricordo che Amato, dal settembre 2013, è giudice della corte costituzionale.
Andiamo avanti
PRODI: CON L’EURO ABBIAMO RINUNCIATO ALLA NOSTRA SOVRANITÀ
Andiamo avanti che il bello deve ancora venire, adesso uno dei peggiori in assoluto: Romano Prodi.
Nel 1998, in qualità di professore universitario, tenne un ciclo di lezioni chiamato “l’età dell’euro“, diffuso da UNINETTUNO TV, video disponibili su YouTube
Vi propongo alcuni estratti, che si trovano nei primi 8 minuti, che dimostrano la oggettiva malafede di questo soggetto.
« La moneta è, come voi sapete, il segno della sovranità di un paese: la moneta è la spada, l’esercito, la banca. Mettere insieme una moneta significa compiere un atto politico di straordinaria importanza.
Molte volte in questi anni di preparazione di attesa della moneta unica si era detto “ma con questo si realizza l’Europa dei banchieri”, questa è una sciocchezza terribile! Questa rinuncia alla sovranità è uno degli atti di cambiamento della natura stessa dello stato moderno.
Con queste azioni, che saranno insieme alle altre azioni di cambiamento costituzionale dell’Europa, noi creiamo una entità che è diversa dalla nazione che ha una forza di influenza nel mondo che probabilmente non ha precedenti. E lo stesso atto di rinuncia alla moneta nazionale non ha precedenti (…) »
E ancora diceva, ridendo
« Cosa vuol dire moneta unica? Primo vuol dire proprio una cosa molto semplice, che le monete nazionali perdono il loro valore, cioè spariscono, per usare un linguaggio molto semplice. E che vi è adottata una moneta unica in tutta questa area: l’euro.
Poi questo significa che la politica monetaria è trasferita dalle banche centrali dei diversi paesi a una istituzione indipendente sovranazionale: la Banca Centrale Europea. Questo è un altro fatto importantissimo, cioè: le singole banche centrali perdono il nucleo del loro potere che, viene trasferito a un livello più elevato alla Banca Centrale Europea »
Ecco altri estratti da una lezione del primo marzo 1999, dunque nello stesso anno in cui fu nominato presidente della Commissione europea.
Potete ascoltare la lezione integrale nell’archivio di radio radicale. Segue trascrizione di alcuni estratti dal minuto 4:44 al min 15:40
« L’età dell’euro. Quello che è avvenuto il primo gennaio 1999, con la messa in comune da parte di 11 paesi della moneta, è un fatto veramente storico.
Cioè non è un evento che sia accaduto altre volte nella storia della umanità (…) E questo evento, la rinuncia alla sovranità della moneta non è mai avvenuta se non attraverso guerra, conquiste e fatti di armi.
È un fatto importantissimo perché la moneta e la spada sono il simbolo della sovranità. (…) Questa è una grandissima decisione politica in cui undici paesi rinunciano a, forse il maggiore atto di sovranità nazionale, che è il governo della moneta. (…)
Qui siamo in sede universitaria, si possono fare anche queste riflessioni, cioè quando sento dire “l’europa dei banchieri”, queste sono stupidaggini colossali! Questi sono atti di grande politica e sono atti che trasformano la storia degli stati. Perché lo stato nazionale si fondava su questi grandi pilastri che ora vengono messi in crisi in discussione. (…)
L’Europa si presenta di fronte agli Stati Uniti come una potenza economica di grande dimensione e di grande potere. Naturalmente con dei problemi, però, molto seri perché c’è l’unione monetaria; non si può più svalutare; ma non c’è ancora una politica economica comune.
E allora voi capite che in queste situazioni incidenti possono sempre capitare. Quelli che gli economisti chiamano gli “shock erratici”, gli “shock improvvisi” che possono derivare da fenomeni anche assolutamente casuali.
Pensate a una tensione sociale in uno dei paesi, pensate a un contratto sbagliato dell’amministrazione pubblica di un altro paese, pensate anche a qualche evento disgraziato.
Evidentemente in questi casi noi abbiamo nei paesi unitari un aggiustamento, per cui poi il reddito viene distribuito diversamente nelle diverse regioni…
Un tempo noi avevamo la svalutazione delle monete, adesso con le monete rigide non abbiamo ancora gli strumenti di politica economica che possano in qualche modo bilanciare eventuali shock, eventuali errori, eventuali sbagli della politica economica. »
Provate ora a ripetere che il problema dell’euro è che Prodi ha sbagliato il cambio.
Prodi era perfettamente consapevole di quello che stava facendo e a cosa, mani e piedi, ci eravamo legati.
D’ALEMA: NEL 92 DENUNCIAVA LA “DERIVA NEOLIBERISTA”
Last but not the least, Massimo D’Alema che il 29 ottobre 1992 era deputato, quando veniva ratificato alla camera il trattato di Maastricht.
Ecco il suo incredibile discorso, che potete leggere integralmente qui (pag 53-55). Ho anche estratto l’audio dall’archivio di Radio Radicale. Segue la consueta trascrizione delle parti più importanti.
« Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Parlamento giunge alla ratifica del trattato di Maastricht in un momento delicato e difficile nel processo di unità europea.
Misuriamo in modo drammatico l’inadeguatezza di un’idea dell’Europa fondata sulla preminenza delle istituzioni monetarie e sulla illusione che l’integrazione economica possa affidarsi ai puri e semplici meccanismi del mercato.
In realtà, di fronte allo sconvolgimento dell’Europa e del mondo, segnato dal crollo dei regimi del socialismo reale e dalla fine della guerra fredda, e di fronte all’insorgere di un complesso di problemi e di contraddizioni in campo economico e sociale e al riemergere di nazionalismi e di conflitti anche nel cuore dell’Europa, viene in evidenza l’inadeguatezza di un processo di unità fortemente condizionato in questi ultimi anni dal prevalere delle posizioni neoliberiste e monetariste. (…)
Non ritengo tuttavia giusto né saggio imputare al trattato di Maastricht le scelte di politica economica del Governo italiano, come se esse discendessero in modo quasi automatico dagli impegni italiani per l’integrazione europea. Innanzi tutto, che l’esigenza di risanamento finanziario era ed è un’esigenza nazionale imprescindibile per una politica di sviluppo e di equità, con o senza trattato di Maastricht. (…)
Anche se è evidente che l’idea secondo cui l’unificazione monetaria e la libera circola zione dei capitali senza una integrazione delle politiche di sviluppo, di bilancio, dei diritti sociali, appare profondamente discutibile, in crisi, sbagliata, non è solo un limite, ma è una distorsione in senso neoliberista del processo di unità europea. (…)
La scelta di un voto favorevole, alla quale giungiamo, è dunque una scelta sofferta e non scontata. Noi sentiamo vivissima la preoccupazione di una Europa dominata da interessi forti, scarsamente democratica, divisa tra aree ricche e trainanti e aree meno sviluppate e subalterne, ma ci persuade l’idea che una mancata ratifica del trattato di Maastricht, in realtà, non metterebbe per nulla a riparo da questi rischi e significherebbe la sanzione di una sconfitta.
Sappiamo che la battaglia per un’Europa democratica dei cittadini e dei lavoratori è una battaglia non facile, il cui esito dipenderà in gran parte dalla forza e dall’unità di una nuova sinistra europea, ma di una nuova sinistra europea che stia nel processo di unità e che guardi oltre Maastricht.
Chiamarsi fuori, confondersi con il fiorire di resistenze nazionalistiche e corporative, significa perdere senza combattere.
È con questo spirito che, continuando una tradizione ed un’ispirazione che fu già del partito comunista italiano, il partito democratico della sinistra voterà per la ratifica del trattato di Maastricht. »
Bravo baffino! Per non farti dare del “fasssista” hai tradito sapendo di tradire, salvo poi applicare – negli anni successivi – le politiche della peggiore destra.
E di questo fatto te ne sei “vantato” il 25 ottobre 2011 in un confronto con Alfano – minuto 36 – nella trasmissione RAI “Porta a Porta“.
L’estratto in questione si trova facilmente anche su YouTube. Segue trascrizione.
« Durante i governi di centrosinistra – a parte il fatto che si sono fatte molte più riforme di quante se ne siano mai fatte dopo… e privatizzazioni – il paradosso italiano che è stato il centrosinistra smontare l’IRI non la destra che, soi-disant, che si definisce liberale.
Privatizzazioni, liberalizzazioni, riforma delle pensioni. Ma noi abbiamo portato la lira nell’euro, con la sinistra nel governo, noi abbiamo compresso la spesa pubblica.
Quei risultati lì: il debito pubblico, quando andò al governo Ciampi, era oltre il 120 per cento del PIL. Progressivamente – alla fine del decennio – era al 109%. Noi abbiamo avviato una politica di progressiva riduzione del debito.
E la spesa pubblica globale – lo dico perché questo è un dato molto interessante su cui bisognerebbe un po’ riflettere – alla fine del decennio era il 46 per cento del PIL, oggi è il 53%
Cioè dopo dieci anni di governi di centrodestra – ed è un dato paradossale perché la destra in tutta europa normalmente riduce la dimensione del pubblico – la spesa pubblica è di 7 punti maggiore rispetto a quella dell’ultimo governo del centrosinistra.
Allora una qualche riflessione, un po’ meno propagandistica, sul fatto che dopo dieci anni di governo Berlusconi abbiamo: sette punti in più di spesa pubblica, tre punti in più di pressione fiscale.
Perché questi sono i dati: cioè il contrario esatto di quello che voi avevate raccontavato (…) forse una riflessione va fatta »
Tempo neanche un mese che il PD e D’Alema (così come Alfano e il PDL) votarono la fiducia a Monti che darà il colpo di grazia al paese a suon di lacrime e sangue.
D’Alema non può nemmeno dire che questa non è la sua europa, perché a firmare il trattato di Lisbona, nel 2007, ci andarono lui e Prodi.
Insomma baffino ha l’en plein: trattato di Maastricht, le privatizzazioni, trattato di Lisbona, la fiducia a Monti e conseguenti voti favorevoli al pareggio di bilancio in costituzione, al fiscal compact per dire…
Ha cominciato e terminato il processo di distruzione dell’Italia, non gli manca nulla! Ha persino la legion d’onere francese (2001) come pure il suo complice Prodi.
Concludo nella speranza che queste persone – chi di loro è ancora vivo naturalmente – risponda di queste dichiarazioni quando saranno processati per i delitti contro la personalità giuridica dello Stato che hanno palesemente commesso e amesso.
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